sabato 19 aprile 2014
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«Quando mio marito ed io ci siamo av­venturati in questa gran­de produzio­ne della Bib­bia in tv, a Hol­lywood in tanti ci dicevano che avremmo perso il denaro e la faccia. Oltre 100 milio­ni di spettatori in tutto il mondo li hanno smentiti. Ed ora prepariamo una serie spe­cificamente dagli Atti degli Apostoli». La pro­duttrice  Roma Downey è evidentemente soddisfatta dei record macinati dalla serie tv di 10 ore The Bible, prodotta da lei e dal marito Mark Burnett con la loro Li­ghtWorkers Media, andata in onda con suc­cesso su History Channel nel 2013 e ven­duta in mezzo mondo («ora arriverà anche in Asia» ci anticipa) e da cui è stato tratto il film per le sale Son of God. La Bibbia ha fat­to volare anche gli ascolti su Rete 4, dove si conclude domani in prima serata con la Passione e Resurrezione di Cristo e dove la stessa Roma Downey (attrice diventata fa­mosa per Il tocco di un angelo) si è ritaglia­ta la parte di Maria: «Un grande onore e u­na grande responsabilità interpretare la ma­dre di Dio, ho pregato prima di ogni scena. Perché è un lavoro in cui credo e fatto con amore. Io sono cattolica, cresciuta in Irlan­da – ci spiega la produttrice dalla sua casa di Malibu –. Con mia mamma, morta quan­do ero bambina, recitavamo sempre il ro­sario e mio fratello maggiore è sacerdote. Ecco, attraverso la televisione vogliamo fa­re passare un messaggio: Dio c’è, ti ama e vuole farti felice».  Coniugando fede e business, da buoni a­mericani pragmatici i coniugi Burnett han­no pensato di proseguire l’avventura. Que­st’estate inizieranno le riprese di A.D., la nuo­va serie di 12 ore tratta dagli Atti degli Apo­stoli, in onda nella primavera del 2015 sulla rete americana Nbc. «Racconteremo la sto­ria a partire dagli ultimi momenti della Cro­cifissione e dalla Resurrezione, seguendo poi le vicende degli apostoli Pietro, Tommaso, Giovanni – spiega –. E, se andrà bene, pro­seguiremo con un’altra serie di 12 ore tutta su san Paolo». Inevitabile una certa spetta­colarizzazione in linea con le regole di Hol­lywood. «Sarà una sorta di Band of brothers (la serie sulla Seconda Guerra Mondiale pro­dotta da Spielberg) della fede. Seguiremo gli Apostoli nei loro momenti di sbandamen­to, di confusione, di pericolo, di paura, e ve­dremo come si sono organizzati diffonden­do la Buona Novella. La storia del cristiane­simo passa attraverso prove molto dure». La Downey promette però rigore: «Certo ci sa­ranno musica, effetti speciali e azione. Ma sa­remo fedeli al testo. Come nella Bibbia cerchiamo di non creare divisioni e di non offendere nessuno, specie gli ebrei. Anzi ab­biamo sempre sottolineato la continuità tra l’Antico e il Nuovo Testamento».  A tale scopo verrà quindi ingaggiato un fol­to team di consulenti interreligiosi: per la Bibbia furono 47, fra cui rabbini, leader pro­testanti, evangelici «e il cardinale Wuerl, ar­civescovo di Whasington, di cui siamo di­ventanti amici» svela Roma. L’intento è dichiaratamente divulgativo: «Cer­to, la Bibbia  tv può avere anche dei momen­ti forti, ma il nostro tentativo è quello di mo­strare degli uomini reali, gente vera con le sue sofferenze e i suoi sogni, in cui il pubblico possa immedesimarsi. Ma noi vogliamo an­che – aggiunge – che passi una storia poten­te e universale, una storia d’amore e di grazia per tutta l’umanità. Una storia che in troppi, soprattutto i giovani, non conoscono. Una volta c’erano splendide vetrate e affreschi nel­le chiese che spiegavano queste storie, il mez­zo di oggi è la televisione. E se una famiglia si siede davanti al piccolo schermo e poi discute della fede, il nostro obiettivo è raggiunto». Ma come si spiega il successo in questo momento del genere religioso, vedi gli incassi del kolossal Noah con Rus­sell Crowe? Per la produttrice è chiaro: «Dentro di noi oggi c’è un vuoto. Ma l’umanità ha fame di una connessione con Dio». E Papa Fran­cesco ha colto in pieno questo bisogno profondo. «Amo questo Papa, da quando è stato elet­to ho visto tornare a messa nella mia chiesa tanta gente che non la frequen­tava più. A fine aprile sarò a Roma, spero al­meno di salutarlo da lontano, in mezzo alla fol­la di piazza San Pietro».
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