sabato 23 agosto 2014
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Il 31 agosto 1951 Il Gazzettino di Venezia pubblicava una indiscrezione di cronaca, dal titolo: “Churchill riavrà le sue lettere quando Trieste tornerà all’Italia”. Nell’articolo, si sosteneva che un prete sarebbe stato in possesso di undici missive dello statista britannico, dirette a Mussolini: il sacerdote si sarebbe detto intenzionato a consegnarle al diretto interessato, vale a dire a Churchill, qualora questi si fosse impegnato a far tornare il capoluogo giuliano sotto la sovranità italiana. Che cosa c’era di vero in questa notizia? Molto, stando a quanto afferma, nel suo memoriale, di cui ci siamo occupati ieri, l’agente segreto americano Angelo Zanessi, alias capitano Zehnder, autore nel 1945 di un fortunato quanto rocambolesco recupero di carteggi mussoliniani nel teatro in cui si svolse l’epilogo del dittatore.Per comprendere quanto possa aver contato la trattativa per la cessione di parte dei dossier del Duce nella delicata partita per il destino di Trieste, bisogna però prima inquadrare la questione dentro il complicato quadro storico-politico degli avvenimenti. Come si sa, Trieste, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, venne occupata dai tedeschi. Al termine della guerra, la città fu divisa in due territori distinti: la Zona A, sottoposta all’amministrazione angloamericana, e la Zona B, che ricadeva sotto la giurisdizione della Jugoslavia del maresciallo Tito, a quel tempo non ancora staccatasi dal blocco sovietico.Secondo quanto afferma Zanessi, la sorte di Trieste, nell’ultimo anno del conflitto, venne trattata nella corrispondenza segreta tra Churchill e Mussolini, a titolo di vera e propria merce di scambio. Si tratta di una tesi ardita, ma vale comunque la pena di riferirla per esteso. Benché, infatti, fin dalla conferenza di Casablanca del gennaio 1943, l’uomo col sigaro avesse acconsentito a varare la linea della resa senza condizioni, da imporre al fronte belligerante dell’Asse, alla luce della testimonianza di Zanessi parrebbe che la subdola manovra di "aggancio" del Duce tentata sin dal 1935 da Churchill fosse proseguita addirittura fino al 1945. Il vecchio leone conservatore, spregiudicato e machiavellico, cercò sempre di ricondurre Mussolini sui binari degli interessi imperiali inglesi, con ipotetici accordi di desistenza e di mutua contro-assicurazione. Patti sotterranei concepiti, da parte britannica, in funzione di bilanciamento dello strapotere germanico, ma anche, forse, nell’ultima fase del conflitto, di contenimento in extremis della potenza sovietica, dopo che apparve profilarsi all’orizzonte un dominio comunista sul continente. Il bello è che questo gioco, con ragionevole probabilità, venne condotto dal leader inglese senza neppure pretendere di influire sulla scelta di campo dell’Italia: l’Asse.Churchill tra il 1944 e l’inizio del 1945, premette su Mussolini, perché questi abbandonasse il piano di una pace separata con la Russia. Preoccupazione dominante di Churchill era infatti di depauperare l’Urss in una lunga guerra contro Hitler, in modo che il suo potenziale militare, nel dopoguerra, non fosse in soverchiante vantaggio sulle potenze democratiche occidentali. Forse il premier di Londra si preparava all’eventualità di un conflitto con Mosca, ma questo progetto divenne irrealizzabile dopo che Stalin ebbe creato un proprio impero con nazioni vassalle in Europa centrale. Per ottenere quanto voleva da Mussolini, che si tenne le mani libere, Churchill promise al Duce il ritorno di Trieste all’Italia.Mentre la guerra volgeva alla sua conclusione, l’assillo del Duce fu di cercare una soluzione politica al conflitto, così da convincere Hitler a ottenere una tregua sul fronte orientale. Mussolini agì anche nei confronti dell’Urss valendosi come intermediario del Giappone. Churchill, dai rappresentanti inglesi a Mosca, fu informato della cosa. La prospettiva della pace separata tra la Germania e l’Urss era divenuta la sua ossessione fin da quando, alla metà di agosto del 1944, filtrarono indiscrezioni circa un incontro tra Molotov e Ribbentrop, i capi delle diplomazie russa e germanica.
