lunedì 22 agosto 2011
Da Eto’o a Seedorf, da Drogba a Weah: tanti big del calcio nati nel continente nero scendono in campo con progetti umanitari nei propri Paesi d’origine
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Moralizzare il calcio vorrebbe dire anche sgonfiare le sue cifre stellari, anzi folli. Secondo gli estremi difensori della morale infatti, uno degli “scandali” del calcio moderno sono i tanti, troppi milioni che circolano e che finiscono nei conti bancari dei suoi divi-protagonisti. Però nello spettacolo poco edificante degli ingaggi assurdi e dello scarso fairplay finanziario, auspicato dalla Uefa, bisogna anche riconoscere che forse poche industrie come quella del pallone alimentano i progetti umanitari, portano sollievo ai deboli della terra e a volte in Africa sono in grado di costruire autentiche “cattedrali nel deserto”. I calciatori africani sono sicuramente i più attivi sul fronte solidale, con le fondazioni dei club di appartenenza, oppure mobilitandosi in prima persona con le loro organizzazioni. Partendo dagli “africani d’Italia” si scopre che la gazzella Eto’o, oltre ad essere sempre stato in prima linea con Inter Campus in questo biennio nerazzurro, nel suo Camerun da anni con la sua Fondazione è attento all’istruzione dei ragazzi e soprattutto finanzia il sistema sanitario con la donazione di decine di ambulanze. L’ex interista Kanu, diventato famoso più per le sue malformazioni cardiache che lo resero non idoneo per il nostro campionato, in Nigeria ha realizzato la “Kanu Heart Foundation” che si occupa proprio di sostenere staff medici per interventi chirurgici al cuore. Oltre 400 finora le persone, tra queste molti bambini salvati dalle gravi patologie cardiache tanto diffuse nella popolazione del continente nero. La mortalità infantile è una delle piaghe principali della Liberia insieme al tasso di analfabetismo. Per questo l’ex Pallone d’Oro del Milan George Weah, che si era anche candidato per la presidenza del suo Paese, dal 1994 porta avanti un progetto di scolarizzazione con un club di calcio il Junior Professionals. «Gioca solo chi frequenta anche la scuola», è stato il monito di Weah, fin dalle origini del club che in questa squadra speciale accoglie tanti ragazzi rimasti orfani per colpa della guerra civile. Una realtà atroce che conoscono anche i ragazzi della Sierra Leone dell’ex bomber Mohammed Kallon, anche lui rimasto agli annali più per la squalifica per doping che per le reti che avevano tenuto in corsa-scudetto l’Inter di Gigi Simoni. Tornato in patria, Kallon ha fondato una squadra che porta il suo nome (la Fc Kallon che ha vinto il titolo nazionale nel 2006) così come è intitolata a lui la “Children’s Foundation” con la quale ha messo in salvo centinaia di ex bambini-soldato. In Ghana l’ex difensore del Chievo John Mensah, insieme al connazionale Ayew ha fondato “Peace Kids Project” che si occupa di dare un tetto e istruzione ai bambini orfani. Il loro illustre collega del Chelsea Essien invece in Ghana ha appena lanciato con la sua fondazione “Reading Goals”, una campagna per l’alfabetizzazione e per la lotta alla malaria. Nel Mali a Bamako, da tempo esiste la “Città dei Bambini”, voluta dal bomber del Siviglia Frédéric Oumar Kanoutè. Keita, l’altro maliano del Real Madrid, a Bamako ha donato fondi per la costruzione di una scuola e una biblioteca. A un anno esatto dai Mondiali del Sudafrica i problemi rimangono nel Paese Arcobaleno e la massa della popolazione che vive nelle baraccopoli si ritrova sempre più isolata. Ad occuparsi dei ragazzi emarginati dei ghetti ci pensa l’ex attaccante del Bari Masinga e l’ex capitano della nazionale dei Bafana-Bafana, Aaron Mokoena che con l’omonima Foundation tenta di garantire un futuro nel calcio internazionale ai talenti sudafricani. In loro supporto c’è anche “Champions for Children”, la onlus del milanista Clarence Seedorf che oltre al progetto principale di Paramaribo, la capitale del Suriname di cui è originario, si occupa anche dei ragazzi abbandonati di Johannesburg. Il Sudafrica sta a cuore anche a Patrick Vieira che ha trasferito lì parte del progetto della scuola calcio di “Konfidence Foundation” nato in Senegal, a Dakar. Un gol a volte non basta per vincere una partita o una Champions e il bomber del Chelsea Didier Drogba lo sa bene. Ma grazie al faraonico ingaggio che gli passa il patron dei “Blues” Abramovich, Drogba ha messo 3 milioni di dollari a disposizione del futuro ospedale per i bambini orfani della Costa d’Avorio che sorgerà ad Abidjan. Generosità da campioni che diventa un assist naturale anche per Adebayor che da due anni in Togo è l’ambasciatore del programma Onu per la lotta all’Aids. E quando la Premier riposa come in questo momento, Adebayor è arrivato fino in Ghana, per portare fondi che serviranno per la realizzazione di altri progetti. Una goccia non può diventare un mare, ma tante stelle del pallone, con le loro gocce cariche di soldi e di speranze, stanno creando aiuti a pioggia che formano un mare di preziosa solidarietà.
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