martedì 10 febbraio 2015
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Solo convergenze parallele o addirittura affinità elettive? Tra queste Scilla e Cariddi potremmo porre il rapporto tra due celebri uomini di Chiesa di ieri e di oggi: Lorenzo Milani e Jorge Mario Bergoglio. Giuseppe Brienza, giornalista e saggista, si addentra in tale percorso nell’agile libretto Don Milani e Papa Francesco. L’attrazione della testimonianza (Cantagalli, pp. 152, euro 10).  Il punto di partenza è stata la sorprendente citazione che papa Francesco fece del priore di Barbiana durante l’incontro con il mondo della scuola in piazza San Pietro, il 10 maggio dello scorso anno: «Se uno ha imparato ad imparare – e questo è il segreto, imparare ad imparare! – questo gli rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà! Questo lo insegnava anche un grande educatore italiano, che era un prete: don Lorenzo Milani». Sarebbe stato interessante scoprire da dove Bergoglio ha desunto la conoscenza dell’autore di Esperienze pastorali. Non ci è dato (ancora) sapere. È vero che, anche grazie al padre scolopio spagnolo José Luis Corzo (autore di Lorenzo Milani. Analisi spirituale e interpretazione pedagogica, Servitium), Milani è stato tradotto in lingua ispanica. Ma non si sa se sia stato per suo tramite, o per quale altra via, che Francesco ha conosciuto il Priore (avviso ai milaniani: da dove viene questa conoscenza?).  Sta di fatto che l’analisi di Brienza, conoscitore di Milani per la sua tesi di laurea Don Lorenzo Milani, un esempio di apostolato, offre spunti interessanti per indagare le affinità tra il prete fiorentino e l’attuale papa argentino. Anzitutto, è scontato ma va ribadito: entrambi sono stati uomini di scuola, l’uno per chiamata (Bergoglio fece il professore da gesuita), l’altro per necessità, quando già a San Donato di Calenzano, sua prima destinazione, impiantò una scuola. E della scuola, e della cultura in generale, entrambi hanno avuto da sempre grande stima, per la capacità di elevazione spirituale e umana che l’istruzione può apportare.  Inoltre Brienza indica almeno quattro convergenze tra i due preti di qui e di là dell’Atlantico. Anzitutto la lotta al conformismo e al consumismo. Di Milani sono ben noti gli strali contro una religiosità solo esteriore, fatta di riti vuoti e non vissuti come espressione concreta di adesione interiore di fede. Nella sua denuncia all’omologazione anche educativa Bergoglio, nel suo Scegliere la vita (Bompiani), arriva addirittura a citare il film The Wall ispirato all’omonimo album dei Pink Floyd, per denunciare quel tipo di «istituzione educativa cristiana che si concepisca in base all’uniformità e al calcolo, come una sorta di 'macchine per fare salsicce'». Ancora: i due sono (stati) durissimi nella loro avversione ad ogni ricchezza e ostentazione di potere da parte del clero e della Chiesa: le omelie di papa Francesco e gli scritti di Milani abbondano di posizioni simili. L’opposizione netta e forte ad ogni forma di imborghesimento della gerarchia e dell’accomodamento del messaggio cristiano è un altro elemento di similitudine tra i due: ad esempio Milani denunciava (con il linguaggio tipico dell’epoca) la moda come «istrumento borghese per fini corrotti »; Bergoglio ha chiesto spesso ai cattolici di andare controcorrente (nell’Evangelii gaudium ciò è evidente). Infine, la sottolineatura costante e forte dell’impegno: da un lato l’I care («MI riguarda») che campeggiava a Barbiana, dall’altro quel «farsi carico» che torna quasi come un mantra nelle omelie, allocuzioni e interventi dell’allora arcivescovo di Buenos Aires
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