martedì 4 ottobre 2016
​Una disciplina in continua evoluzione che adesso riesce a coinvolgere anche club maschili come il Sassuolo.
Il pallone delle donne
COMMENTA E CONDIVIDI
La nuova stagione è cominciata da dove si era chiusa quella passata: in Serie A, il Brescia di Milena Bertolini ha messo subito le cose in chiaro debuttando con un netto 6-0 contro il Chieti, e allo stesso modo hanno esordito vincendo anche Agsm Verona e Fiorentina, due fra le favorite del torneo. Ma la grande novità dell’annata 2016-2017 del calcio femminile è in Serie B dove, ai nastri di partenza, compare anche la società italiana che va più di moda in questo momento, dietro le grandi storiche ovviamente: il Sassuolo, entrato nel pallone in rosa attraverso la Reggiana femminile e che ha cominciato la sua avventura con un successo per 1-0 sul campo del Gordige.  «Dopo 40 anni di calcio, mi sembra di vedere la luce», dice Betty Vignotto, gloria del calcio femminile azzurro e presidente della Reggiana entrata nell’orbita neroverde attraverso la pratica dell’apparentamento, che al club garantirà sostentamento e visibilità. In una parola: futuro. L’apparentamento fra le due società è l’ultima trovata di una federazione che finalmente si sta muovendo nella direzione delle affiliazioni tra squadre maschili e femminili: dopo l’obbligo per i club professionistici maschili di tesserare 20 calciatrici Under 21, la Figc ha proposto ai club, come alternativa, la possibilità di acquisire il titolo sportivo, o partecipazioni di controllo, di club femminili affiliati alla Figc e partecipanti ai campionati di Serie A o di Serie B, oppure di concludere con questi accordi di licenza, per l’utilizzo della denominazione, del marchio e dei segni distintivi. Proprio quest’ultima è la via scelta dal Sassuolo, che ha concesso licenze e marchi alla Reggiana: maglia azzurra (la tinta del munifico sponsor Mapei) con stemma del Sassuolo sul petto e della Reggiana sulla manica. Una rivoluzione, soprattutto se vista in prospettiva. Ecco perché, quando venerdì scorso il club ha presentato le squadre femminili, Betty Vignotto aveva gli occhi lucidi e la commozione a bloccare le parole: più che la gioia del momento, quelle lacrime rappresentavano la catarsi dopo anni di sacrifici ed emarginazione per un movimento sopportato con malcelato fastidio, più che supportato. Del resto c’è ancora una burocrazia ferma a 35 anni fa, alla Legge 91 del 1981, quella con cui il governo di allora disciplinò il professionismo sportivo e de iure - salvo escamotage - ancora non permette alle donne, in alcuno sport, di affrancarsi dal dilettantismo, con tutto ciò che consegue anche sotto gli aspetti fiscali e previdenziali. Potrebbe bastare questo per spiegare l’emozione della Vignotto, che la traversata del deserto l’ha vissuta in prima linea e sa bene che il professionismo che non c’è è la vera istanza che blocca la crescita del movimento. Tuttavia, nonostante lo scetticismo che permeava l’ambiente al momento dell’elezione di Tavecchio a presidente Figc, bisogna dare atto alla federazione di avere mosso le acque attraverso iniziative virtuose. Da una parte, appunto, il coinvolgimento dei club maschili, visto in realtà da alcune società più che altro come una imposizione e sfruttato invece con il miglior spirito da altre (Fiorentina e Lazio in primis, oggi il Sassuolo), dall’altro il progetto di riforma dei campionati che porterà, nella stagione 20182019, ad un assetto definitivo che vedrà la partecipazione di 64 club: Serie A e Serie B avranno 12 squadre ciascuna, mentre il terzo livello sarà formato da un Campionato Interregionale strutturato in quattro gironi ai quali parteciperanno un totale di 40 società. Quello cominciato lo scorso weekend è pertanto il primo campionato di transizione verso il nuovo format. Tutte a caccia del Brescia scudettato e recente vincitore della Supercoppa, a pochi mesi da quel 26 maggio in cui, per la prima volta, la Uefa aveva portato in Italia - proprio a Reggio Emilia - la finale della Women’s Champions League, vinta dall’Olympique Lione sul Wolfsburg, ricche sezioni femminili di due società nell’elite del calcio europeo maschile. C’erano quasi 20 mila spettatori, quel giorno, al Mapei Stadium. Un segnale che ha fatto drizzare le antenne anche ad alcuni club maschili. Piccoli passi, ma la strada è quella giusta, in un’Italia che, pur vivendo di calcio, ha appena 22.564 tesserate, contro le quasi 198 mila della Germania, Olanda e Svezia che superano le 150 mila, le 100 mila dell’Inghilterra o le 88 mila della Francia (dati Uefa, dal report Women’s football across the National associations 2015-2016). C’è insomma un mondo di pregiudizi da capovolgere, intanto però si può cominciare a sperare in una integrazione che può solo portare benefici: gli esempi di Patrizia Panico, entrata nello staff della Nazionale Under 16 maschile, e di Giuseppe Materazzi, neo-allenatore della Lazio femminile, e l’ingresso nel pallone in rosa di società che hanno visione e idee, come appunto il Sassuolo, sono segnali da cogliere, affinché ciò che il calcio femminile italiano è in potenza, lo possa diventare anche in atto.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: