sabato 26 luglio 2014
Uscita infelice del favorito alla presidenza della Federcalcio. Il Pd: «Rinunci alla candidatura». Santanché: «Ha già chiesto scusa».
Se il pallone è Tavecchio di Massimiliano Castellani
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Fuori la politica dagli stadi, è l’annoso appello dei nostri presidenti di calcio di A e di B. Gli stessi che in massa (tranne il dissidente Andrea Agnelli) stanno per dare la loro fiducia incondizionata al futuro presidente della Federcalcio, Carlo Tavecchio. Il candidato assoluto nella giornata della consacrazione di Fiumicino, in cui esponeva gli undici punti per rifondare il sistema calcio, è scivolato davvero sulla classica “buccia di banana”. Quella anzi, secondo lui, la mangerebbero gli stranieri che arrivano qui e poi diventano «titolari», come il fantomatico “Optì Pobà” della Lazio del suo sostenitore massimo, Claudio Lotito. L’uscita infelicissima, rattoppata ancora peggio con un «mi scuso, ma io mi riferivo al curriculum e alla professionalità richiesti dal calcio inglese per i giocatori che vengono dall’Africa o da altri Paesi».

Il primo coro indignato ieri è arrivato dall’Assocalciatori del presidente Damiano Tommasi, che con l’Assoallenatori del presidente Renzo Ulivieri sono gli unici rimasti a sostenere la candidatura a presidente dell’antagonista di Tavecchio, Demetrio Albertini. «Sono sconcertato dalla frase di Tavecchio su “Optì Pobà” e le banane. Ma non so se essere ancora più allibito dal silenzio che le ha circondate», tuonava Tommasi. Ma il silenzio è stato prontamente rotto, con la questione che da sportiva si è fatta interamente politica, diventando un “affare di Stato”. L’ex ministro dell’Integrazione, Cecilie Kyenge, infatti ha twittato: «Atteggiamento paternalistico – da parte di Tavecchio – nei confronti di chi si pensa inferiore e da civilizzare». Il candidatissimo, finora avrebbe oltre il 60% dei consensi in vista delle votazioni dell’11 agosto, replica: «Non sono razzista, faccio volontariato in Africa».Impegno sociale da parte del n.1 della Lega Dilettanti, confermato anche dal presidente della Lega di Serie A Maurizio Beretta. Ma oltre alla Kyenge tutto il Partito democratico insorge, e dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo Sport, Graziano Delrio, alla parlamentare Debora Serracchiani, il giudizio unanime è: «La candidatura di Tavecchio non può essere presa in considerazione». A supporto dell’«indifendibile», secondo il Pd, candidato alla presidenza della Figc, interviene l’esponente di Forza Italia Daniela Santanchè che tuona: «Due pesi e due misure, è un vizio antico della sinistra. Evidentemente – aggiunge la parlamentare della destra – lo spirito patriottico di Tavecchio, l’allusione al “brivido” quando si parla di Italia, è andata molto di traverso a certi presunti politically correct».

Uno a uno, palla al centro? No, perché a riportare la sinistra in “vantaggio” nella querelle in politichese, è il renziano, responsabile welfare del Pd, Davide Faraone che fa notare: «Tavecchio non può fare il presidente della Figc. Sono state svuotate le curve e sospese partite, per parole del genere... Non avrebbe credibilità la sua presidenza». Un quasi “pareggio” lo sigla la bacchettata soft del sostenitore dell’ultima ora di “Tavecchio for president”, il capo della Lega di Serie B, Andrea Abodi. «Noi dirigenti abbiamo molti, ma molti più doveri dei tifosi. Dobbiamo prestare molta, ma molta più attenzione a comportamenti e linguaggi. La demagogia – aggiunge Abodi – non è una buona medicina. Siamo tutti maestri, educatori e giudici, soprattutto quando ci riferiamo agli altri. Mi auguro tanta intransigenza anche nell’autocritica». Il popolo del calcio “pro-Tavecchio” per ora non abbandona il suo vecchio delfino. Ma anche il giovane Albertini ora potrebbe non abbandonare le residue speranze di un successo che si è fatto un po’ meno impossibile.

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