A quel punto Churchill decise di mettersi in contatto con Mussolini per scongiurarlo di desistere dall’azione in corso, al fine di impedire un rafforzamento sovietico a danno dell’Occidente. «L’Inghilterra non ha alcun interesse a dissanguarsi nella guerra contro la Germania che diverrebbe più cruenta e difficile per lasciare all’Unione Sovietica la possibilità di rafforzarsi». Mussolini rispose rilevando le responsabilità angloamericane, e specialmente inglesi, per quanto stava accadendo. Ricordava di aver compiuto ogni sforzo, fin dal 1933, per far sì che l’Europa si trovasse unita e chiudesse la porta al comunismo sovietico. Se le cose erano giunte a tanto, non era colpa sua. «La guerra è giunta a una svolta decisiva: per evitare la catastrofe debbo valermi delle obbiettive condizioni esistenti e sarebbe delittuoso verso il mio Paese avere oggi quegli scrupoli che le democrazie non hanno sentito ieri». Richiamiamo l’attenzione del lettore ai virgolettati: sebbene Zanessi non lo affermi esplicitamente, pare di intuire che si tratti di passi desunti dall’epistolario inedito tra Benito e "Winnie".
Conferma il racconto dell’agente segreto americano la circostanza, accettata ormai da tutti gli storici, dei due incontri che Mussolini ebbe con emissari britannici a Villa Treves di Porto Ceresio, in prossimità del confine elvetico. Il primo rendez-vous ebbe luogo la sera del 21 settembre 1944, il secondo, la notte tra il 21 e il 22 gennaio del 1945. I limiti e la portata delle garanzie e degli impegni inglesi verso l’Italia, qualora il Duce avesse rinunciato all’iniziativa per la pace russo-tedesca, sarebbero stati minuziosamente descritti nel carteggio scomparso.Le lettere di Churchill a Mussolini svolsero un ruolo di primo piano nel complesso accavallarsi degli avvenimenti internazionali nel dopoguerra, con speciale riguardo al problema di Trieste. Se l’Inghilterra si impegnò ad avallare la sovranità italiana sul capoluogo giuliano, ciò lo si deve anche in gran parte all’esistenza di alcuni compromettenti messaggi della statista di Londra e all’uso che di esse venne fatto.Nel 1949, Zanessi disseppellì le buste dei documenti duceschi nella località friulana dove le aveva occultate quattro anni prima, per impedire che cadessero in mani britanniche. Quando, per canali riservati, gli inglesi dopo il "ripescaggio" ebbero la certezza che esistessero lettere imbarazzanti per Churchill, partì la corsa contro il tempo per impossessarsene. Lo 007 americano assunse di propria responsabilità l’iniziativa di trattenere presso di sé le lettere dello statista d’Oltremanica, nel momento in cui consegnava agli archivi di Washington il resto dei materiali provenienti dalle borse del dittatore.L’agente statunitense spiega il motivo perché lo fece e anche la ragione per la quale il negoziato con Londra iniziasse due anni dopo, ossia nel 1951. Nel suo memoriale afferma infatti: «Legato com’ero sentimentalmente all’Italia e alla città di Trieste, dopo aver sempre combattuto contro il comunismo, volli utilizzare i documenti che erano venuti in mio possesso per influire sulla politica inglese».
Occorre del resto sottolineare che, quello stesso anno, Churchill era tornato premier, e aveva perciò interesse spasmodico a intercettare le prove disperse della sua collusione col capo del fascismo. Sempre nel 1951 era avvenuto che a Trieste gli inglesi prendessero il sopravvento sugli americani, nel governo del cosiddetto Territorio libero, inaugurando una politica assai arrendevole nei confronti degli jugoslavi. Per tutte queste ragioni, i tempi furono maturi perché il negoziato sulla cessione dell’epistolario potesse decollare.Le trattative con gli emissari britannici ebbero luogo con l’intermediazione di un inviato del Vaticano, a Venezia e al santuario di Barbana presso Grado, a cominciare dall’agosto del 1951. Nel gennaio dell’anno successivo il negoziato giunse in porto. Churchill aveva fornito la sua garanzia circa l’avallo inglese al ritorno della Zona A del territorio giuliano sotto la sovranità italiana. Nell’ottobre del 1954, tutto questo divenne realtà.
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