mercoledì 13 maggio 2009
Pur girata con buona tecnica e discreto ritmo la pellicola di Ron Howard con Tom Hanks, tratta da Dan Brown, inanella una serie di strafalcioni per imbastire un thriller su un complotto in Vaticano.
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Il film Angeli e demoni, che esce oggi nei cinema italiani, come il precedente Codice da Vinci (trat­to da un altro libro dello stesso au­tore, Dan Brown, e diretto dal medesimo regista, Ron Howard) mira a trar­re profitto da calcolate provocazio­ni anti-cattoliche. Ovvio che, come spiegano gli esperti del marketing, «qualsiasi studio pubblicitario de­sidera creare polemiche attorno ad una pellicola così costosa. Ma la po­lemica non si può farla da soli. C’è bisogno di un partner». Ecco per­ché la produzione sperava e spera di provocare dure reazioni nei cat­tolici: vuole ulteriore e gratuita pub­blicità all’ultimo film interpretato dal divo hollywoodiano. Solo che stavolta, rispetto al Codi­ce da Vinci le provocazioni (pur ac­compagnate da immagini spesso molto ben girate) sono così grosso­lane da apparire in definitiva ridi­cole. Lì un furbo mix tra storia e fan­tasia conferiva falsa scientificità ad­dirittura alla negazione della divinità del Cristo. Qui, oltre al solito corollario di banalità gratuite con­tro la Chiesa, si arriva ad accusare un papa e tutto il sacro collegio di coprire quattro delitti di altrettanti sedicenti cardinali, e si tenta di far passare per 'santo' il mandante dei medesimi (che, tanto per gradire, è il giovane segretario del Papa pre­cedente, nonché – con strafalcione che la dice lunga sulla preparazio­ne 'scientifica' degli autori – anche il 'camerlengo'; cioè il decano dei cardinali, senza neppure essere car­dinale). Il risultato di questo guazzabuglio hollywoodiano è un torvo giallone in stile barocco-funerario, che, gra­zie al ritmo del racconto ha alme­no il pregio di annoiare meno del precedente. Anche se resta solo u­na colossale sciocchezza. Una «pa­tacca » come dicono i romani, rife­rendosi ai falsi che vengono venduti ai pellegrini in piazza San Pie­tro.Quel che colpisce – semmai – è la calcolata indifferenza ostentata da autore, regista e interprete, circa la possibilità che simili fantasie e fal­sità possano offendere. «Se qualcu­no ritiene che questo film possa ir­ritarlo, non vada a vederlo» ripete il regista Ron Howard. Tom Hanks, in­vece, sogghigna. Un giornalista gre­co gli chiede: «E se invece di attac­care la fede cattolica, Angeli e de­moni se la fosse presa con quella greco-ortodossa alla quale appar­tiene sua moglie, come l’avrebbe presa?». Tom prima fa il superiore. «Non avrei avuto alcun problema». E poi svicola dall’imbarazzo con u­na battuta: «Però dovete riconosce­re che, come ambientazione, è mol­to più suggestiva Roma che Co­stantinopoli». In mancanza di polemiche così forti da alimentare la macchina pub­blicitaria del film, gli autori hanno provato anche a fare un po’ di vitti­mismo denunciando «la censura del Vaticano a girare scene in piaz­za San Pietro». Un’altra «patacca». Il divieto, infatti, vale per tutti i film e le fiction. E da anni. In mezzo a tante imprecisioni, c’è un’osservazione del regista Ron Howard che ci vede completamen­te d’accordo. «In fondo si tratta so­lo di un film. E nonostante qualun­que successo avrà, le persone con­tinueranno lo stesso a credere e ad andare in chiesa». L’importante sta­volta è non andare al cinema, e sconsigliare gli amici a farlo.
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