giovedì 1 settembre 2016
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Uno è il rocker italiano per eccellenza, graffiante ed impegnato nonostante siano “solo canzonette”, l’altro è uno dei padri della musica etnica italiana, studioso e divulgatore delle radici musicali mediterranee. E proprio il “Mare Nostrum” riporterà insieme sullo stesso palco Edoardo ed Eugenio Bennato da Bagnoli (Napoli), nell’attesissimo concerto di chiusura, sabato 3 settembre ad Ancona, al Festival internazionale “Adriatico Mediterraneo”, dal 27 agosto al 3 settembre. Un appuntamento da non perdere perché la reunion dei due Bennato è l’unica data in Italia e per la prima volta per un intero spettacolo. E che due fratelli raccontano ad “Avvenire”. Il Festival, giunto alla decima edizione, propone tanti artisti che mescolano culture e sonorità del bacino mediterraneo: la Barcelona Gipsy Balkan Orchestra, composta da musicisti di diversi Paesi che interpretano sonorità balcaniche e klezmer, l’interprete di flamenco Antonio Fernández Montoya “Farruco”, il duo formato dal maliano Baba Sissoko e dal sardo Antonello Salis, il grane cantore di Napoli Peppe Barra e la Mostar Sevdah Reunion, tra i maggiori interpreti della musica tradizionale bosniaca.INTERVISTA A EDOARDO, IL ROCK: «PRONTI A SALPARE VERSO IL DIALOGO»

Settant’anni appena compiuti in forma smagliante, l’architetto del rock Edoardo Bennato, autore di brani schietti e impegnati che hanno segnato la colonna sonora degli italiani, non ha mai interrotto la collaborazione artistica col fratello minore Eugenio. Rare, però le esibizioni insieme e solo ad Ancona, per la prima volta, il 3 setembre i due condivideranno un intero concerto.Edoardo, come si intrecceranno le vostre personalità e i vostri stili musicali sul palco?«“ Venderò le mie scarpe nuove / ad un vecchio manichino, / per vedere se si muove, se sta fermo / o se mi segue nel cammino”. Il testo di questa canzone l’ha scritto Eugenio... voglio dire che fin dalla prima ora mio fratello, ha avuto un ruolo importantissimo nella mia carriera musicale. È a lui che sottopongo a giudizio “in primis” ogni cosa nuova che mi viene in mente. Mi fido delle sue intuizioni musicali».Come ricorda i suoi inizi nella musica insieme ai suoi fratelli Eugenio e Giorgio ai tempi del Trio Bennato?«Mia madre, in un’afosa estate “bagnolese”, si mise alla ricerca di un maestro di lingue, per fare in modo che noi tre fratelli fossimo impegnati, secondo l’antica teoria che recita: “l’ozio è il padre dei vizi”... non lo riuscì a trovare... trovò un maestro di musica... il resto è storia». Quali sono i punti in comune e le maggiori differenze con suo fratello Eugenio?«Ascoltando un disco mio o un disco di mio fratello Eugenio la differenza salta agli “orecchi”. Non c’è possibilità di sbagliare su chi sia uno e chi l’altro. Lui è impegnato in un’attenta ricerca musicale attingendo a piene mani nella tradizione musicale del nostro Sud e non solo... io che sono “un rinnegato” continuo a fa- re rock ’n roll».Lei è sempre stato impegnato, in particolare sui temi della guerra. Nel suo ultimo album, “Pronti a salpare” lei canta il Mediterraneo dei migranti...« Pronti a salpare è una frase che avevo in mente molto prima di sapere che sarebbe stata il titolo di una canzone oltre che di un intero disco. Non è dedicata al tema delle migrazioni o, almeno, non solo. È piuttosto dedicata a noi che dobbiamo, anzi che saremo costretti volenti o nolenti, ad essere pronti a salpare, a cambiare modo di pensare. È inutile invitare a salpare chi scappa dall’inferno delle guerre, dalla fame, dalla miseria... sono persone, giustamente, sempre pronte a scappare. Insomma il nostro benessere, vero o presunto che sia, passa attraverso la soluzione dei problemi di quello che abbiamo chiamato, anche con un po’ di presunzione “Terzo Mondo”. Non abbiamo altre soluzioni ».Suo fratello Eugenio è legato alla tradizione musicale mediterranea, lei è il maggiore rocker italiano: ma quanto le sue radici musicali ed anche partenopee hanno influito sulle sue composizioni?«L’ho detto prima: “ Eugenio dice che io sono un rinnegato” (il branoRinnegatodall’album Non farti cadere le braccia del 1973, ndr). In realtà essere nato a Napoli è stato, almeno nel mio caso, fondamentale. Amo la mia città e a differenza di altri ho deciso di viverci e tentare “di lottare”».I fratelli Bennato hanno fondato l’etichetta discografica Cheyenne Records. Quali le difficoltà nella crisi della discografia attuale?«Le case discografiche sono “alla canna del gas”. Di chi è la colpa? Forse della rete, forse delle radio, forse di esse stesse che non hanno saputo rinnovarsi... la logica del profitto a tutti i costi a discapito del-l’arte, non sempre paga». INTERVISTA A EUGENIO, IL FOLK: «LA MUSICA SUPERA TUTTE LE FRONTIERE»

