giovedì 29 settembre 2011
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Luca Bernabei, direttore delle attività produttive della Lux Vide, cita il regista americano Sidney Lumet: «La cosa più terrificante della tv è che la guardi da solo. E, più la guardi, più la solitudine aumenta. E la solitudine è il grande problema della contemporaneità». Lo ha fatto anche ieri, al RomaFictionFest, nell’incontro intitolato Tv e famiglia: «Per parlare, oggi, di televisione, non possiamo nasconderci un presente che vede adulti fedeli alle reti generaliste, bambini parcheggiati davanti ai canali tematici, ragazzi artefici di un palinsesto personalizzato attraverso internet, giovani migrati sui canali satellitari e digitali. Credo che lo strumento per combattere tutto questo, la solitudine di cui parla Lumet, sia il cosiddetto family target».Cioè? Il pubblico familiare, al quale dovrebbero rivolgersi le reti generaliste cui spetta principalmente il compito di unificare il pubblico e non di disperderlo e frammentarlo. Se la televisione continuerà a suddividere il pubblico in microtarget, rischierà di trasformarsi in uno strumento che invita all’isolamento e alla disintegrazione del nucleo familiare. Senza contare che il family target sembra essere l’unico in grado di ottenere grandi numeri dal punto di vista degli ascolti.Un esempio?Uno per tutti, <+corsivo>Don Matteo<+tondo>. Lo scorso 22 settembre la media di share è stata del 24,7% ma una delle cose che ci rende più orgogliosi è che abbiamo ottenuto un 27,26% tra le giovani famiglie e che siamo stati seguiti anche da ragazze e ragazzi dagli 11 ai 17 anni.Dunque?I successi negli indici di ascolto sono possibili solo se si riesce a riportare tutta la famiglia unita sullo stesso divano a guardare il medesimo prodotto, cogliendo le sue vere esigenze. Anche perché non possiamo ignorare il profondo cambiamento avvenuto nella fruizione televisiva: non è più lo spettatore che aspetta il prodotto ma è quest’ultimo che deve inseguire il proprio pubblico. Non sembra un’impresa facile.Non lo è, anzi. Lavorare pensando ad un target ampio e trasversale come quello familiare è decisamente più difficile che assecondare la frammentazione andando incontro al gusto e alle richieste di gruppi di spettatori molto più ristretti come fanno, ad esempio, i canali tematici di Sky. Per poter concepire prodotti di questo genere occorre coltivare gruppi di autori e consulenti capaci di raccontare buone storie.Perché le storie?Perché sono importanti. Non so quanti padri abbiano ancora l’abitudine di raccontare storie ai propri figli. O quante madri leggano favole o quanti nonni raccontino dei loro ricordi. Ma le famiglie spesso trovano in quei racconti l’occasione di sentirsi legate, di far parte, appunto, di una stessa storia.E le storie della Lux Vide? Tutto è cominciato con il ciclo della Bibbia, una scommessa per un’azienda che doveva farsi conoscere. Poi sono venute le serie come Don Matteo e Un passo dal cielo e le miniserie come, per citarne alcune, Guerra e Pace, Pinocchio, Sant’Agostino, Sotto il cielo di Roma e Preferisco il Paradiso. E le favole: a breve Raiuno trasmetterà Cenerentola, mentre già stiamo pensando ad Aladino, Peter Pan e La Bella e la bestia. Come disse Thomas Sterns Eliot, «nessuno dei sentimenti che viviamo può essere vero se non troviamo il modo di raccontarlo».
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