sabato 4 settembre 2021
Le registe Sahraah Karimi e Sarah Mani chiedono attenzione alla comunità internazionale. «Il mondo ci ha traditi. I talebani mostrano il volto soft, ma sono più crudeli e furbi di prima»
La regista afghana Sahraah Karimi

La regista afghana Sahraah Karimi - Biennale di Venezia

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«Chiediamo alla comunità internazionale del cinema di non abbandonare l’Afghanistan». Il drammatico appello arriva dalle registe afghane Sahraa Karimi, prima presidente dell’Afghan Film Organisation, e Sarah Mani direttamente dalla 78ma Mostra del Cinema di Venezia che ha organizzato un incontro sul cinema afghano. La Mani porta a Venezia Kabul Melody docufilm che racconta l’unica scuola di musica per ragazzi e ragazze fondata dal professor Ahmad Sarmast «che ora è stata completamente distrutta dai talebani» racconta. Mentre la regista Sahra Karimi proprio il 13 agosto, due giorni prima della caduta di Kabul, aveva scritto una lettera aperta per contestare talebani e invitare la comunità internazionale a non abbandonare gli afghani. «Spero che altri film festival seguiranno Venezia – spiega commossa –. Ero nel mezzo alla produzione del mio secondo film, dal mattino alla sera ho dovuto prendere, come tanti, la decisione più importante della mia vita, partire o restare, davanti a noi il collasso dei nostri sogni e della nostra nazione». Molti registi indipendenti sono fuggiti in poche ore, «le menti più brillanti sono andate via – prosegue –. Sognavamo di produrre film per mostrare la bellezza della nostra nazione. Abbiamo supportato i nostri politici, ma loro ci hanno traditi e il mondo ci ha traditi». La regista mette in guardia: «I talebani cercano di mostrare la faccia soft , ma sono crudeli come prima e più furbi perché usano le moderne tecnologie, il cinema e l’audiovisuale per la propaganda, La nostra generazione non lo vuole, per questo chiediamo di supportare la nostra voce. Non dimenticatevi dell’Afghanistan».
Con lei la collega documentarista afghana Sahra Mani: «Noi stavamo combattendo per un Paese migliore ma gli eventi delle ultime settimane ci hanno lasciato senza alcuno strumento. Alcuni giorni fa è stato arrestato un musicista solo perché suonava uno strumento. Come è possibile che dei terroristi internazionali abbiano potuto travolgere una parte del mondo. Oggi è il mio popolo che ha perso tutto ma un domani potrebbe raggiungere un'altra parte del mondo. Dobbiamo interrogarci su cosa possiamo fare», ha sottolineato Mani.
Al panel, moderato dal giornalista Giuliano Battiston, che dal 2007 si dedica all'Afghanistan con viaggi, ricerche e saggi, ha visto la partecipazione di componenti del board dell'International Coalition for Filmmakers at Risk (Icfr), tutti concordi sull'esigenza della creazione di corridoi umanitari e della concessione di status di rifugiati politici per gli artisti.

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