giovedì 2 luglio 2015
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Sarà vera rivoluzione? A ottobre sbarca in Italia Netflix, la più diffusa e potente “tv” americana via Internet che con un paio di clic permette di vedere film, serie e documentari sul televisore, sul computer o sul telefonino. A detta di molti, sarà un «anno zero» della nostra televisione: basta antenna o parabola; basta emittenti generaliste o tematiche; basta palinsesti preconfezionati; basta flussi continui di trasmissioni. Con la tv che arriva attraverso il web si imporrà la logica del «vedo ciò che voglio, a qualsiasi ora e in qualsiasi luogo». E l’approccio alla televisione cambierà definitivamente.Le previsioni sono più ottimistiche che realistiche. Probabilmente la metamorfosi avverrà davvero; ma non sembra dietro l’angolo. E nell’immediato non appare legata a doppio filo all’arrivo di Netflix. Perché il colosso Usa che conta 62 milioni di abbonati in cinquanta Paesi incontrerà nella Penisola una serie di ostacoli destinati a rallentare il suo ingresso nelle famiglie. Connessioni Internet ancora troppo lente e a macchia di leopardo, cataloghi senza grandi novità e in inglese, poca voglia di pagare un abbonamento sul web, scarsi risultati di chi ha lanciato in Italia offerte analoghe, passione ancora forte per la tv tradizionale: ecco i principali freni alla “rivoluzione Netflix” annunciata con enfasi.Uno sguardo oltre le Alpi aiuta a capire. In Francia la piattaforma è in funzione dallo scorso autunno ma gli abbonati si sono fermati a quota 200mila. Risultati ben lontani degli entusiastici pronostici iniziali. E a Parigi e dintorni Netflix poteva contare su condizioni infrastrutturali e abitudini televisive più favorevoli che in Italia. Tutto questo per dire che siamo distanti anni luce dai 42 milioni di utenti che la compagnia vanta negli Stati Uniti dove la tv via cavo è di casa e il criterio «on demand a pagamento» assodato da tempo.Il Belpaese “televisivo” ha tutta un’altra storia (figlia del duopolio ancora sostenuto dalla politica). La tv via web ha bisogno prima di tutto di una rete efficiente che la faccia giungere nei salotti con una buona qualità e senza “strappi”. Invece l’Italia è in coda alle classifiche tecnologiche internazionali. Sono appena 14 milioni le case con una connessione a banda larga necessaria per Netflix. E per lo più sono concentrate nei grandi centri urbani. Ne sono la prova le cifre del digital divide di ciascuna regione che registrano picchi in Molise, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Basilicata e Valle d’Aosta. Va ancora peggio sul fronte della banda ultra larga: secondo la Commissione europea, la Penisola è penultima, appena sopra la Grecia, con una copertura territoriale del 36% rispetto a una media Ue del 68%. Anche la nostra velocità di connessione è ridotta all’osso: appena 6,1 Mbit al secondo (stando al rapporto Akamai); in Irlanda, Olanda o Svezia si raggiunge quasi il triplo. Neflix spiega di avere un algoritmo che adatta il servizio alle condizioni della rete per evitare interruzioni ed è pronta a stringere accordi con le compagnie telefoniche per farsi “trasportare” fin dentro le abitazioni (Telecom Italia si è già dichiarata decisa ad accoglierne i contenuti). Non è una via d’uscita il ricorso alla telefonia mobile: per un’ora di “trasmissione” sugli smartphone e sui tablet servono novecento megabyte quando in genere gli operatori offrono un gigabyte al mese.Anche il pacchetto di titoli che Netflix mette a disposizione può risultare non così trascinante. Ed è la mancanza di contenuti appetibili che non ha convinto il pubblico francese. Il catalogo proposto è di oltre 100 milioni di ore ma in gran parte sono prodotti di repertorio. A ciò si aggiungono ogni anno 320 ore realizzate in esclusiva: sono, ad esempio, le serie originali di successo mondiale House of cards o Orange is the new black che però in Italia già si vedono anche senza Netflix perché la società ha venduto i diritti a Mediaset e Sky. Principale titolo su cui la piattaforma punterà a ottobre sarà la serie Marco Polo girata a Venezia. Da notare che i prodotti Netflix “parlano” soprattutto inglese. La compagnia americana fa sapere che in gran parte saranno doppiati in italiano per venire incontro al nostro pubblico e non si limiteranno a essere soltanto sottotitolati. Inoltre non ci saranno produzioni per il solo mercato italiano. Poi resta la questione delle finestre temporali per la distruzione dei film: secondo le disposizione in vigore, devono passare dai 4 ai 12 mesi prima che una pellicola uscita nelle sale possa andare sul web. Una barriera per la piattaforma Usa che addirittura vorrebbe offrire i film nello stesso giorno in cui arrivano nei cinema.La tv a pagamento in streaming deve fare i conti anche con l’idea (dominante in Italia) che i contenuti Internet sono di per sé gratis. E quindi aprire il portafoglio per accedere al web è una prassi tutt’altro che consolidata. Non solo. Dimostra il caso Sky Italia (il colosso via satellite con quattro milioni di abbonati) che gli italiani sono disposti a pagare per vedere la tv quando c’è di mezzo lo sport con il calcio in testa. Su cinema o serial fanno molta più fatica. Certo, Netflix scommette sui costi contenuti: dai 7,99 euro al mese agli 11,99 per avere film in alta definizione e in più dispositivi. Però servizi simili già presenti nel Paese hanno ancora numeri limitati. Infinity (targata Mediaset) e Sky online sono esperienze di nicchia insieme con Timvision e Chili. A conti fatti, l’unica platea tv che cresce davvero è quella del digitale terrestre: la televisione del quotidiano che piace a ragazzini e anziani unendo le generazioni, che fa tendenza e crea personaggi, che detta modelli e punti di vista (a volte deleteri). Una tv “vecchia” che comunque resta cresta dell’onda. Nonostante Internet e probabilmente Netflix.
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