lunedì 15 luglio 2013
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IL LIBRO L’escursionismo è in crescitaSono ben diecimila i connazionali che ogni anno percorrono almeno in parte il Cammino di Santiago, ma pure la Via Francigena, la Via di Francesco o l’anello della Valle Reatina stanno vivendo un momento di eccezionale sviluppo, per non parlare delle classiche alte vie alpine o dei sentieri che salgono a vette e rifugi. Sta ritornando un po’ ovunque nel nostro Paese la civiltà del camminare; lo testimonia anche il crescente interesse dell’editoria. Il Touring propone Italia a piedi. Gli itinerari più affascinanti per scoprire passo passo il meglio del nostro Paese (pagine 240, euro 19,90), curato dall’esperto di alpinismo ed escursionismo Fabrizio Ardito. Diciassette percorsi non difficili, da compiersi in giornata, dai Monti Sibillini al giro del Monviso, dalla traversata del Carso alla costa del Sulcis in Sardegna. Sentieri di montagna e tratturi campestri, cammini antichi e itinerari d’oggi, descritti con cartina, riferimenti d’appoggio, consigli pratici e informazioni turistiche, ma preceduti pure da un’introduzione che tenta di spiegare il perché del camminare, grazie alle penne di altrettanti scrittori-escursionisti come Susanna Tamaro, Erri De Luca, Nives Meroi, Enrico Brizzi e Paolo Rumiz. Ne offriamo stralci in questa pagina.

ANDARE AIUTA A PENSAREHo l’impressione che il camminare, negli ultimi anni, stia riprendendo un po’ della sua dignità. La sensazione che in generale ci sia un desiderio di fermarsi, di rallentare. Basta pensare, ad esempio, al grande ritorno della bicicletta. Io vivo in campagna e nelle giornate di bel tempo tutte le strade bianche sono piene di persone. Ragazzi, giovani coppie, ma anche gruppetti di capelli bianchi e signore con il bastone. Il nostro corpo è una macchina fatta per camminare e dunque, se siamo capaci di avere una minima capacità di ascolto nei suoi confronti, ci spingerà naturalmente in questa direzione. Una cosa che ho notato, ad esempio, che le persone che corrono anche in campagna hanno sempre una musica nelle orecchie, mentre chi cammina lo fa in silenzio, al massimo chiacchierando con i suoi compagni di camminata. Ripeto spesso che ho ideato tutti i miei libri camminando o andando in bicicletta. Ho bisogno di muovermi per far funzionare la creatività. Ma questo mio muovermi non è mai una cosa estrema. Cammino per andare in paese, per andare a trovare un amico, cammino per rendere felici i miei cani, per rilassarmi o per cercare ispirazione nei momenti di stanchezza. L’ossigeno aiuta i pensieri, li stimola, li fa scorrere naturalmente. Da giovane, finché stavo in città, il mio camminare era soprattutto andare in montagna. Avevo più energie e potevo camminare per giorni. Vivendo ormai la maggior parte del tempo in campagna, è diventata una realtà naturale. Da anni sogno di fare un lungo viaggio a piedi, ma i miei impegni e le mie condizioni di salute finora me l’hanno impedito. Ho fatto soltanto una volta un tratto della Francigena, per una settimana, e mi piacerebbe andare a Roma a piedi da Orvieto, oppure fare il Cammino di Francesco. Mi sono appena riscritta al Cai, sperando così di poter riprendere una attività più regolare. Credo che ci sia una bella differenza tra chi cammina e chi corre. A me questa febbre della corsa che ha colto molte persone anche di mezza età fa una certa impressione. Non credo, infatti, che correre sia altrettanto naturale che camminare. A parte la sollecitazione estrema delle articolazioni, che dopo i cinquant’anni mi sembra piuttosto rischiosa, penso che la corsa metta in qualche modo nel corpo uno stato di allarme. Si corre, infatti, se si è inseguiti o se si sta inseguendo qualcosa, come facevano i nostri progenitori, altrimenti il corpo penso preferisca evitare un simile stress. Il corpo ha in sé una profonda saggezza e penso che questa esasperazione dei propri limiti ci impedisca di ascoltarlo. Anch’io, quando ero più giovane, amavo correre, soprattutto per avere il beneficio di dormire, essendo una grande insonne. E so che in qualche modo possa essere una droga, grazie al benessere che lascia. Mentre camminare non è mai una droga, è un evento che avviene naturalmente, come il respirare. Penso che ogni regione italiana sia piena di luoghi meravigliosi per camminare. Il problema è che non c’è una cultura a livello delle amministrazioni e della popolazione, per cui la maggior parte dei sentieri esistenti sono ricoperti dai rovi. Fino a dieci anni fa, potevo uscire da casa mia e avere un numero infinito di strade boschive o di campagne da percorrere. Ma ormai i sentieri che costeggiano i campi sono stati inglobati nelle semine e quelli dei boschi, senza alcuna manutenzione, sono stati invasi dai rovi e dalle erbacce. C’è un bellissimo sentiero, dalle mie parti in Umbria – la Traversata dei Due Laghi – che congiunge il Trasimeno a Bolsena, traversando la zona del monte Peglia, in cui è facile trovare dei tratti impraticabili. Un altro sentiero che vorrei fare è il Sentiero Coleman, che parte da Subiaco e risale la valle dell’Aniene. A chi non ha mai camminato, consiglio di prendersi del tempo, di spegnere i telefonini e staccare tutti i dispositivi di riproduzione musicale. Camminare non è una sfida, ma una contemplazione e una scoperta. Camminando, leggo il paesaggio e imparo a decifrarlo. Imparo a conoscere le piante a bordo strada e da quello, capisco il terreno. Dalle piante, immagino gli insetti. Dagli insetti, gli uccelli. Camminare è guardarsi dentro e osservare fuori. Scoprire la bellezza che ci circonda. Lasciarsi cullare dal tempo lento. Sedersi anche a guardare un albero, un sasso.<+copyright>

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