giovedì 14 agosto 2014
​Per la prima volta la squadra argentina vince la Coppa Libertadores, la Champions latinoamericana, ed ora vuole portarla al suo tifoso più famoso: Bergoglio
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«E adesso andiamo a Roma, in Vaticano a festeggiare con il nostro supertifoso papa Francesco!». È il coro gioioso che parte dai “cuervos”, i tifosi del San Lorenzo de Almagro che, sotto il cielo di Buenos Aires, hanno visto i loro eroi in campo alzare la Coppa Libertadores. Il San Lorenzo, la squadra del cuore di papa Bergoglio, battendo 1-0 i paraguayani del Nacional de Asunción, ha messo nella sua bacheca la prima Champions sudamericana della sua storia. Giovedì o venerdì della settimana prossima una delegazione del San Lorenzo porterà la Coppa Libertadores al Papa: lo ha assicurato Marcelo Tinelli, vicepresidente del club argentino Tinelli e un gruppo di giocatori e dirigenti del club torneranno quindi a visitare il Papa, sottolineano i media locali, così come hanno fatto lo scorso dicembre dopo aver vinto il campionato "Inicial" del calcio argentino. Partendo ieri da Roma per la Corea del Sud, il Papa non aveva dimenticato la sua passione calcistica, soprattutto proprio nei confronti del San Lorenzo. A rivelarlo a una radio di Buenos Aires era stato monsignor Guillermo Karcher, il prelato argentino che si occupa del protocollo vaticano. "Stava preparando le sue cose" in vista della partenza "e gli ho detto che oggi era un giorno importante, a causa del viaggio, ma anche della partita", aveva raccontato Karcher. Il Papa si era "messo a ridere e aveva detto di sperare in buone notizie all'arrivo in Corea".

Una storia, quella del San Lorenzo, che è cominciata in oratorio. «Io in oratorio ho un campo dove potete giocare e ve lo concedo, voi in cambio venite a messa e al catechismo». Questo fu il “contratto” che padre Lorenzo Bartolomè Martín Massa stipulò verbalmente con i ragazzi dell’antico Barrio de Almagro, perdutamente innamorati del gioco del fùtbol. Figlio di emigranti torinesi, cattolicissimi, (anche le sue due sorelle avevano preso i voti), a 16 anni (nel 1898) entra nei salesiani e, fedele all’insegnamento di san Giovanni Bosco, unisce all’educazione scolastica la pratica sportiva. Una fusione valoriale perfetta, alla quale padre Lorenzo si era allenato negli anni trascorsi al collegio Pio IX, dove insegnava prima di essere inviato al Barrio de Almagro. Lì il 1° aprile del 1908, nel suo oratorio di Sant’Antonio, fonda la squadra alla quale il Gianella, un giovane del barrio, propone che nell’intitolazione padre Lorenzo figuri “santificato”. Da qui spiegato il nome dell’Atlètico San Lorenzo, ma padre Massa rifiutava un simile onore. «Propose di mantenere il nome per ricordare sia la figura del santo, sia la Battaglia di San Lorenzo del 1813: la prima vittoria per le Province unite del Río de La Plata sugli spagnoli, durante la guerra d’indipendenza argentina», spiega Stefano Borghi nel suo libro San Lorenzo de Almagro. La squadra del cuore di Papa Francesco". La “fede” calcistica di papa Bergoglio per il San Lorenzo, ai tempi in cui era arcivescovo di Buenos Aires, è diventata di dominio “universale” il 13 marzo 2013, il giorno dopo la sua elezione a pontefice. Da allora, si è andati a scavare alle radici della passione sportiva del giovane Bergoglio, che con rugby e pallacanestro non disdegnava le partitelle a calcio all’oratorio di padre Massa. Sfide da «amateur», lo spirito che papa Francesco lo scorso 13 agosto ha invitato a mantenere anche alle stelle del calcio Messi e Balotelli, che ha ricevuto in Vaticano con le rispettive nazionali d’Italia e Argentina. Sul campetto oratoriale, il Papa da ragazzino ha palleggiato con Alfredo Di Stéfano, «ai tempi suo compagno di scuola diventato poi il più grande giocatore del Real Madrid», sottolinea Borghi. Ma il giovane Jorge Mario si distingue più sugli spalti che come calciatore. Con il padre frequenta il vecchio Gasómetro, lo stadio simbolo del Boedo (sostituito il 16 dicembre del 1993 dal nuovo Gàsometro) “espropriato” nel 1979 dalla dittatura di Videla. Di tutte le squadre della sua gioventù, papa Francesco ha ricordi vivissimi e si diverte spesso a snocciolare la sua «formazione del cuore». Quella che vinse il titolo nazionale del 1946, la squadra de “El Terceto de Oro”, «Farro-Pontoni-Martino» che interruppe la supremazia ultradecennale del River Plate e del Boca Juniors. Renè Pontoni rimane il piccolo eroe esemplare del sanlorencista Bergoglio che, sempre rivolgendosi a Messi e Balotelli, alla vigilia dell’amichevole per il Papa all’Olimpico di Roma, chiese con dolce ironia: «Chissà se qualcuno di voi riuscirà a fare un gol come quello di Pontoni, che ne dite?». Interrogativo legittimo di un innamorato dei "cuervos" (i corvi del San Lorenzo) che con orgoglio custodisce la tessera di socio – n. 88.235 – rinnovata e consegnatagli direttamente in Vaticano dal vicepresidente Marcelo Tinelli. «Questa tienila da conto che è “sacra”, sussurrò, nel riceverla, al suo assistente papa Francesco. Sacralità che si riconosce fin dai colori delle maglie dell’amato club: il rosso e il blu, che sono anche quelli del manto della Vergine Maria Ausiliatrice, la più venerata dai salesiani e festeggiata ogni 24 maggio dai tifosi. Oltre il tridente d’oro del ’46, oggi al San Lorenzo riconoscono un’altra “trinità”, quella di società fondata da un «parroco-santo», che ha l’onore di avere un Papa tifoso e un calciatore “martire”: Jacobo Urso, figlio di italiani anche lui, che durante una partita contro l’Estudiantes, nel 1922, in uno scontro di gioco riportò la perforazione del polmone. Indomito continuò a giocare fino a fare il cross per il gol vincente. Poi cadde sfinito a terra e ricoverato in ospedale morì dopo due settimane. Urso era poco più che un ragazzo (23 anni), come il nuovo talento, l’attaccante Ángel Correa, classe 1995, che dopo aver trascinato il San Lorenzo alla conquista del 15° titolo è stato acquistato dall’Atletico Madrid allenato dal “Cholo” Diego Simeone. Una garve forma tumorale ora ha fermato Correa che prega di tornare in campo prima possibile, aggrappandosi alla fede e alla protezione di papa Bergoglio che lo cresimò il giorno dell’inaugurazione della cappella privata nella sede del San Lorenzo. E lì tutti ora aspettano il ritorno del “Papa Cuervo” per una Santa Messa che sia d’auspicio a quello che i tifosi del San Lorenzo considerano, se si realizzerà, il “terzo miracolo” di Francesco. Dopo lo scudetto e la Libertadores, sarebbe quella Coppa del mondo per club, contro i galattici del Real Madrid. Battere le merengues del Pallone d’Oro Cristiano Ronaldo, al momento sembra una missione impossibile. Ma i Cuervos in festa rispondono in coro: «Con papa Francesco al nostro fianco, nulla è impossibile».

 

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