giovedì 18 febbraio 2010
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Ci aveva provato anche il Duce. Nel 1942 l’editore fiorentino Nerbini, che con Buffalo Bill si era arricchito stampando oltre mille romanzi popolari sulle imprese del leggendario eroe del West, obbedì a una velina del regime, peraltro priva di ogni fondamento storico, rivelando che il cowboy era in realtà un immigrato italiano, si chiamava Domenico Tombini ed era romagnolo come Mussolini. Ora ci prova la massoneria. Il bollettino della società di ricerca americana del Rito scozzese antico e accettato dedica la storia di copertina del suo numero dell’inverno 2010 al "massone Buffalo Bill", con inedite rivelazioni. Ma chi era Buffalo Bill? Il colonnello William Frederick Cody (1846-1917) nasce a Le Claire, nell’Iowa, nel 1846. A dieci anni corre già per il West portando messaggi, a pagamento; a undici si arruola come esploratore nell’armata federale del colonnello Albert Johnston (1803-1862), che cerca di sottomettere con le armi i mormoni dello Utah, i quali si considerano indipendenti dagli Stati Uniti e praticano apertamente la poligamia. Da qui inizia una lunga carriera militare che dura fino al 1872, nel corso della quale Cody combatte gli indiani d’America ma li tratta anche da amici. Uccidendo quasi cinquemila bisonti – per l’esercito, per privati come il granduca Aleksej (1850-1908), figlio dello zar di Russia Alessandro II (1818-1881), e occasionalmente anche per gli indiani – si guadagna il soprannome di Buffalo Bill. Congedato con una medaglia al valore, già famoso, Cody si guadagna da vivere sfruttando la sua leggenda. Con gli spettacoli che mette in scena e che porta in tutto il mondo, Italia compresa, sotto il nome di Wild West Show, Cody contribuisce più di ogni altro a diffondere il mito del West. Anche un suo ex-nemico, il capo indiano Toro Seduto (1831-1890), sconfitto e arrestato dall’esercito americano, anziché andare in prigione è "affidato" a Buffalo Bill, che lo porta con sé e lo fa esibire nel Wild West Show insieme alla non meno famosa pistolera Annie Oakley (1860-1926). Per molti anni gli specialisti dell’Ovest americano hanno considerato Cody un apologista senza riserve delle ingiustizie ai danni degli indiani. I suoi biografi più recenti ci spiegano che non è così. Cody ha un grande rispetto per gli indiani e per la loro religione e si batte con sincerità per le cause in cui crede: contro la schiavitù, in particolare, e contro la poligamia dei mormoni. Si può considerare quest’ultima una battaglia vinta, certo non dal solo Cody: la poligamia sarà abbandonata dalla Chiesa mormone nel 1890 e proseguita fino ai giorni nostri solo da gruppuscoli scismatici. Ma – al di là del folclore – Cody aveva un’ideologia? Sì, sostiene ora la massoneria, per cui la simpatia per la religione dei nativi americani – all’insegna del principio secondo cui tutte le religioni sono, in fondo, di ugual valore – e anche l’avversione ai mormoni – bestie nere dei massoni statunitensi nel XIX secolo per una serie complessa di ragioni – sono legate a filo doppio alla sua notevole carriera massonica. Secondo la documentazione ritrovata dai ricercatori del Rito scozzese, Buffalo Bill divenne massone il giorno del suo ventiquattresimo compleanno. Ci mise un anno a raggiungere il grado di maestro perché fu bocciato al primo esame – la cultura non era esattamente il suo forte – e dovette ripeterlo. Ma da allora andò a gonfie vele, arrivando fino al trentaduesimo grado del Rito scozzese e facendosi ammettere anche nell’organizzazione massonica parallela, la Shrine, i cui simboli sono "orientali" e "arabi" e di cui fa parte una élite di massoni americani. Quando Buffalo Bill morì a 71 anni, nel 1917, non si accese solo una disputa fra gli Stati del Wyoming, dove viveva, e del Colorado – che l’ebbe vinta – dov’era morto, su dove doveva essere sepolto, ma anche tra lo Stato del Colorado e i massoni. Questi ultimi sostenevano che l’eroe del West desiderava un funerale massonico solenne. Ma il funerale di Stato cui pensava il governatore del Colorado doveva tenere conto del fatto che non tutti amavano i massoni. Così Buffalo Bill ebbe due funerali: il primo di Stato, a Denver, e il secondo massonico sul Monte Lookout a Golden, in Colorado, dove fu deposto nel sepolcro quattro mesi dopo il primo funerale. Secondo il bollettino del Rito scozzese si trattò del più grande funerale della storia massonica, alla presenza di quindicimila "fratelli" e simpatizzanti e con tutta la pompa del rito. La stessa fonte fa notare, giustamente, come all’epoca si trattò pure di un grande spot propagandistico per la massoneria, che fino a pochi anni fa continuò ad attirare turisti con una rievocazione annuale dell’evento sul Monte Lookout. In fondo, anche la ricerca storica – pur seria e documentata – ha oggi un elemento di propaganda. Rivendicando come suo figlio un eroe popolare mai dimenticato come Buffalo Bill la massoneria americana, per la verità un po’ in crisi e con qualche difficoltà a reclutare nuovi membri, si circonda di una patina a suo modo romantica.
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