mercoledì 28 settembre 2011
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In Troppo amore, film tv di Liliana Cavani presentato ieri mattina in anteprima al RomaFictionFest, i pugni non colpiscono solo la protagonista della fiction ma arrivano anche dritti allo stomaco di chi guarda. In onda a gennaio, in prima serata su Raiuno, il film fa parte di una collana di quattro titoli prodotti dalla Ciao Ragazzi di Claudia Mori e dedicati tutti ad un unico, delicatissimo, tema: la violenza sulle donne. Fisica ma non solo, come quella che, in Troppo amore, Umberto (Massimo Poggio), affascinante professore universitario quarantenne, esercita sulla ventottenne Livia (Antonia Liskova).Si conoscono, quasi per caso, perché lui la salva proprio da un tentativo di violenza. E si innamorano. O, meglio, lei si innamora di lui. Ed inizia ad acconsentire a tutte le sue richieste. Ma il primo incidente di percorso, un imprevisto scambiato per una bugia, porta a galla la sua violenza. Umberto la picchia, poi le chiede scusa dicendole che la ama e che non succederà più. Ma succede ancora e lei non riesce più a nascondere i lividi e le ferite. E, allora, racconta tutto alla madre e all’amica del cuore che si offrono di assisterla e aiutarla.Il percorso per uscire dall’incubo non è facile, anche se oggi c’è una legge che punisce gli stalker. «Una donna dovrebbe subito correre a denunciare chi la maltratta – commenta Liliana Cavani –. Non è facile, però, anche perché, per certi condizionamenti culturali, a volte le donne confondono l’aggressività con l’amore e la gelosia. E nascondono, giustificano, perdonano, soprattutto se la violenza avviene tra le mura domestiche». Sul tema, la regista è un fiume in piena: «Amare non vuol dire cedere la propria persona e questo è un problema che riguarda soprattutto i giovani. Quando una donna incontra un picchiatore, rimane di sale, non se lo aspetta e tende a pensare che sia stato solo un momento. Eppure di casi come quello del film ce ne sono tantissimi».La regista conclude: «Questo è un film educativo e informativo, molte ragazze non sanno nemmeno che, dal 2009, esiste la legge che assegna da sei mesi a quattro anni di reclusione anche solo per un pugno. Purtroppo, solo il 10% dei casi viene in superficie. Invece, l’uomo predatore è più frequente di quanto pensiamo e al di sopra di qualsiasi status sociale».La domanda, però, nasce spontanea: è necessario ricorrere a scene crude per raccontare la crudezza del maltrattamento o indugiare sulla passione tra i due per spiegare la loro attrazione reciproca? Per Luca Milano di Rai Fiction lo è: «Questo è un film per una Raiuno che ci piace vedere. Ed è rivolto al grande pubblico che non vuole nascondersi certi problemi». Anche se, poi, ammette: «Probabilmente andrà in onda col bollino rosso».
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