giovedì 6 maggio 2010
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Da tempo, in agenda, la data del 12 maggio era cerchiata in rosso: «Cento anni di Giulietta Simionato», sottolineato tre volte. Ed era partita la corsa per rintracciare il grande mezzosoprano perché da quando nel 2003 aveva lasciato Milano per trasferirsi a Roma si erano un po’ perse le sue tracce. Ci si stava organizzando per strapparle un ricordo della sua carriera. Per raccontare una delle più belle voci del Novecento. Poi ieri, improvvisa, la notizia: Giulietta Simionato è morta a Roma. A una manciata di giorni dallo storico traguardo: era nata a Forlì, il 12 maggio 1910.Un’uscita di scena inaspettata. Quasi uno scherzo del destino che non le ha permesso di spegnere le cento candeline. Anche se, per la verità, non è che si avesse notizia di grandi festeggiamenti in programma. Sarà anche per il mistero che si era infittito intorno alla cantante: alcuni familiari dopo il trasferimento nella Capitale puntarono il dito contro un giovane tenore, Marcello Nardis, adombrando il sospetto di plagio. Ma a zittire le voci fu la stessa Simionato: «Sono cose di una bassezza tale che non meritano risposta» disse liquidando la questione.Sta di fatto che nessuno vide più la cantante, assidua frequentatrice di teatri d’opera, «perché la musica mi piace sempre ascoltarla, anche se non amo risentire le mie registrazioni» diceva seduta in platea alla Scala dove era facile individuarla grazie agli eccentrici cappellini che amava sfoggiare. «Sin da bambina il mio sogno era cantare. Ma in famiglia non gradivano, specie mia madre. E allora mi chiudevo in bagno e cantavo a squarciagola» ricordava. A scoprirne il talento le suore del collegio di Rovigo dove studiava. «Potei andare a lezione di canto, però, solo dopo la morte di mia madre» raccontava la Simionato che debuttò non in un’opera lirica, ma nella commedia musicale Nina non far la stupida. Il melodramma arriva un anno dopo, in provincia. Poi, nel 1933, la vittoria a un concorso lirico a Firenze dove sbaraglia la concorrenza di 385 colleghi. Una chiave che le apre le porte della Scala dove debutta nel 1935. «Mi proposero un contratto con condizioni impossibili» diceva. Ruoli secondari, forse perché non appoggiata dal regime fascista. Tanto che il debutto da protagonista avviene solo nel 1947: a Milano, con Giuseppe Di Stefano canta la Mignon di Thomas. È la svolta di una carriera che vanta 132 ruoli in opere di sessanta autori. Rossini e Verdi su tutti: hanno segnato la storia della musica le sue interpretazioni nel Barbiere di Siviglia e nella Cenerentola, in Trovatore e Aida, ma anche nella Favorita di Donizetti e nell’Adriana Lecouvreur di Cilea.Per capire il ruolo più amato bastava entrare in casa sua: in salotto, accanto alle foto che la ritraevano sui palcoscenici del Metropolitan e del Covent Garden, campeggiava un grande quadro di Giulietta nei panni di Carmen. Di fronte a quel quadro le capitava di commuoversi raccontando dell’amica Maria Callas: «Cantammo insieme innumerevoli volte Norma e Anna Bolena: eravamo inseparabili. Poi arrivò Onassis e la voce la abbandonò» confidava non riuscendo a trattenere le lacrime per quella che definiva «la più grande di tutte». Voce musicalissima, che riconosci tra mille – basta fare un giro su You tube per ascoltarla in tutta la sua grandezza –, la Simionato dà l’addio alle scene nel 1966 – alla Piccola Scala canta la mozartiana Clemenza di Tito – dopo il matrimonio con il medico luminare Cesare Frugoni. Ma non smette di insegnare anche se, confidava con un filo di malinconia, «non canto più, nemmeno quando sono da sola».La sua voce risuonerà per l’ultima volta oggi, nella Cappella Palatina del Sovrano Militare Ordine di Malta a Roma. , dove alle 11 si svolgeranno i funerali.
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