venerdì 14 giugno 2019
Arriva in prima traduzione italiana un importante nucleo di "racconti cristiani" di Akutagawa Ryunosuke, l’autore di "Rashomon", da cui Akira Kurosawa trasse il celebre film
Lo scrittore giapponese Ryunosuke Akutagawa (1892-1927)

Lo scrittore giapponese Ryunosuke Akutagawa (1892-1927)

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La bellezza di Sua Signoria si rivela all’ultimo, nell’istante in cui la donna solleva i capelli per offrire il collo alla spada. Prima abbiamo conosciuto la sua durezza, la sua alterigia, la devozione quasi ossessiva per Deusu, ovvero il Dio al quale i cristiani si rivolgono con il monotono appellativo di noster. Sua Signoria si è convertita alla religione dei nanban, i “barbari del Sud”, e ha assunto il nuovo nome di Garasha, che significa Grazia, ma non ha rinunciato alla severa eleganza della tradizione nobiliare nipponica. Quando comprende che i nemici stanno per sferrare l’attacco decisivo, si sottrae all’umiliazione della sconfitta attraverso il suicidio rituale, ignorando che questo per la Chiesa è un peccato imperdonabile. Eppure, nonostante tutto, nella sua morte c’è una compiutezza che misteriosamente sfiora la santità.

Questa, almeno, è la sensazione trasmessa da Il diario dell’ancella Ito, un testo di Akutagawa Ryunosuke finora inedito in Italia e ora proposto da Andrea Maurizi in Lucifero e altri racconti, un volume interamente dedicato ai cosiddetti kirishitan mono (lo pubblica Lindau, in libreria dal 20 giugno e già disponibile online sul sito della casa editrice). Nella produzione narrativa di Akutagawa, le “storie dei cristiani” vengono a costituire quasi un genere a sé stante, che con il tempo assume un’importanza sempre maggiore: più che rievocazione di un’epoca (in Giappone il “secolo cristiano” va dall’azione evangelizzatrice intrapresa dai missionari gesuiti nel 1549 fino al culmine delle persecuzioni nel 1639) questi racconti diventano il documento di un’inquietudine. Il 24 luglio 1927, del resto, anche Akutagawa sceglie la morte volontaria, come la protagonista del Diario dell’ancella Ito, ma lo fa abbracciando la sua Bibbia in giapponese, che negli ultimi anni ha insistentemente interpellato e interpretato.

L’esito compiuto di questo corpo a corpo con l’insondabile Deusu è rappresentato dai due lunghi articoli postumi su L’Uomo da Occidente, che il nuovo Lucifero rende finalmente disponibili in italiano. In queste pagine Akutagawa non compone una sua “storia di Cristo”, ma cerca di dare forma organica agli appunti scaturiti dalla lettura dei Vangeli (ha una predilezione per l’essenzialità di Marco, ma non può non ammirare la «dolcezza artificiale» di Giovanni). Si identifica così in un Gesù bohémien e «giornalista », nel senso di poeta e cronista del destino umano. La sua vita, osserva Akutagawa in una frase dal significato tanto oscuro quanto suggestivo, «è come la scala crudelmente spezzata che, abbandonata in terra sotto una pioggia battente e un cielo cupo, noi useremo per ascendere dal cielo alla terra». Il rovesciamento finale potrebbe essere dovuto a un errore materiale, ma non bisogna dimenticare che Akutagawa è davvero – come sostiene lo scrittore inglese David Peace – il Kafka giapponese: un Kafka, però, che all’astrazione del fantastico preferisce i fondali di un passato meticolosamente ricostruito sul piano linguistico e stilistico.

Nato nel 1892 a Tokyo in una modesta famiglia di commercianti e incoraggiato agli esordi dal maggior autore dell’epoca, Natsume Soseki, Akutagawa è universalmente conosciuto per i racconti da cui nel 1950 il regista Kurosawa trasse il capolavoro Rashomon. La struttura di quel film, dove il medesimo episodio è ricostruito mediante un contraddittorio intreccio di testimonianze, ritorna in un altro degli inediti presenti nel libro curato da Maurizi, Un debito di riconoscenza, all’interno del quale il cristianesimo è ancora una volta oggetto di attrazione e di contestazione.

Nelle prime righe dell’Uomo da Occidente è lo stesso Akutagawa ad ammettere di essere stato a lungo «artisticamente infatuato» da molti aspetti del cattolicesimo, in particolare dalla «psicologia dei martiri». Uno dei più noti fra i suoi kirishitan mono, ovvero Morte di un cristiano (giustamente ripreso in Lucifero insieme con una manciata di altri racconti già precedentemente tradotti in italiano), è appunto il resoconto di un martirio che prende i connotati di una trasfigurazione febbrile, nella stessa direzione segnata per esempio dall’ambiguo e commovente Gesù di Nanchino.

Ma anche in Lucifero, l’inedito da cui deriva il titolo della raccolta, la rievocazione della figura dell’apostata Fucan Fabian (1565-1621) cede presto il passo a una fantasmagoria nella quale bene e male tendono a scambiarsi di posto: «Se gli uomini si sforzano di non commettere i sette peccati capitali – argomenta il tentatore –, noi demoni lottiamo senza sosta per non cedere alle sette terribili virtù».

«Anche Cristo è stato uno di quegli autori che non hanno potuto fare a meno di inserire la propria vita nell’indice delle proprie opere», annota Akutagawa in un passaggio del cruciale L’Uomo da Occidente. Qui come altrove, lo scrittore ci sta dicendo qualcosa di sé, del doppio movimento e della duplice impossibilità in cui si trova coinvolto. Da un lato, infatti, agisce la resistenza del Giappone all’accoglienza di altre fedi religiose: un tema che, affrontato da Akutagawa in racconti come Il sorriso della divinità e Il tabacco e il diavolo, sarà poi sviluppato da Endo Shusaku nel celebre romanzo Silenzio (1966). E tuttavia, nello stesso tempo, per Akutagawa il cristianesimo continua a esercitare un richiamo irresistibile: «Nessuno di noi – scandisce in parole che hanno il tono di un testamento –, proprio come i viandanti verso Emmaus, potrà fare a meno di cercare Cristo, l’uomo che ha acceso i nostri cuori».

© RIPRODUZIONE RISERVATA Akutagawa Ryunosuke Lucifero e altri racconti Lindau Pagine 208. Euro 19,50 CLASSICI Lo scrittore Akutagawa Ryunosuke (1892-1927).

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