martedì 18 maggio 2021
Ogni cosa che fa un artista non resta di sua proprietà, ma ognuno di noi, dopo avere amato la sua arte e averla fusa con un momento della propria vita, se ne appropria di una parte e la custodisce...
Franco Battiato, l'artista che fuggiva dalle etichette

Ansa

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Succede ogni volta che se ne va un grande. Ed è giusto così. Perché ogni cosa che fa un artista non resta di sua proprietà, ma ognuno di noi, dopo avere amato la sua arte e averla fusa con uno o più momenti della propria vita, se ne appropria di una parte e la custodisce gelosamente, a volte dandole persino un senso che magari l’artista non aveva nemmeno pensato.
Per questo ora c’è chi ricorda il Battiato spirituale di E ti vengo a cercare e chi quello pop di Bandiera bianca; chi esibisce con orgoglio i suoi primi album sperimentali (Fetus, Pollution, Sulle corde di Aries), chi conserva il suo primo 45 giri prodotto da Gaber e chi sa a memoria La cura.

C'è chi conserva i 45 giri di plastica allegati negli anni Sessanta alla Nuova enigmistica tascabile e chi conosce a memoria la sua opera Gilgamesh del 1992. C’è chi conserva gelosamente una sua opera pittorica e chi ignorava tutto questo.
C’è anche chi lo ricorda nel giugno 1974, al parco Lambro di Milano, al Festival del proletariato giovanile organizzato dalla rivista Re Nudo e chi non ha dimenticato quando, nel giugno 2003, si esibì alla Festa di Alleanza Nazionale di Milano, in quella Palazzina Liberty gestita per anni dalla compagnia di Dario Fo.


Possibile che nel giro di meno di trent’anni avesse fatto una giravolta simile? «Non sono né di destra né di sinistra» spiegò lui a chi lo criticava. Quando nel 1991 scrisse Povera patria, cioè la sua canzone più politica, tutti lo tirarono per la giacca, dimenticando che in quel brano c’è un j’accuse per tutti «i governanti perfetti e inutili buffoni». E quando, nel 2013, accettò di fare l’assessore alla cultura della Regione Sicilia, fu costretto a dimettersi pochi mesi dopo per avere pronunciato una frase ancora più forte: «Queste tro** che si trovano in Parlamento farebbero qualsiasi cosa. Sarebbe meglio che aprissero un bordello». Destra e sinistra che oggi lo osannano ne chiesero le dimissioni.

Viste oggi perfino le sue simpatie Radicali, esplicitate nel 2006, sembrano fare a pugni con certe sue dichiarazioni a favore della vita («siamo persone dal primo istante del concepimento»). Ma lui era così: un uomo meraviglioso, complesso, intelligentissimo e difficile. Appena si sentiva incasellato o usato, scappava con forza. L’ha fatto anche quando hanno tentato di definirne i confini spirituali. Dopo essersi commosso esibendosi in aula Paolo VI in Vaticano, davanti a Giovanni Paolo II, a chi l’aveva iscritto tra i fan di Wojtyla precisò: «Non mi sono commosso perché ero davanti al Papa, ma per l’onda di energia spirituale che avevo provato in quel momento».

Quando nel 2014 partecipò al Meeting del Mare, durante la presentazione del suo concerto spiazzò la platea: «Io non credo nel big bang. È la nostra mente che ha creato l’universo». E ancora: «Credo invece fermamente nella reincarnazione. E ci credeva anche Gesù, anche se la Chiesa continua a nasconderlo». Poi criticò papa Francesco: «Mi è molto simpatico e stimo molto il lavoro di rinnovamento che sta portando in Vaticano, ma ha dimenticato la spiritualità».
Da quando, negli anni Settanta, si era appassionato dell’India non aveva più smesso di divorare testi di religione, filosofia, spiritualità e meditazione di tutto il mondo. «Ho letto tutto» amava dire. E la sua era una sete per l’infinito così potente che soffriva «nel vedere così tanti ragazzi che oggi non si fanno più domande sul perché sono al mondo e cosa fare della vita». Per lui non era una questione solo filosofica o spirituale: «ciò che facciamo in questa vita determinerà profondamente la nostra esistenza futura; dobbiamo stare attenti a non sprecarla».

Ansa

Accanto al Battiato intellettuale, innamorato della ricerca di un senso più alto, ce n’era un altro meno conosciuto al pubblico: quello comico. Che fosse su un pulmino che portava i giornalisti al suo concerto a Baghdad o a un pranzo di presentazione di un suo album, a un certo punto i suoi occhi si illuminavano e iniziava a raccontare aneddoti e barzellette con una bravura unica.
Tutto questo e molto altro ancora era Battiato: un uomo libero, dalle mille sfaccettature e non privo di contraddizioni, ma profondamente innamorato della vita.

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