domenica 26 aprile 2020
In rete il duetto di Edoardo ed Eugenio “La realtà non può essere questa”: «Non cantiamo un’utopia, ma l’urgenza di una nuova coscienza. Il web non prigione ma unione di forze»
I fratelli Bennato: «Il cambiamento ora comincerà dal basso»
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Separati e in casa, Edoardo ed Eugenio Bennato. Uniti però dal ricordo di quelle cartine geografiche che disegnavano da bambini sognando un mondo da incontrare. Attraversato poi negli anni grazie alla musica e a quelle chitarre che idealmente si incrociano ora. Per ammonirci che “la realtà è tutta da rifare / è la vita che non si può fermare / e che canta la sua ribellione”. È un verso del loro vibrante La realtà non può essere questa che sta navigando sulle onde sonore e visive della rete. Quel web che è virtuale finestra su un mondo sospeso come noi in questi virali giorni di clausura domestica in attesa di riabbracciare ciò che crediamo realtà. Più o meno coscienti che se la “vera” realtà non è ciò che stiamo vivendo adesso, altrettanto “falsa” è quella che abbiamo vissuto finora, in questi non sostenibili anni. «Quello a cui stiamo assistendo – dice Edoardo, autore della musica del brano – è probabilmente la logica conseguenza di certe incongruenze, paradossi e squilibri della nostra società che sono davanti agli occhi di tutti, ma che facciamo finta di non vedere sia a livello singolo che collettivo. Adesso siamo costretti a questo riposo forzato che si spera ci faccia riflettere e capire dove sono i problemi e come fare a risolverli in modo meno tossico».

Coscienze pronte a dire basta, come auspica il testo di Eugenio. “Questo amore non può essere virtuale / ha bisogno di parole / di parole sussurrate”, dove il sussurro «sta a evocare la privazione maggiore di questi giorni, il contatto» spiega Eugenio questo duetto (i cui proventi saranno devoluti all’Azienda Ospedaliera dei Colli di Napoli) che musicalmente richiama l’atmosfera de L’isola che non c’è di Edoardo, ma che a quell’utopia oppone una più propositiva speranza nel futuro. «Quando ho cominciato a scrivere questi versi – dice il cofondatore della Nuova Compagnia di Canto Popolare – ho pensato al suonatore di tromba che si affaccia al balcone e intona nel silenzio assoluto Va’ pensiero. È una delle tante immagini che ci porteremo dietro, come i delfini nel golfo di Napoli o i capodogli nello stretto di Messina. Sono immagini non di fantascienza o fantapolitica ma del nostro mondo, che dovranno influenzarci in ogni futura scelta».

Per Eugenio l’inizio della clausura dovuta al Coronavirus ha coinciso con la fine di un suo tour in Africa, sulla “sponda Sud” del Mediterraneo. «Abbiamo avuto la fortuna di girare il mondo fin da ragazzini – interviene Edoardo – . Siamo stati in America con il Circolo della Marina mercantile di Napoli, un mese intero attraversando i Caraibi. Perciò tengo parecchi mappamondi in casa, simboleggiano l’autentica conoscenza». «Con quel viaggio – ricorda Eugenio – facemmo appena in tempo a compiere la traversata atlantica in compagnia degli emigranti. Fu un’esperienza davvero forte arrivare in America con le ultime migrazioni degli anni 60. Quell’antica passione per la geografia alla fine è stata ripagata. Io giro di continuo grazie alla musica. Di tutti quelli che sognavo da bambino mi mancano pochi Paesi da visitare».

«Viaggiare è fondamentale, ti fa andare oltre le nozioni apprese sui libri e le informazioni dei giornali condizionate da chi scrive e dai poteri forti – dice Edoardo –. All’inizio degli anni 70 andai con Herbert Pagani in Cile tre volte, l’ultima c’era anche Eugenio. Mi resi conto della situazione del Paese ed ebbi esperienza diretta di quello che stava succedendo. La prima volta conobbi persino Allende». Pronti a salpare, come s’intitolava il suo album d’inediti del 2015 che conteneva il “profetico” brano Giro Girotondo: “E noi di qua, e gli altri di là / tutti sulla stessa barca / tutti della stessa razza / Ma i cattivi sfortunatamente / sempre ai posti di comando”. «Per una serie di circostanze misteriose, al potere ci sono sempre i cattivi… e i buoni subiscono – ironizza Edoardo, evocando il titolo del suo celebre album del ’74 – . Ognuno di noi deve lottare ogni giorno, ogni mattina. Fondamentale è eliminare il dislivello tra chi ha tutto e chi non ha niente. Prima il nostro pianeta era come un sommergibile che, essendo a compartimenti stagni, anche se c’erano problemi in una zona, continuava a navigare. Adesso è come una nave che, se si apre una falla in qualunque parte dello scafo, prima o poi affonda. Quello che stiamo vivendo fa parte del meccanismo perverso della globalizzazione. Ecco perché dobbiamo cambiare la realtà».

E qui irrompe la rete. Quella che “diventa una prigione” ma anche “che annulla ogni distanza”. «C’è uno scambio costante di informazioni tra la base e il potere – incalza Edoardo –. Se aumenta la capacità delle masse di condizionare i poteri forti a livello economico e industriale le cose possono migliorare. C’è una relazione tra la maturità sociale della base e il potere. Ma soprattutto noi italiani dobbiamo smetterla di essere sempre divisi tra guelfi e ghibellini. Come comunità matura dobbiamo prendere coscienza e non far finta di non vedere solo per conservare comodità, privilegi e vizi quotidiani. Le masse però aspirano al benessere immediato e per questo sono facilmente distratte da manipolatori di coscienze e politicanti senza scrupoli». Argomenti che il cantore nemico dei burattinai senza fili tratterà anche per iscritto: «Sto per dare alle stampe un libro in cui faccio una sorta di analisi sociale della situazione mondiale, partendo dalla mia esperienza vissuta da bambino in giro per il mondo. Si intitola Giro Girotondo e uscirà per La Nave di Teseo».

Continua a ruotare, dunque, quel mappamondo che campeggia anche nel video della nuova canzone, registrata a distanza fisica ma in empatica vicinanza, unendo virtualmente le due case Bennato, separate da una collina, a Posillipo. «Quando ho composto la musica avevo in mente un altro tipo di testo – confessa Edoardo –. Era quasi un gioco di parole, attorno al concetto che quello che sembra non è ciò che è vero. La realtà è deformata dal nostro punto di visione. Un esercizio costante e continuo è allora quello di immaginare una realtà parallela alla nostra, ma migliore». Una realtà che parrebbe avere un solo, univoco e universale nome: mondo, la casa comune. «La realtà è qualcosa che esiste e che stiamo vedendo in maniera più libera proprio oggi: la natura - osserva Eugenio -. Però anche ogni intervento dell’essere umano ne fa parte, per cui penso che ognuno debba partecipare a dare forma alla realtà. Se si espande una volontà positiva, questa realtà può raggiungere livelli più elevati».

Sono tornati a disegnare con la chitarra e la voce la grande carta geografica che componevano da bambini fino a tarda sera, sotto la luce fioca di una lampada, fino a rovinarsi un po’ la vista, l’architetto Edoardo e il fisico nucleare Eugenio. «Quello che ho sempre invidiato a Edoardo è la vocalità, fin da bambino riusciva a fare quello che voleva». La realtà non poteva essere che questa... «Io invece ringrazio Eugenio di aver trasmesso la sua incredibile capacità di apprendimento a mia figlia Gaia di 15 anni che, impegnata per l’ambiente, è anche il mio futuro».

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