martedì 19 marzo 2013
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Che in Italia ci sia crisi della lettura lo si conosce da sempre. Siamo al 22° posto in Europa e al 29° nel mondo. Abbiamo il 56% di cittadini che non apre nemmeno un libro l’anno, contrapposto al 6,3% che consuma il 41% dei libri venduti. Ma se questo non ci stupisce, il problema è che la crisi economica, sommandosi alla crisi della lettura, si sta trasformando in una crisi dell’editoria senza precedenti. Se infatti fino al 2010-2011 le copie di libri stampate erano in costante crescita, da quel momento in poi anche le case editrici si sono adeguate al calo delle vendite (4 milioni di copie in meno nel 2012 e 1,7 in meno nel 2011) e i titoli stampati hanno iniziato a scendere sotto il numero (forse eccessivo) di 63 mila l’anno; così anche le copie complessive uscite dalla stamperie sono scese al di sotto dei 213 milioni raggiunti nel 2011. Il dato ufficiale presentato ieri a Roma nel Primo Rapporto sulla promozione della lettura in Italia, parla di 9,1% di titoli in meno pubblicati nei primi 9 mesi del 2012, con tirature medie per ogni volume ridotte da 6.306 copie a 3.343 e i prezzi per copia in progressivo ribasso. A questo punto – ha sostenuto Giovanni Solimine, docente universitario e presidente del Forum del Libro, nonché uno dei maggiori esperti del settore – «si è passati dalla crisi del commercio librario alla crisi della produzione libraria. Un’involuzione che coinvolge tutta l’industria della creatività e della cultura, dal cinema alla musica, passando per gli home video e, naturalmente, la stampa quotidiana e periodica. E non si pensi che il calo di produzione e di vendite possa essere compensato dalla crescente diffusione della lettura su supporti elettronici, perché se sembra che i siti online dei più importanti quotidiani nazionali abbiano avuto un buon incremento di contatti, la vendita degli e-book in Italia rappresenta ancora l’1% del totale, nonostante i progressivi incrementi». Un quadro decisamente negativo. L’idea del primo Rapporto sulla promozione alla lettura in Italia (308 pagine) nasce proprio da questa evidenza. Curato dall’Associazione Forum del libro su incarico del Dipartimento informazione ed editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, si propone come base essenziale di studio dell’intero settore. Una sorta di libro bianco nel quale trovano posto anche tutte le iniziative di promozione che si svolgono sul territorio nazionale, realizzate sia in ambito pubblico (scuole, biblioteche, ministero, istituzioni locali), che da privati o associazioni (premi letterari, festival della letteratura, librerie, editori). L’obiettivo è fornire di un esaustivo strumento di analisi del fenomeno il prossimo governo, necessariamente chiamato a mettere in campo iniziative di promozione alla lettura e di incentivi dell’editoria, in vista del rilancio economico e culturale del Paese. Come sottolinea lo studio, infatti, è necessario che il rilancio economico sia strettamente collegato a quello culturale, se si vuole che la preparazione dei giovani diventi competitiva a livello internazionale e le opportunità di lavoro in settori essenziali come la ricerca scientifica e industriale crescano adeguatamente. Del resto i dati forniti dal rapporto mostrano con una certa evidenza che, come spiega lo stesso Solimine, «non necessariamente una nuova crescita economica produrrà persone più sensibili al richiamo della lettura. Serve piuttosto la promozione di un sistema di valori in cui la cultura e l’istruzione tornino a essere apprezzate e a garantire competitività». In sostanza, a un più efficace sistema formativo è necessario affiancare un rinnovato panorama occupazionale, sostenuto da una cultura adeguatamente promossa dai media, che ridia valore ai sacrifici necessari per completare appropriati percorsi di studio e sistematici programmi di aggiornamento.
Studio, aggiornamento e cultura devono tornare a pagare in termini di occupazione e di compensi economici. Perché una delle ragioni per cui in Italia si legge poco è che il 45,2% dei cittadini fra i 25 e i 65 anni ha solo la licenza media, contro una media europea che è del 27%. A questo dato occorre poi aggiungere che il 19% degli italiani laureati e il 41,6% dei diplomati non legge neanche un libro l’anno, così come il 31% dei dirigenti, imprenditori e professionisti, mentre complessivamente nei primi dieci anni del nuovo millennio, in corrispondenza di un incremento del 36% dei laureati, il numero dei lettori è cresciuto solo del 9%. Insomma, il <+corsivo_bandiera>Rapporto sulla promozione della lettura<+tondo_bandiera> si chiede come sia possibile che in un Paese come il nostro solo il 46% delle persone (51,9 femmine e 39,7 maschi) abbia dichiarato nel 2012 di leggere libri (uno solo l’anno), a fronte del 61,4% degli spagnoli, del 70% dei francesi, del 72% degli statunitensi e dell’82% dei tedeschi.
Ed è anche calato l’indice di lettura dei giornali col 52% dei cittadini che li ha letti almeno una volta alla settimana nel 2012, quando nel 2011 erano stati il 54%. A leggerli con regolarità (cinque volte a settimana, considerando che una copia ha in media anche cinque e più lettori) è invece il 36%. Eppure non è che in Italia manchino iniziative di promozione alla lettura. Il Rapporto testimonia anzi l’esistenza di una notevole vitalità. Alcuni premi letterari (lo «Strega» più degli altri) incrementano notevolmente il numero di copie vendute dei titoli vincitori. Così come alcuni festival letterari, in particolare quelli di alcune città di provincia, riscuotono un certo successo. Ci sono numerose piccole biblioteche che funzionano. Il problema è che questo turbinio di iniziative sembra rivolgersi sempre alle stesse persone, non riuscendo ad ampliare il numero dei lettori. Una contraddizione dalla quale, sostiene il Rapporto, occorre partire per qualunque iniziativa che aspiri a essere efficace, riuscendo finalmente a coordinare tutti gli operatori del settore, dal Governo fino all’ultimo libraio.
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