martedì 10 ottobre 2017
Intervista alla più giovane azzurra a fare il salto negli Usa e vincere il titolo: «Che emozione il primo canestro a stelle e strisce»
Cecilia Zandalasini, 21 anni, fuoriclasse di Schio e della Nazionale italiana, qui con la maglia delle Minnesota Lynx

Cecilia Zandalasini, 21 anni, fuoriclasse di Schio e della Nazionale italiana, qui con la maglia delle Minnesota Lynx

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L’italiana che ha conquistato l’America non soffre il jet lag. Atterrata all’alba di domenica a Malpensa, Cecilia Zandalasini ha trascorso la giornata festiva in famiglia a Broni, nell’Oltrepò Pavese, prima di rimettersi in viaggio per Schio. Ieri allenamento con le compagne, oggi volo per Istanbul dove domani il quintetto vicentino - la compagine italiana della vincitrice del titolo a stelle e strisce - debutterà in Eurolega. In mezzo tante richieste di interviste, alle quali la ventunenne trionfatrice con le Minnesota Lynx non si è sottratta.

Cecilia, ha compreso di aver conquistato l’anello Wnba?

«Faccio ancora fatica a descriverlo. È qualcosa di unico e di sensazionale».

Si aspettava di vincere quando è sbarcata negli States?

«No, ma sapevo che le Minnesota Lynx erano più forti delle Los Angeles Sparks. Le Finali scudetto sono cominciate così così, ma si sono concluse splendidamente».

C’è stato un pizzico di rammarico per aver giocato solo pochi minuti?

«Assolutamente no, sono serena perché ho fatto comunque una grande esperienza. Sono arrivata nel campionato più bello del mondo a 21 anni con lo spirito giusto, appena in tempo per i playoff. Ho vissuto da esordiente che non parla l’inglese come un’americana nativa. E poi nella vittoria c’è anche il mio zampino».

Già, i famosi otto secondi sul parquet in gara cinque.

«Sono entrata in campo mentre in panchina stavamo già festeggiando. Quando alla sirena abbiamo cominciato a saltare è stato stupendo essere sommersa dalle compagne».

Come è stato il primo canestro americano?

«Impagabile, perché segnato in casa davanti a diecimila persone, un pubblico che non mi era mai capitato di vedere in un palazzetto. Mi sono sentita acclamata da tifosi tra i più caldi d’America».

Come è stata accolta al suo arrivo? «Davvero bene, cosa che non mi sarei aspettata. Arrivare in corsa non è semplice, immettersi nel ritmo di gioco e imparare gli schemi in poco tempo è complicato. Sono stata aiutata dalle compagne, dall’allenatrice e soprattutto dal vice-allenatore ».

Tornerà l’anno prossimo? «Sì, perché ho un contratto da rookie per 4 anni. La prossima sarà la mia prima vera stagione, poiché giocherò dall’inizio. Così potrò capire il mio livello».

Che differenze ha notato tra la Wnba e il campionato italiano?

«La principale è la fisicità. Lì il gioco è molto più fisico, veloce e istintivo. Da noi si ragiona di più».

Ci racconti il suo mese a Minneapolis fuori dal campo.

«A casa ho vissuto pochissimo, essendo sempre in trasferta, tra Washington, Indianapolis, San Antonio e Los Angeles. Quattro città che ho visitato e che mi hanno colpito. A Minneapolis fa freddo già a settembre, ma sotto ai grattacieli è fantastico. Passare da una cittadina di 10mila abitanti a una metropoli è stato un bel cambio di vita. Non mi sono fatta mancare concerti, parchi e musei».

Con che spirito approccerà la stagio- ne italiana a Schio?

«Pronta a mettere in pratica quanto imparato in America. Ho voglia di lavorare, migliorarmi e vincere con il gruppo che mi ha già regalato tanto in passato».

A chi dedica il trionfo a stelle e strisce?

«A me stessa, penso che mamma e papà capiranno. Me lo merito per la strada fatta finora e lo considero un nuovo punto di partenza, sperando che mi dia la forza per vivere le esperienze future».

Cosa esporterebbe in Italia della vita da cestista americana?

«L’etica del lavoro, la cura maniacale dei dettagli, la preparazione meticolosa della partita. È un mondo di professioniste dove giocano e allenano le migliori del pianeta basket. In un mese ho imparato cose che non mi sarei mai sognata».

Cosa dovrebbe imitare il basket femminile da quello maschile per crescere?

«Dentro il campo nulla. Cinque sono gli uomini e cinque siamo noi, anche se non schiacciamo. Fuori dal campo invece tanto, ma penso che la cosa riguardi tutti gli sport femminili e non solo il basket«.

Che consigli darebbe a una bambina che si sta avvicinando alla pallacanestro?

«Di giocare a basket solo se le piace e se si diverte con le compagne. Se è così vedrà che giorno dopo giorno la passione aumenterà. E poi aggiungerei un dettaglio non secondario: mai fermarsi alle prime difficoltà, ma rialzare la testa e andare avanti sempre».

Si sente realizzata dopo questo successo?

«Sin da piccola ho sempre fatto un passo alla volta. Pertanto aggiungerò quest’esperienza al mio bagaglio e continuerò a camminare».

Qual è il suo prossimo obiettivo?

«Vivo giorno per giorno, non voglio pensare a quello che succederà. L’America mi è piaciuta e vorrei che diventasse il mio percorso. Mi piacerebbe poi vincere anche con la maglia azzurra».

A proposito di Italia, senza la sua grande prestazione all’Europeo di giugno sarebbe arrivata in Wnba?

«No di certo. O meglio, non ci sarei arrivata quest’estate. La notizia me l’hanno comunicata al ritorno da Praga alla fine degli Europei, proprio mentre stavo scendendo dall’aereo». Il mezzo di trasporto preferito dalla ragazza che ama volare. Sotto canestro.

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