venerdì 27 febbraio 2009
Prima puntata tutta incentrata sull’artista giovane, solo la seconda sui suoi successi. «È la storia di un musicista in cerca di identità»
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Il rischio, con la fiction Puccini (Raiuno, domenica 1 e lunedì 2 marzo in prima serata), è che i melomani (che si immaginano esse­re il pubblico di riferimento per un prodotto del genere) vedano deluse le loro aspettative. Perché la minise­rie (diretta da Giorgio Capitani e in­terpretata da Alessio Boni) si soffer­ma sin troppo a lungo sul primo pe­riodo della vita di Giacomo Puccini, quella in cui il Maestro era ancora in cerca di una propria identità ben de­finita, lasciando ai soli cento minuti della seconda puntata il compito di raccontare il grande artista e di far a­scoltare le note dei suoi successi. Il Puccini che emerge dalla fiction (al­meno dalla prima puntata, quella proiettata nell’anteprima per la stam­pa di ieri mattina) è un uomo insicu­ro del proprio talento, alle prese con un’opera che non vuole saperne di diventare realtà e col confronto, a suo dire perdente, con i grandi dell’epo­ca, Giuseppe Verdi in primis. «Quando si affrontano personaggi di questo calibro, bisogna scegliere una chiave di racconto ben precisa – spie­ga la responsabile di Rai Fiction Tin­ni Andreatta –. Nel caso di Puccini, noi abbiamo scelto di rendere il rac­conto stesso un’opera pucciniana, centrando l’attenzione sugli aspetti melodrammatici della sua vita». Francesco Scardamaglia, produttore (insieme al figlio Federico) e sceneg­giatore (insieme a Nicola Lusuardi) della miniserie, aggiunge: «Quando abbiamo deciso di raccontare Gia­como Puccini, non ci siamo posti il problema di un bilanciamento tra l’artista affermato e il giovane musi­cista sconosciuto. Quello che abbia­mo raccontato è il raggiungimento di un’identità. Rivolgendoci agli spet­tatori di una tv generalista, abbiamo scelto di raccontare il romanzo di for­mazione di un musicista». Il regista Capitani, dal canto suo, si dichiara più che soddisfatto dell’e­sperienza: «Quando ho accettato di dirigere questa fiction sapevo poco di Puccini. Scoprire la fragilità di que­st’uomo che ha scritto una musica così bella è stato incredibile. Puccini era un uomo che pensava sempre di non avere più l’ispirazione, che alla fine di ogni opera era sicuro di non poter fare più altro. Ed era ossessio­nato dalla morte, una paura giustifi­cata solo in parte dalla scoperta del­la malattia. Credo che il suo atteg­giamento goliardico fosse un modo per esorcizzare questa paura». Con lui, il protagonista Alessio Boni per il quale in questa fiction, «con delle pennellate alla Van Gogh della vita di Puccini, si entra nella sua casa, die­tro al suo scrittoio, nella sua fragilità». Il racconto prende il via nella Vienna del 1924 quando Puccini, ormai ar­tista di fama mondiale, è ospite del­la capitale austriaca per un concerto in suo onore. È un periodo difficile per l’uomo: non riesce a concludere la Turandot ed è inquieto per un di­sturbo alla gola che lo affligge da tem­po e che preoccupa i luminari vien­nesi. In questo momento così teso, Puccini incontra una giovane gior­nalista che lo costringe, con le sue domande, a ripercorrere a ritroso tut­ta la sua vita: le vicende sentimenta­li, gli esordi, i successi, le crisi, la pas­sione per i motori e la grande in­fluenza di Giulio Ricordi. Puccini è una coproduzione italo te­desca interpretata anche da Stefania Sandrelli e Andrea Giordana. Le mu­siche curiosamente non sono di Puc­cini ma sono state scritte da Marco Frisina. Alessio Boni nei panni di Giacomo Puccini in una scena della fiction dedicata al compositore lucchese
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