Nel calcio italiano ci sono tanti
trasferimenti, ma, risultati internazionali alla mano, di
campioni ne circolano veramente pochi. In compenso continuano a
crescere i debiti della Serie A, mentre non si ferma l'emorragia
di spettatori nei campionati professionistici italiani (un
milione in meno), con l'eccezione della serie A, che ha
registrato un aumento di 223 mila unità.
La fotografia che offre il "ReportCalcio 2014", pubblicato dal Centro studi, sviluppo ed iniziative speciali della Federazione italiana gioco calcio con la collaborazione dell'Agenzia di ricerche e legislazione (Arel) e Pwc, e
presentato oggi a Roma, conferma le difficoltà del calcio
nostrano, soprattutto in termini di appeal.
Complici anche gli stadi obsoleti. Diminuisce infatti il
numero di spettatori: che passano dai circa 13,2 milioni nel
2011-2012 ai 12,3 nel 2012-2013. In controtendenza, coem detto, la Serie A i
cui ricavi da stadio, nel campionato 2012-2013, per la prima
volta dopo cinque anni, tornano a salire dell'1,8% (quelli
complessivi delle tre leghe scendono invece dal 4,1% al 3,9%),
grazie al maggior numero di biglietti staccati (da 8 milioni 362
mila a 8 milioni 585 mila).
Perde quota invece la Serie B (da 2
milioni 941 mila a 2 milioni 269 mila), la Prima Divisione della
Lega Pro (da 1 mln 289mila a 1 mln 29mila) e la Seconda
Divisione (da 573mila a 445mila).
In termini di affluenza media per partita, però, i club
italiani riescono a superare soltanto quelli francesi (22.591
tifosi contro i 19.211 della Ligue 1). Il primato che spetta
alla Bundesliga tedesca con 42.624 spettatori.
"È indecente la percentuale dell'8% determinato dai ricavi
da stadio - dice il presidente del Coni, Giovanni Malagò alla
presentazione dello studio, svoltasi presso la Sala Polivalente
della Presidenza del Consiglio -. Tra un pò arriviamo a zero.
Forse è dovuto anche al fatto che i diritti tv sono talmente
cresciuti, ma questa è la vera sfida: arrivare al 25-30%".
Le due maggiori fonti di ricavo, infatti, continuano ad essere i
diritti tv e le plusvalenze da cessione di calciatori che,
insieme, costituiscono il 58% del valore di produzione: il 38%
(poco più di un miliardo) dalle tv mentre il 20%, 536 milioni,
dalle plusvalenze.
Il calcio italiano è particolarmente attivo sul fronte del
mercato: nelle stagioni 2011-2012 e 2012-2013 si sono registrati
ben 2.533 trasferimenti, per un valore pari a un miliardo e
863mila euro (circa il 46% del totale delle cinque maggiori
leghe europee). Tuttavia il 51% dei trasferimenti è
rappresentato da prestiti (con i trasferimenti a titolo oneroso
che hanno contribuito per il 34% mentre il rimanente 15% è
costituito da trasferimenti a parametro zero). Di questi, 379
(il 15% del totale) è avvenuto tra club di Serie A, mentre 745
(29%) in entrata da club non militanti nella massima serie e
1.409 (56%)in uscita.
Tradotto: il valore dei trasferimenti
interni tra i club di A è stato pari a 711 milioni di euro; il
38% dei flussi di cassa totali generati è quindi rimasto
all'interno della Serie A. "Il 51% dei trasferimenti sono
prestiti - rileva il presidente della Figc, Giancarlo Abete -,
sintomo che c'è qualche difficoltà. Negli anni siamo passati poi
dal 29% di giocatori non selezionabili dalle nostre nazionali al
54,5% e la crescita media dei risultati dei nostri club non c'è
stata. È un errore in termini strategici non operare sulla
valorizzazione dei vivai".
Anche perché continuano a crescere i
debiti della Lega maggiore: l'1,9% in più rispetto alla stagione
2011-2012 e vicini a toccare i tre miliardi di euro (2.947
milioni). Nonostante tutto il valore della produzione del calcio
professionistico sale dell'1,3% (2696 milioni di euro). Una
delle poche note positive in un Paese in crisi come l'Italia.