martedì 25 maggio 2021
Gli scavi condotti dalla Normale di Pisa hanno fatto emergere un monumentale edificio pubblico che chiudeva l'agorà. Sulla base di una statua lo "sponsor": Diodoro, figlio di Tittelo
Il tempio di Segesta, in provincia di Trapani

Il tempio di Segesta, in provincia di Trapani - WikiCommons/CCby4.0

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Gli scavi della Scuola Normale Superiore di Pisa nel Parco Archeologico di Segesta, in provincia di Trapani, hanno portato al rinvenimento di un nuovo edificio monumentale, nei pressi del portico che chiudeva l'antica agorà, con la base di un'antica statua su cui sono incisi il nome e le opere di un personaggio che sostenne finanziariamente e curò opere monumentali di edilizia pubblica.

«Sono risultati importantissimi, che dimostrano il fondamentale ruolo che ricopriva la munificenza delle grandi famiglie nella storia della Sicilia antica e il rilievo che veniva dato ad esse nei luoghi più strategici - commenta la direttrice degli scavi Anna Magnetto, professoressa Storia greca alla Scuola Normale Superiore e direttrice del Laboratorio Saet - proprio come avviene adesso con i grandi sponsor di restauri e di eventi».

Dallo scorso 3 maggio l'équipe della Scuola Normale Superiore, con studenti specializzandi e dottorandi provenienti da varie Università, ha ripreso le indagini nell'agorà di Segesta e i suoi edifici pubblici. La piazza di Segesta fu costruita su tre terrazze digradanti, dal II secolo a.C., secondo modelli urbanistici e monumentali diffusi nelle città e nei santuari del Mediterraneo, dall'Asia Minore all'area egea e a quella italica.

«Lo scavo - spiega Maria Cecilia Parra, docente a Pisa di Archeologia della Magna Grecia e della Sicilia antica - si è svolto sul versante meridionale della grande piazza, dove un portico (stoa) monumentale chiudeva l'agorà. Fu costruito realizzando grandi tagli della roccia, come hanno chiarito le possenti opere di sostruzione messe in luce lungo il pendio: un complesso imponente quanto quello sul lato nord riportato alla luce negli anni passati».

Il portico superiore si affacciava sulla piazza, davanti a un edificio monumentale, con una facciata a livello inferiore prospiciente al percorso viario. Qui si apriva un'ampia porta d'accesso, con vani che avevano un'importante funzione pubblica: chi entrava poteva leggere su una base, conservata al suo posto originario, il nome e le opere di un personaggio di spicco a Segesta, uno di quelli che tra II e I sec. a.C. sostennero finanziariamente e curarono monumentali opere di edilizia pubblica: Diodoro, figlio di Tittelo.

«Era la base - come riconosce Carmine Ampolo, professore emerito della Scuola Normale - ben conservata e leggibile, di una delle statue fatte innalzare da questo personaggio, già noto per aver eretto la statua della sorella, sacerdotessa di Afrodite Uranìa, rinvenuta presso il tempio dorico nel XVII secolo. Un'altra iscrizione greca, scoperta presso la porta, arricchisce così il quadro delle testimonianze di evergetismo, ossia di munificenza per la comunità, della Segesta ellenistico-romana: vi compare lo stesso nome che era iscritto su una base di statua (ora a Palermo) nel teatro di Segesta, forse quello del suo finanziatore.
Diodoro dedica qui la statua di suo padre Tittelo, che era stato ginnasiarca e aveva a sua volta finanziato la costruzione di un
edificio per i giovani della città. Tutte queste testimonianze mostrano chiaramente il ruolo che avevano le grandi famiglie nella
storia della Sicilia antica».
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