martedì 25 giugno 2019
Non solo l'audience della tv di casa. Nelle rilevazioni entrano anche i nuovi dispositivi. Ma restano fuori le piattaforme web più diffuse. E conta solo la pubblicità, non la qualità
La tv non è solo quella di casa ma anche quella su cellulari, tablet e computer

La tv non è solo quella di casa ma anche quella su cellulari, tablet e computer

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Bisogna varcare una porta blindata per entrare. Tanto deve essere protetto e discreto il luogo. In una palazzina poco distante dal Duomo di Milano si trova il quartier generale dell’Auditel, la “segreta” società che rileva gli ascolti televisivi in Italia. Poche stanze. Un lungo corridoio su cui si affaccia una decina di porte scure. E un salone. Nulla più nel fortino in cui per trentatré anni – tanti ne ha l’Auditel – non sono mai stati ammessi i giornalisti. Perché nessuno può sapere nel dettaglio come si scatta ogni giorno la fotografia della platea tv della Penisola o chi (e dove) siano le 16mila famiglie “campione”. Adesso, per la prima volta, la società ha fatto outing. Per raccontare quella che viene definita una «rivoluzione». Ossia, il nuovo sistema che permette di “vedere” chi guarda la tv anche su cellulare, tablet, computer, smart-tv (i televisori collegati a Internet) e console per videogiochi. Oggi in Italia sono oltre 112 milioni gli schermi che possono accedere a contenuti video o tv di cui 42 milioni sono le tv tradizionali, 43 milioni gli smartphone, 7 milioni i tablet e altrettante le smart-tv connesse, 19 milioni i pc.

L’obiettivo dell'Auditel resta comunque lo stesso: non certo valutare la bontà o la qualità di un programma, ma vendere pubblicità (e stimare i costi degli spot) in base al numero di spettatori. Nei canali della televisione tradizionale (quella che entra in casa con l’antenna o la parabola satellitare) e adesso nel pianeta web. Con limiti evidenti anche quando si prende in esame l’audience digitale: vengono misurati via Internet soltanto i video di sei editori (Rai, Mediaset, La7, Sky, DeAgostini e Discovery); si fa riferimento unicamente alle loro piattaforme e a quelle con cui hanno stretto accordi; nessun computo delle clip su YouTube; nessuna mappatura degli ascolti di Netflix, Amazon Prime Video, TimVision & C. «Il nostro sistema è l’unico certificato ed è un invito alla trasparenza – sostiene il presidente Auditel, Andrea Imperiali –. Tutti gli altri non dicono neppure quanti siano gli abbonati e basano le inserzioni pubblicitarie sui dati che loro stessi diffondono, senza alcun controllo di terzi». Perché quello che conta è lo spot, anche nei filmati sul web (come del resto in televisione). E il nuovo strumento Auditel è in grado di catturare persino gli ascolti di ogni réclame proposta su Internet («Un primato assoluto», rivendica Imperiali). Non solo. Nel «rispetto della privacy» è possibile conoscere gusti e preferenze dei cyberspettatori. «E poi intercettare un pubblico non abitudinario, in movimento, per lo più giovane», sostiene il presidente di Upa (Utenti pubblicità associati), Lorenzo Sassoli de Bianchi.


Ieri sono state diffuse le prime cifre relative alla scorsa settimana. Per la cronaca, la sfida delle visualizzazioni è stata vinta da Sky (74,3 milioni), seguita da Mediaset (27,2 milioni) e Rai (11,5 milioni). Invece la classifica del tempo dei filmati visti in Rete ha al primo posto Mediaset (2,1 milioni di ore di clip guardate sul web in sette giorni), al secondo la Rai (2 milioni di ore) e al terzo Sky (1 milione di ore).

Più interessanti i numeri aggregati che raccontano il rapporto fra il pubblico e la tv che va oltre lo schermo di casa. Dal 16 al 22 giugno gli italiani hanno visualizzato oltre 119 milioni di clip dei sei editori, per la metà da cellulari e tablet e per l’altra sui computer. Solo l’8% ha riguardato un evento in diretta (come una partita), mentre il 92% sono stati video on-demand. Il picco delle visualizzazioni è all’ora di pranzo e nel primo pomeriggio (dalle 14 alle 16), poi nel dopocena (dalle 21 alle 22).

Nell’ultima settimana le ore di video guardate in Rete sono state 5,6 milioni e, in questo caso, oltre un terzo è stato per programmi in diretta. La Rai spicca proprio per le trasmissioni viste in diretta web con 1 milione di ore. «Non possiamo però parlare di spettatori – chiarisce Imperiali – perché i dati attengono ai device e non agli individui. Di fatto non sappiamo quante persone si trovino davanti a un cellulare e a una smart-tv». Il nuovo metodo Auditel non si basa su un campione ma include tutti i dispositivi attivi, anche se per il momento non sono contemplate le App che entreranno nelle rilevazioni a partire da settembre. L’intento sarà di arrivare nel gennaio 2021 al traguardo della «total audience» della tv, cioè all’integrazione degli ascolti della televisione tradizionale con quelli dei device digitali, attraverso metriche univoche e omogenee.

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