giovedì 25 settembre 2014
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Ci sono due storici “intro” radiotelevisivi che sono diventati slogan e continuano a riecheggiare per l’etere: «Cari amici vicini e lontani », pronunciato davanti a una telecamera da Nunzio Filogamo, e alla radio quel «Signore e signori, è Nicolò Carosio che vi parla da…». Il caso vuole che sia il primo conduttore televisivo Rai (allora Eiar), Filogamo, sia la prima grande voce radiofonica, Carosio, siano nati a Palermo, tutti e due laureati in giurisprudenza e con una spiccata propensione attoriale. Filogamo, classe 1902, prima di entrare all’Eiar aveva fatto parte della compagnia teatrale del grande Ruggero Ruggeri. Di Carosio, classe 1907, che trent’anni fa pronunciò il suo galante e cordialissimo ultimo «arrivederci signore e signori » (è morto il 27 settembre del 1984), Gaetano Afeltra ha scritto: «Le sue cronache sportive alla radio somigliavano più all’interpretazione di un grande attore per una prima teatrale che al racconto di una partita di calcio». Aulico nel timbro ed epico per narrazione, venticinquenne sbalordì la commissione della radio di Stato quando, al provino, improvvisò un pirotecnico derby Juventus-Torino. Sul 5 a 5 la giuria estasiata lo interruppe per assumere senza esitazioni la “Voce” del pallone. Carosio debuttò in radiocronaca allo stadio Littoriale di Bologna in occasione dell’amichevole che anticipava il Patto d’acciaio, Italia-Germania, il giorno di capodanno del 1933. Quello fu anche l’inizio di un sodalizio con la Nazionale di Vittorio Pozzo. Gli azzurri trovarono in Carosio un aedo che in presa diretta rendeva visibili ai radioascoltatori volti e gesti di quegli eroi del calcio. La colonna sonora dei due trionfi mondiali consecutivi del-l’Italia (Roma 1934, Parigi 1938), così come l’unico oro olimpico del pallone tricolore a Berlino 1936, fu la voce del Nicolò nazionale. Ritmica perfetta – probabilmente ereditata dalla musicalità della madre, la pianista inglese Josy Holland –, piglio sicuro nel racconto ed eleganza appresa dal padre, funzionario della dogana. Intere generazioni lo ringraziano ancora per quelle partite “viste” alla radio. Un idolo delle folle, servitore fedele della patria che dalla sua filamentosa ed elettrica guardiola lassù in tribuna stampa, ligio al volere del regime fascista adeguò anche il linguaggio. Via gli  ingiuriosi e nemici inglesismi corner, cross e gol, per un più dolce stil novo nostrano: «Calcio d’angolo, traversone e rete... Anzi no, quasi rete».Da qui il leggendario e oltraggioso equivoco che al Mondiale di Messico 1970, durante la telecronaca (negli anni ’50 era passato anche al commento televisivo) di Italia-Israele, portò alla condanna senza appello del “Carosio fascista e razzista”. Galeotto fu un gol annullato a Gigi Riva su segnalazione del guardalinee etiope, Seyoun Tarekegn, che in telecronaca diretta il vate del microfono avrebbe apostrofato con un: «Che cosa vuole questo negraccio?». L’incidente diplomatico con l’ambasciata d’Etiopia costrinse la Farnesina a chiedere la testa dell’ugola nazionalpopolare. A nulla valsero le testimonianze a discolpa di Carosio, che in realtà si era espresso con un civilissimo: «Ma siamo proprio sfortunati. A nostro giudizio non c’era fuorigioco ». Inefficace anche l’intervento di un altro “martire” della Rai, Enzo Tortora, che a difesa dello stimato collega addusse: «Anche Ghislanzoni, librettista di Verdi, dice nell’Aida(e non via satellite): “Già corre voce che l’etiope ardisca sfidarci ancora”».Post mortem l’arcano della presunta invettiva razzista è stato fugato grazie all’impegno di un altro signore della radiotelevisione, Massimo De Luca. Scandagliando negli archivi Rai, De Luca ha sezionato latelecronaca incriminata scoprendo che Carosio non pronunciò mai neppure la parola “etiope”. Il mistero si annida nel post-gara del match messicano: qualche commento rabbioso di altri colleghi può avere innescato quella “bomba” che frantumò, il tempo di una bandierina alzata, la carriera gloriosa dell’ultimo caposcuola della radiocronaca. Un maestro attento e generoso, Carosio, che ha tracciato il cammino dei radiofonici Sandro Ciotti ed Enrico Ameri e dei televisivi Nando Martellini, Paolo Valenti e Bruno Pizzul, il quale ricorda la prima lezione impartita: «Siccome in questa professione si sbaglia spesso – mi disse – fatti vedere sempre con un bicchiere di whisky, così almeno hai un alibi». Da esonerato Rai continuò a trasmettere le sue idee nella rubrica che fino alla fine dei suoi giorni tenne suAvvenire. Scriveva dei suoi pelidi calcistici e del “Rombo di Tuono”, Gigi Riva, al quale incontrandolo ironico ricordava : «Per colpa del tuo gol ho perso il posto». Ma Carosio non ha mai perso l’affetto del suo pubblico, al quale sovrano rendeva conto ad ogni collegamento, così come puntuale chiedeva all’amata compagna di una vita: «Come sono andato Eugenia? ». La sua voce è rimasta nella memoria e nel cuore della gente, specie quella di Palermo alla quale dedicò la sua ultima, splendida e surreale radiocronaca (in una Favorita con quindicimila tifosi mentre i rosanero giocavano a Reggio Emilia) in cui non mancò il suo: «Si eleva alto il grido di “Forza Palermo”. Bell’azione, onore al merito».
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