domenica 4 ottobre 2009
Dopo aver suscitato interesse e commozione in tutto il mondo, la mostra dei manoscritti della più piccola e celebre vittima della Shoah approda nella casa dove si nascose fino al 1944, quando fu deportata nel lager dove morì appena sedicenne.
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Solo nel corso di questo 2009, la mostra itinerante «Anne Frank. Una storia attuale», organizzata dalla fondazione di Amsterdam che si occupa della casa-museo di Anna Frank, è stata esposta in più di cento località in tutto il mondo, dagli Stati Uniti all’Indonesia, dalla Francia ad Israele. Un segno evidente dell’interesse appassionato che ancora suscita la vicenda di questa adolescente vissuta nascosta per più di due anni ad Amsterdam, deportata ad Auschwitz e morta a Bergen Belsen. La sua storia è stata rivelata al mondo dal suo Diario, consegnato, ritrovato da Miep Gies dopo l’arresto di Anna e dei suoi, e da lei consegnato al padre Otto, unico sopravvissuto alla deportazione. Otto Frank fece pubblicare il Diario nel 1947 sotto il titolo L’alloggio segreto. Esso copre il periodo tra il giugno 1942 e l’agosto 1944, data dell’arresto, con un’interruzione fra il dicembre 1942 e il dicembre 1943, dovuta alla perdita del quaderno che lo conteneva. Un testo delicato, di un’adolescente colta, curiosa, piena di vita, scritto sotto forma di lettere all’amica Kitty, il suo alter ego, dapprima per trovare una valvola di sfogo nella situazione drammatica che viveva, poi riscritto parzialmente su fogli volanti, dopo aver ascoltato per radio l’invito da parte del governo olandese in esilio a scrivere quanto si aveva davanti agli occhi, per mantenerne memoria ed offrirne testimonianza. E non è questo l’aspetto meno significativo di questo testo, nato come un diario e poi divenuto testimonianza consapevole e meditata. Il Diario fu subito tradotto in inglese, tedesco, francese, ma la storia della ragazzina ebrea vissuta per due anni nascosta nell’alloggio segreto di Amsterdam divenne veramente famosa solo nel 1956, quando se ne trasse un’opera teatrale che vinse il premio Pulitzer. Il successo, l’emozione, l’interesse furono incontenibili e sembrò, dopo tanto silenzio e tanta rimozione, che si fossero rotti degli argini e che la tragedia della Shoah emergesse di colpo alla storia. In Italia, la versione teatrale del Diario fu rappresentata dalla Compagnia dei Giovani, con una straordinaria Annamaria Guarnieri che interpretava Anna. Ricordo di averla vista al teatro Eliseo, a Roma, con la mia classe, e ricordo anche che fu la prima volta che ci portarono con la scuola a teatro. Gli anni successivi furono anni in cui la storia di Anna Frank divenne conosciuta da tutti, letta in tutte le scuole. Nel 1960 la casa di Amsterdam dove i Frank e i loro amici si erano invano nascosti, divenne un museo, dove ormai più generazioni di visitatori e studenti si sono recati in pellegrinaggio. Ed è proprio qui, in questa casa-museo, che verranno prossimamente esposti tutti gli scritti originali di Anna: raccontini, citazioni, appunti, insieme alle due diverse redazioni del Diario. Con il processo Eichmann, che portò sotto la luce dei riflettori decine di testimoni dei campi di sterminio nazisti, e con Se questo è un uomo di Primo Levi, il Diario di Anna Frank fu la leva che scoperchiò il silenzio sulla Shoah degli anni successivi alla guerra, l’inizio del processo di costruzione memoriale.Non che non ci fossero stati tanti libri importanti di memorie, tante testimonianze preziose affidate alla scrittura e pubblicate nell’immediato dopoguerra. Ma il successo del Diario aprì la strada alla rilettura di quelle opere. Molte erano state ignorate, e solo dopo il Diario vennero riprese, riconosciute. Così Se questo è un uomo di Primo Levi, pubblicato nel 1947, lo stesso anno del Diario, in poche copie da una piccola casa editrice, la De Silva, e ripubblicato da Einaudi nel 1956. Proprio per la sua grande diffusione, per la sua capacità di scuotere gli animi e rompere i silenzi, il Diario di Anna Frank è divenuto uno degli oggetti privilegiati degli attacchi dei negazionisti, che ne hanno sostenuto, e ancor ne sostengono – basta navigare un poco su internet per accorgersene – la falsità. Tutti i loro argomenti si sono rivelati menzogneri: dall’accenno di Anna all’uso dei gas, che rivela non una redazione posteriore alla Shoah, ma solo che la ragazzina ascoltava le trasmissioni radio dove dei gas si parlava già nel 1943, al presunto uso di penne biro, all’epoca ancora non inventate, che si sono rivelate essere state usate solo in un foglietto scritto molti anni dopo dai periti. L’unica argomentazione reale, su cui i negazionisti hanno sguazzato a piene mani, è il fatto che l’edizione pubblicata dal padre di Anna, Otto Frank, aveva tagliato alcune frasi troppo intime, troppo legate ai turbamenti adolescenziali di Anna e ai suoi difficili rapporti con la madre, a sua volta morta ad Auschwitz. Recentemente, tutte le versioni sono state pubblicate insieme e messe a confronto in un’edizione critica pubblicata in Olanda e tradotta in italiano da Einaudi (I diari di Anna Frank. Edizione critica, a cura di David Barnouw e Gerrold Van der Stroom, Einaudi 2002), dove si analizzano anche le prove della sua autenticità. Ora il Diario di Anna Frank, già poesia, e poi pilastro della nostra capacità di non dimenticare, è divenuto storia.
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