domenica 26 giugno 2016
Le lettere di CAPOVILLA a Mazzolari: «Caro don Primo...»
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«Molto Reverendo Signore! Le scrive un giovane prete che non ha ancora fatto niente di buono e di utile nella sua vita e che solo adesso, anche per merito del suo quindicinale, va prendendo fiato e misura il rischio che costa il dire ciò che si deve e ciò che si pensa, per poter amare perdutamente e concretamente i fratelli affidatici dalla Provvidenza. Ho occupato comunque metà dei miei dieci anni di sacerdozio a curarmi i polmoni malati e credo anzi che il Signore mi dirà un giorno che me li sono guastati per amore dei fratelli. La voce di Adesso entra tutta e calda nel mio cuore e lo sconvolge. Il giorno di Natale parlerò, come ogni domenica, dai microfoni di Radio Venezia alle 12,05 sul tema: - La Voce di Adesso […]. Posso pregarLa di un favore? Metta in ascolto uno dei suoi, che la pensi come Lei, perché io possa sentirmi dire se devo continuare […]: i minuti preziosi voglio spenderli non per fare della elegante esegesi, ma una scuola attiva di cristianesimo da attuarsi subito. [...] È da presuntuoso il dire che sento di amare tanto anch’io la causa che Ella agita in nome di Dio?». È il 20 dicembre 1949 quando il sacerdote 34enne Loris Capovilla - futuro segretario del patriarca Roncalli poi Giovanni XXIII - scrive questa lettera. Destinatario è don Mazzolari: il parroco di Bozzolo del quale conosce - sin dal seminarista - pensiero e scritti: gli articoli sulle testate cattoliche, e i libri, in particolare Impegno con Cristo, pubblicato alla macchia nel ’43 e subito censurato dall’autorità politica. Alla missiva seguiranno presto incontri nella rustica canonica di don Primo, ma soprattutto altri eloquenti testi epistolari, necessaria premessa di ogni futura biografia di Capovilla e che saranno pubblicati in un saggio sul prossimo numero della rivista Impegno della Fondazione Mazzolari che li custodisce. Già all’avvio del 1950 don Loris manda a don Primo le sue radioconversazioni del 25 e 31 dicembre, allegandogli una copia del settimanale diocesano La Voce di S. Marco, del quale si accinge ad assumere la direzione. «Vorrei che divenisse (salvo purtroppo le convenienze di un tal foglio che non può essere libero!) la voce dei poveri e degli apostoli. Non so come me la caverò. Comunque ho promesso a me stesso e più al Signore di non discostarmi dallo spirito di “Adesso”…», così informa Mazzolari.  Verso fine anno, il 26 novembre 1950, invece, Capovilla gli invia la sua adesione al raduno delle avanguardie cristiane condividendo il significato di quest’ appuntamento promosso da Mazzolari e Giulio Vaggi, non senza dispensare altri riconoscimenti al quindicinale “Adesso” e abbozzare un quadro della realtà in cui vive (con più d’un rammarico non taciuto come si legge nel testo integrale riportato per la prima volta in questa pagina). Passa il Natale ed ecco nella corrispondenza il rimando al convegno modenese - quello, appunto, delle Avanguardie - nel Centro studi francescani gremito di quattrocento persone (dai cristiani progressisti di Ada Alessandrini ai cristiano-sociali di Gerardo Bruni, da politici come il democristiano Ottorino Momoli o preti come Capovilla, e poi giovani studiosi quali Gozzini, Fabro, Scoppola, tutti decisi a riconoscersi fuori dalle organizzazioni di massa e su posizioni di frontiera). «A Modena abbiamo sofferto con Lei e soprattutto abbiamo avvertito la necessità di una maturazione. Noi lo confessiamo, forse per la prima volta,di non essere ancora capaci di amore. Per fortuna sentiamo il dovere di cominciare il noviziato del Vangelo», scrive Capovilla a don Primo il 17 gennaio ’51. Le lettere continuano ininterrotte. «Credo di aver capito:- Non si vive una cosidetta “prima ora” in attesa di essere chiamati ai posti di comando, con la segreta speranza di immortalare il nome. Si procede consapevoli di morire un attimo dopo l’altro, sforzandosi di donare amore a tutti, anche a quelli di casa. E dire che fino a “Ieri” credevo che il difficile consistesse nel voler bene al prodigo», annota don Loris il 21 febbraio. Poi postilla: «Capisco che questa non è l’ora dei convenevoli e delle visite ma io vorrei esserLe vicino almeno un’ora. Se ho chiesto al Signore che La lascino un po’ solo accanto al “sepolcro” non voglio turbare il suo raccoglimento; se invece non ha niente in contrario verrò domenica 8 aprile a salutarla assieme a tre giovani amici. Le vogliamo tanto bene e preghiamo poter meritare il suo affetto...».  Due anni dopo don Loris verrà chiamato accanto al patriarca di Venezia e avrà occasione di inviare a don Primo segni di amicizia suoi e di Roncalli entrambi pronti ad accoglierlo a parole e con i fatti, in patriarchìo e in Vaticano, nonostante fosse stato sanzionato dal Sant’ Uffizio. «Caro don Loris […] Dì a Sua Eminenza che siamo in tanti che gli vogliam bene! E voglio bene a te che gli sei affettuosamente accanto e l’aiuti», scrive Mazzolari dopo un cenno alla carità «ospitale e benigna» indicata da Roncalli in un messaggio con un riferimento all’imminente congresso socialista a Venezia (il primo senza accenti anticlericali). E il 18 novembre 1958, dopo l’elezione di Roncalli al papato, ecco una lettera di don Primo stracolma di affetto sincero e animata da esclusivo spirito di servizio: «Prego perché tu Gli sia vicino sempre con tutto il tuo grande cuore per consolarne la Solitudine. T’abbraccio», la conclude don Primo (si veda il testo in questa pagina). La corrispondenza non sarebbe cessata: «Mio caro don Primo. Del mio silenzio - attesa la bontà Sua - non avrà pensato niente. A mia discolpa, basti questo: che io le fui e le sono sempre vicino. E parlai di Lei al nostro Santissimo Padre, che pure La ricorda con molta affezione e La benedice. Sento dire che verrà presto a Roma il vescovo di Reggio. Avrò grande piacere di incontrarlo. E parleremo di molte cose...», così Capovilla il 26 gennaio ’59. Dieci giorni dopo infatti, il 5 febbraio Mazzolari - storia ormai nota anche nei retroscena - fu ricevuto da Giovanni XXIII che lo ripagò di tante amarezze. «Esco contento», con queste parole don Primo terminò sul diario il racconto di quell’ udienza. Una consolazione giunta per Mazzolari quasi alla vigilia della morte, il 12 aprile ’59, resa possibile da Capovilla che la strappò alle congiure dei Sacri Palazzi. Uno dei gesti che sigillò quell’amicizia che il cardinal Capovilla, mancato un mese fa, non avrebbe mai dimenticato: considerando Mazzolari - per tutta la vita - l’antico maestro che ai suoi occhi «aveva raggiunto alta quota nella montagna delle beatitudini».
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