lunedì 14 novembre 2016
I 50 anni dello storico gruppo napoletano. «Facciamo ancora musica per esprimere chi siamo, restando alternativi e a difesa dell’arte meridionale»
Il Sud è magia da Canto Popolare
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E se celebrare un anniversario in musica, per quanto imponente come un cinquantennale di carriera, potesse essere una faccenda diversa dall’editare cofanetti, brindare in tv, realizzare “eventi” e intanto riproporre alla gente solo opere strasentite? Non sarebbe male. Solo che per un cinquantennale diverso occorrerebbe un diverso festeggiato: come la Nuova Compagnia di Canto Popolare, nata a Napoli fra 1966 e 1967. Basti ricordare che nel ’72 il gruppo, che vendeva centinaia di migliaia di dischi, rifiutò il programma culto della Rai Canzonissima in quanto «la musica popolare si canta senza microfono», e che quando poi hanno invece scelto Sanremo (’92 e ’98) il loro orgoglio fu esservi andati «per fare promozione alla nostra arte ma, rispettandola, venire eliminati immediatamente».

Il fatto che rende interessanti tali aneddoti, però, è che la NCCP non è snob: è pura. Sia nella versione mitica dell’inizio, Eugenio Bennato, l’appena scomparso Carlo D’Angiò, Peppe Barra, Roberto De Simone, Patrizio Trampetti; sia nella versione attuale sempre in tour fra Islanda ed Argentina, che allinea accanto a Carmine Bruno, Gianni Lamagna, Michele Signore, Marino Sorrentino e Pasquale Ziccardi, l’icona Fausta Vetere (voce e chitarra di NCCP da subito) e il di lei marito Corrado Sfogli, nel gruppo da 40 anni, chitarra bouzouki mandoloncello e nel nostro caso pure «testimone di una resistenza: quella vissuta con Fausta e colleghi per far musica in un certo modo e mai in altri».Ed ecco che il 50° di NCCP diventa occasione di testimoniare (chissà mai, pure di radicare) concetti artistici ma anche etici che non possono che giovare, alla depressa Italia delle sette note dell’anno 2016.

Ed ecco che persino il “normale” doppio Cd 50 anni in buona compagnia, 12 inediti e 12 classici con ospiti, che però non sono Emma e Modà bensì Trampetti, Bennato, D’Angiò, insomma si veda sopra alla voce maestri, ecco che persino il disco ha un peso diverso; e che pure il tour del 50°, diviso con la storica band prog degli Osanna e in partenza da Milano il 29 (poi Bari, Roma, Firenze, Torino e alfine Napoli), pure il tour è ulteriore occasione di ricerca e crescita. Perché festeggiare cinquant’anni, a sentire il «testimone resistente» Sfogli, significa anzitutto confermare, riallineare e consolidare i valori di una vita. «Il nostro ruolo oggi? Far musica», inizia Sfogli. «Ma lo è dall’inizio: far musica per esprimere chi siamo restando alternativi a ogni moda e perciò pescando nelle tradizioni e nella storia, anche quella con la maiuscola, del Sud. Se poi qualcuno dice che occorre parlare dell’attualità ormai lo facciamo da tempo, siamo diventati noi stessi parte del “canto popolare” del nostro nome, noi per primi scriviamo la musica popolare che prima solo ricercavamo. E se altri diranno che tanti maestri sono andati via, beh: la loro eredità mai, se n’è andata. Tant’è che è rimasto il “resistere” nel raccontare la Napoli che vediamo, non quella che spinta da ben altre forze mediatiche vogliono che si racconti; e che con tutti gli “ex” abbiamo ricucito le ferite».

Qui Sfogli si prende una pausa per soggiungere: «L’emblema è proprio D’Angiò. Canta con noi Madonna de la grazia ed è la sua ultima incisione. Noi non sapevamo fosse malato, l’avessimo saputo non l’avremmo disturbato. Invece lui ha voluto esserci, nel 50° del gruppo di cui creò il nome. Dunque NCCP significa ancora quanto significava nel 1966». Già: e di questi tempi, testimoniare coerenza già non è poco. «Anche perché non mi pare esista più il cosiddetto >Napule’s power, con cui il nostro produttore anche di oggi Marengo designò noi, Osanna, Napoli Centrale, Pino Daniele, Edoardo Bennato. Noi che eravamo sempre e solo fuori dal coro per dire le cose. Oggi siamo circondati da qualunquismo in musica e soprattutto, manca l’obiettivo vero del farla: che dev’essere la poesia, non il luogo comune. La poesia la riconoscono pure in Colombia e in Russia». Ma la Nuova Compagnia di Canto Popolare non si ferma qui, nell’usare i suoi 50 anni a testimoniare concetti base dell’arte. Non si ferma a livello teorico quando Sfogli prima sbotta e poi spiega: «Cose come la “notte della taranta” banalizzano tutto. La tradizione ha un ABC, non si scimmiotta e non si usa per ballare. Anche perché solo conoscendola puoi tradirla, e siccome la musica popolare è ciclica, solo sperimentarvi permette di fare un passo avanti. Anche per questo gli Osanna con noi in tour, a donare la loro elettricità alle nostre voci. E viceversa».

E NCCP non si ferma neppure a livello pratico, come Sfogli dimostra ripassandone il canzoniere nei due dischi del 50°. "Negli inediti cantiamo i migranti, ma non il già detto; l’amore, ma non didascalico; la religiosità, ma perché ci sono ancora feste popolari che le persone vivono quale necessità dell’anima. E poi è vero che i napoletani hanno alcune paure per l’immigrazione, però la gente che vediamo e cantiamo parte ancora dalla cultura dell’accoglienza tipica della città. E nei classici si trattano femminicidio, personaggi paradigmatici, tragiche storie vere, lo smarrimento dell’uomo al sentire la cornacchia emettere il suo “crai” e sapere che, in napoletano, quel suono significa “domani”». E il domani della Nuova Compagnia di Canto Popolare sono cinquant’anni da festeggiare lasciando nella memoria, anziché fuochi d’artificio, spunti di vita e musica vissute davvero con un senso forte.

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