martedì 9 agosto 2011
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“Bongo” non vuole più smettere di sparare ai palloni che volano alti come uccelli sopra alla traversa. Così, alla soglia dei 69 anni, «li compio il prossimo 30 ottobre», Lamberto Boranga, il “dottore-portiere” (è laureato in Medicina e Biologia) ha deciso di rimettersi i guanti e di tracciare la linea davanti all’area piccola della sua porta. Questa volta sarà quella del Papiano, Seconda categoria umbra.Facendo un tuffo nel passato, quasi vent’anni fa nel 1992, il “vecchio” Boranga aveva stupito tutti, quando a 50 anni suonati una domenica si presentò a sorpresa tra i pali della squadra del Bastardo (sempre dilettanti umbri), al quale mancavano tutti e due i portieri per infortunio. «Mi pare che perdemmo 1-0, ma feci la mia bella figura». Il figurone del portiere volante che nel professionismo, per un ventennio - dal 1961 all’83 - ha lasciato un segno (Perugia, Fiorentina, Reggiana, Brescia, Cesena, Parma e Foligno). Del resto era partito con il sigillo del miglior allievo di Ricky Albertosi. «Sono stato il secondo di Albertosi alla Fiorentina... Ricky mi ha trasmesso tutto, pregi e difetti. Il pregio maggiore? La ricerca della parata spettacolare. La gente è sempre venuta allo stadio per vedermi parare un tiro con la testa o sparare agli uccelli quando l’attaccante calciava alto sopra la mia traversa. I difetti? Caffè e sigaretta alle 8 del mattino, quando Ricky mi costringeva a tornei di briscola senza scampo. Dieci partite a 0 per lui e puntualmente 10 mila lire perse che finivano nella sua tasca». La gente dell’Umbria e non solo, ora tornerà a vedere questo “Pelè della porta senza età” che non si arrende al tempo che passa. «Ho letto che anche Pelè con il Santos potrebbe incrociare Messi al prossimo Mondiale per club. La cosa non mi meraviglia, uno con la sua fibra può giocare tranquillamente anche a 71 anni. Qualcuno potrebbe dire che alla mia, alla nostra età, è patetico tornare in campo, ma si sbagliano. La mia è una scelta prima di tutto di passione verso questo sport che mi ha dato tanto. E poi si tratta di una decisione ponderata, niente affatto da folle, ma di chi si pone continuamente dei dubbi e di chi cura e ascolta quotidianamente il suo fisico e sente che può ancora rimettersi in discussione, come atleta e anche come uomo». L’atleta colleziona ancora record in pista. «Detengo sette titoli italiani d’atletica categorie master over 45, over 55 e under 65, uno europeo e conservo il record mondiale di salto in lungo over 60 con 5.47 metri». L’uomo è padre di tre figli, «due femmine di 23 e 30 anni e un maschio di 35 anni», si è appena congedato dalla Asl di Perugia, ma continua a svolgere la libera professione di medico. «Così ora ho anche più tempo per allenarmi. Ogni giorno faccio palestra, salto, corsa. Non sono Superman, roba regolare, calcolata. Poi c’è l’alimentazione, mangio con moderazione e sono l’unico in famiglia che non tocca alcol e non fuma più. Ma nessuno pare abbia intenzione di emularmi...». Svelato dunque l’elisir di lunga durata del calciatore ultrasessantenne. «Tutti quegli accorgimenti, contano per l’80%, il resto è predisposizione genetica e motivazione mentale. La fusione di allenamento, alimentazione e buona salute psicofisica ti convincono che puoi ancora ingaggiare una sfida come quella di confrontarti ogni domenica con calciatori che hanno anche 50 anni meno di te, ma che magari non possiedono la tua stessa volontà e lo spirito giusto per fare calcio». Così, dopo solo una stagione a riposo, il “Bongo” è pronto per la preparazione con i nuovi compagni del Papiano. «La mia ultima esperienza è stata nel 2009, all’Ammeto, sempre in Seconda categoria umbra. Anche lì la squalifica dei due portieri nella prima giornata di campionato, mi fece dire di sì a un amico. Ora ricomincio sempre per amicizia e perché sono convinto che questa età se la vivi come la sto vivendo, non è altro che una “gioventù matura”». Antonioli, che indossa la maglia che fu la sua, quella del n° 1 del Cesena, a quasi 42 anni è il calciatore più anziano della Serie A e ha tutta l’aria anche lui di voler arrivare a una “gioventù matura” da trascorrere ancora tra i pali. «I portieri sono i più longevi. Basta vedere quanto è durato Dino Zoff e lo stesso Albertosi, con il quale ci siamo sfidati in un Elpidiense-Foligno in C2 che è rimasto memorabile: in due facevamo quasi 90 anni. Comunque non mi meraviglierei se tra un paio di decenni squadre di Serie A potranno schierare calciatori cinquantenni». È un dato di fatto che la vita agonistica dei calciatori si sia sensibilmente allungata, ma non vorremmo che l’elisir di lunga durata delle ultime generazioni sia dovuto ai farmaci e al doping. «Da medico sportivo posso dire che il calcio in questo momento è lo sport meno colpito dal doping. Piuttosto tante carriere che potrebbero essere molto più lunghe si interrompono presto a causa dell’abuso di cocaina. Vizietti che come l’eccesso di frequentazioni di veline e di locali notturni difficilmente faranno giocare questi ragazzi fino alla mia età».
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