giovedì 30 giugno 2016
Thailandia, tutti pazzi per le BAMBOLE
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La passione per le Luk Thep (“bambole angelo”), con verosimiglianza di bambini sta dilagando in Thailandia. Non un fenomeno relegato alle classi meno abbienti e soprattutto meno acculturate, al contrario... Ragione principale della loro “vita” attribuita con cerimonie religiose (retribuite) anch’esse sotto nel mirino dei media e delle autorità per il potenziale truffaldino, la loro carica positiva per i “genitori”, abitualmente donne single, ma non solo. Carenze affettive e patologia, moda e sfruttamento commerciale, credulità e voglia di emergere convergono su manufatti insieme evoluti e inquietanti. Il regime militare, a sua volta non del tutto libero da condizionamenti astrologici e scaramantici, è pronto alla stretta se non all’aperta proibizione, ma al momento quello delle “bambole- angelo” resta un caso mediatico, fonte inesauribile di analisi e aneddoti. Una realtà che non arriva dal nulla e che, per quanto riguarda la Thailandia, si può individuare come aggiornamento della tradizione vecchia di trecento anni dei bambolotti che rappresentano i bambini defunti (spesso per aborto) lasciati presso i templi e di quella dei simulacri umani kuman thong utilizzati come catalizzatori della magia nera locale. Le bambole, che hanno dimensioni variabili, abiti e accessori che dipendono da gusti e soprattutto da possibilità dei “genitori”, sono rese spiritualmente attive, “vive” per estensione, con una ap- posita cerimonia. Nei primi tempi, quella officiata dai monaci nel tempio Wat Bua Khwan nella provincia di Nonthaburi parte della Grande Bangkok, consisteva nella recitazione all’orecchio del manufatto di formule silenziose o appena sussurrate.  Fin a quanto i “sussurri” di lucrose contropartite in donazioni non sono arrivate alle autorità, sia di polizia, sia fiscali. Mondanità a parte, caricate di energia spirituale con una qualche forma di iniziazione, le bambole sono pronte per l’adozione che di fatto implica adeguarsi ai gusti e alle abitudini dei “genitori”, single o in coppia. Sono soprattutto donne di buone possibilità e istruzione ad avere con le bambole un rapporto quasi morboso, curandole, lavandole confortandole e parlando loro per ore. Soprattutto, però cercando di convincerle a rilasciare in contropartita fortuna, salute e denaro. Per gli esperti molto ha a vedere con l’incertezza dei tempi. Un’incertezza che dall’ambito politico e economico si è estesa a quello sociale, divaricando tensioni, accentuando comportamenti patologici o borderline. Una società incerta quella thailandese odierna, con una tradizione “alta” che vive solo tra frange di appassionati, molte tradizioni ignorate per una modernità più di spot e gadget che di sostanza e un conformismo incentivato fino dalla più tenera età. Una società che vive una crisi palese dell’istituzione matrimoniale e della famiglia estesa tradizionale e che va verso uno dei più rapidi trend di invecchiamento al mondo. Infine, con una economia in frenata con le conseguenze che iniziano a pesare su possibilità, rapporti sociali e sicurezza. Le Luk Thep riempiono quindi insieme vuoti affettivi e voglia di affermazione personale; sono conferma del livello sociale, danno una identità riflessa.  Lo sottolinea Manasikarn Hengsuwan, docente nella facoltà di Scienze dell’educazione alla prestigiosa università Chulalongkorn. «Di solito, la vita dei thailandesi ha basi spirituali empiriche. Quando si sentono inadeguati o insicuri vanno a pregare per chiedere quanto loro serve e offrono qualcosa in cambio». «In fondo – ricorda – credere in una bambola non è diverso da chiedere una benedizione della propria autovettura per favorire la propria sicurezza o quella della propria abitazione per garantirsi una fortuna permanente». Pratiche che, ricordano altri analisti, hanno radici nell’animismo, che trapela tra la prassi buddhista essenziale, anzi istituzionale, nella tradizione religiosa thai. Da qui il successo delle bambole-angelo tra la classe media, che – data la sua natura sovente imprenditoriale o professionale – risente di maggiore incertezza. Così le Luk Thep diventano insieme un palliativo alla solitudine e un surrogato alla maternità, un catalizzatore di buoni propositi e buona fortuna; si portano in vacanza, alle cene sociali o private, dal parrucchiere, nei centri di massaggio. Una fonte di imbarazzo, a volte di divertimento ma anche di tensione per ristoratori e autisti di auto pubbliche che si trovano davanti a richieste bizzarre, come di cucinare appositamente per la bambola o condurre le auto a velocità moderata, con attenzione a curve e buche, per non disturbare le silenziose “passeggere” ma ancor più per non dispiacere alle loro “madri”. A questo punto non sorprende che, mentre tanti propongono iniziative commerciali o spirituali personalizzate e sovente lucrose centrate sulle bambole, anche le compagnie aeree locali abbiano dovuto definire regole per il trasporto di quelle che per alcuni sono passeggeri con diritto (retribuito) al posto e per altre solo bagaglio a mano da far volare in condivisione con beauty-case, laptop e liquori duty-free.
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