Laureato in fisica, fondatore nel 1969 della Nuova Compagnia di Canto Popolare e nel 1998 del movimento Taranta Power, Eugenio Bennato è uno dei padri della musica etnica italiana. Ma la musica è un affare di famiglia. Tutto iniziò nel 1958 quando con gli altri fratelli formò il Trio Bennato, in cui Edoardo cantava e suona la chitarra, Eugenio suonava la fisarmonica e Giorgio le percussioni.Eugenio, che cosa suonerete lei e Edoardo al Festival Adriatico Mediterraneo?«Terremo due concerti separati, perché abbiamo ambedue un repertorio ricchissimo. Insieme canteremo un brano di Edoardo di cui io scrissi il testo, Venderò, e poi A cosa serve la guerra, scritto per il cartone Totò sapore, perché pensiamo che in questo momento un grido pacifista comunque vale la pena di proporlo. Il riscontro del pubblico mi conferma sempre più la sensazione di aver gettato un seme molto forte in questi anni di ricerca musicale. Vedo un pubblico protagonista, cosciente sia dei ritmi sia dei messaggi che propongo: il ruolo alternativo del Sud e della sua cultura, la rivendicazine identitaria che sta alla base dell’antico fenomeno del brigantaggio e, negli ultimi tempi, la questione della nuova immigrazione. E la prova cui siamo chiamati, noi occidentali, di resistere alle provocazioni con la nostra cultura e con la comprensione di quella degli altri».Quanto è importante conoscere le proprie radici?«C’è una generazione nuovissima, un pubblico giovane e metropolitano, che vive questa ricerca tradizionale in maniera contemporanea. Esiste una opposizione all’appiattimento globalizzante a partire dal Sud, come risposta contro le multinazionali. Le mie feste sono tutta un’altra cosa rispetto ai talent show, dove ci sono ragazzi bravissimi tra- scinati in un mondo che non è il loro. Così diventiamo davvero Terzo Mondo. Mentre una ragazza che balla la pizzica è protagonista».Lei è stato un anticipatore del dialogo musicale col Mediterraneo. «Quando ho fondato il Taranta Power, un movimento di musica tradizionale in una veste contemporanea, ho capito che avevo bisogno di alleanze nel Mediterraneo, col Maghreb, con la Grecia, l’Egitto, la Turchia, dove ho tenuto molti concerti. Occorreva fronteggiare la ventata fortissima della musica di consumo che arriva dal Nord Ovest del mondo ritrovando una matrice comune tra le sponde del Marocco e quelle campane, ma anche delle Marche e dell’Abruzzo. Il saltarello marchigiano, ad esempio, nasce dal mistero, da scambi culturali con pirati o mercanti.  Oggi questo movimento si coniuga con la necessità di riportare il dialogo in questo mare e non c’è nulla più forte della musica».Una avventura musicale diversa da quella di suo fratello Edoardo.«Noi abbiamo fatto studi diversi, lui il liceo artistico e io il classico, poi ci siamo laureati lui in architettura io in fisica. Edoardo ha realizzato cose molto forti e rock e io contemporaneamente fondavo la Nuova Compagnia di Canto Popolare. Insomma, abbiamo preso due direzioni estetiche diverse e parallele, ma sempre lontane dal business. Le ispirazioni per me erano il Sud e per Edoardo il mondo di Dylan. Certo, mia madre avrebbe preferito che io facessi il professore di fisica...». Quale è la cosa che lega di più i fratelli Bennato?«Il grande ricordo dei nostri genitori, papà Carlo e mamma Adele. Due genitori dell’immediato dopoguerra che ci hanno instillato sentimenti di eleganza ed onestà».

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