mercoledì 28 maggio 2014
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A ​ottobre saranno quindici anni. Da tanti Antonio La Cava da Ferrandina, provincia di Matera, maestro elementare da quattro in pensione, gira la Basilicata a bordo del suo Bibliomotocarro, scarrozzando oltre settecento libri, dodici metri di scaffale, in un Ape Car azzurro debitamente trasformato, con fiancate a vetrina, un tettuccio di coppi e un comignolo minuscolo che pare quello della casetta di Hansel e Gretel. Come la montagna che va a Maometto, con quella tre ruote popolare nel recapitare frutta, verdura e legna sotto casa, da buon maestro di strada come gli piace definirsi, porta i libri nelle mani dei bambini raggiungendo i paesini più solitari e sperduti. Dove da qualche tempo si è ritagliato anche un piccolo pubblico di anziani, appassionato di sussidiari e assetato di chiacchiere.

Macinando lentamente fino a 500 chilometri al mese, Antonio La Cava riesce a prestare gratuitamente ai bambini anche 500 libri a settimana (senza registrazione perché così si esercita la responsabilità dei lettori alla restituzione) e a trasformare in festa e in momenti di comunità la desolata realtà di tanti comuni delle province di Matera e Potenza, e di tante parti d’Italia sofferenti al Sud come al Nord, senza biblioteche e librerie, senza slanci educativi. Negli ultimi due anni, da quando il suo lavoro anonimo e solitario ha avuto un po’ di notorietà, la libreria può contare su piccole donazioni di editori e cittadini solidali; per il resto Antonio La Cava i libri li ha sempre acquistati da sé, con quella silenziosa caparbietà che anima i tanti ribelli del Paese, che «con la cultura non si mangia». Sono in molti ad aver messo le ruote ai libri, a spingerli verso i lettori con quel carburante che si chiama passione, a voler mettere in circolo quel «privilegio della nostra intelligenza», come lo definisce Tullio De Mauro, che è la possibilità di leggere, nella consapevolezza che facendo crescere passioni e interessi si vivacizzano le coscienze. Autori, illustratori ed editori, generosi nel dedicare tempo a incontrare lettori bambini per soddisfarne le curiosità e coltivarne la fedeltà; librai, insegnanti e bibliotecari ormai specializzati nel moltiplicare con estro le idee e trasformarle in iniziative di promozione e di servizio che costino poco; volontari della lettura ad alta voce nelle piazze o negli ospedali, organizzatori di feste, festival e fiere che sanno esaltare il dilettevole coniugandolo all’utile. Quartiere Albergheria, centro storico di Palermo vicino a Ballarò, uno dei più disastrati della città dove al gran numero di famiglie povere, emarginate e spesso disturbate si è aggiunto quello altrettanto alto di famiglie di immigrati dall’Asia e dall’Africa analfabeti o quasi: da sette anni qui prospera una biblioteca speciale, unica in città dedicata esclusivamente ai bambini, con seimila volumi a disposizione. Le Balate fiorisce nei locali di una chiesa sconsacrata messa a disposizione dall’arcidiocesi, a cui la Caritas e tanti cittadini hanno donato arredi e volumi, esempio virtuoso di come a partire dai libri si può cambiare un quartiere. Donatella Natoli, una vita da medico a Palermo, che ha fatto tutt’uno con l’impegno sociale e politico, delle Balate è da sempre l’anima. «In un quartiere complicato come questo, con un’altissima dispersione scolastica, degrado e povertà, i libri con belle storie e belle illustrazioni che nessuna famiglia possiede rappresentano per i bambini un mondo altro, la possibilità di osservare e ascoltare, di sperimentare un contatto e di esprimersi, di provare emozioni, quindi di riconoscerle. Ma il percorso non è così diretto – spiega – bisogna partire dal divertimento e dalle esperienze pratiche per muovere il desiderio di conoscenze».Ogni giorno alle Balate sono oltre una quarantina i bambini che arrivano dal quartiere e dalle scuole della zona; bambini difficili, molti dei quali hanno già sperimentato gravi disagi. E allora occorre prendersene cura, affinare sistemi e progetti capaci di coinvolgerli. «Riconciliarli con la cultura, offrendo spazi di vita dove si è accolti e si fanno esperienze dirette del mondo reale. Si comincia a piantare semi e a far crescere piante, poi a disegnare, fare teatro e merende, ad ascoltare la voce di qualcuno che legge. Poi si sfogliano i libri e allora si può riconoscere e gustare il bello». Alla fine è la vita sociale e democratica a trarne beneficio. Ma evidentemente sul valore della cittadinanza consapevole, che non si improvvisa all’età del voto, la confusione e forse anche i timori sono ancora tanti. Altrimenti la disattenzione istituzionale non si accanirebbe così sulla scuola e sulle biblioteche di pubblica lettura. E ancora di più su quelle specifiche per i ragazzi, veri meccanismi moltiplicatori della lettura, che rivolgendosi ai piccoli possono calamitare gli adulti.Tito Vezio Viola è direttore della Biblioteca Comunale di Ortona, da oltre vent’anni si occupa di promozione culturale con i bambini e i ragazzi, di animazione e di progetti educativi. «Un buon servizio a bambini e ragazzi – afferma – è un buon servizio pensato anche per gli adulti che si occupano di loro, nella scuola e in famiglia. Perciò non si può prescindere da quei volumi e da quegli incontri e dai gruppi di discussione attorno ai temi familiari e della crescita. A Ortona (23 mila abitanti, provincia di Chieti) la biblioteca, il cui patrimonio librario sfiora i 40.000 volumi, gestisce le attività di promozione di 80 comuni della provincia. Fiore all’occhiello è la sezione ragazzi che occupa il 40 per cento della biblioteca e oltre la metà delle attività di promozione. La sfilza di riconoscimenti all’albo d’onore testimonia che oltre la professionalità del gruppo di lavoro c’è una passione che consente di far fruttare con creatività i pochi mezzi a disposizione.«La biblioteca è viva – racconta Tito Viola – perché la intendiamo come una piazza e non come un palazzo chiuso, separato dalla vita. Un posto di libero accesso ai bambini e a tutti coloro che si occupano d’infanzia, genitori e professionisti. A questi proponiamo progetti educativi, incontri, momenti di confronto e formazione. Ai bambini libri totalmente a portata di mano in scaffali alla loro altezza e facoltà di scegliere da soli. Il buon bibliotecario – spiega ancora Tito Viola – è anche un buon comunicatore, che interviene a richiesta e tutt’al più insegna al bambino a formulare richieste che rappresentino il suo reale bisogno. Ma è anche un professionista che sa parlare con la politica che negli ultimi dieci anni ha sostituito il diritto di cittadinanza con l’assistenzialismo. Agli amministratori locali, ai sindaci piace parlare dei minori come cittadini di domani. Mai come in questo caso la lingua esprime giudizi di valore. Quante volte dobbiamo spiegare che la biblioteca non è il giardino d’infanzia, che i bambini sono persone complete e hanno diritto a servizi pensati su misura per loro. Soprattutto che sono cittadini di oggi».

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