sabato 3 agosto 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
È come se ogni giorno l’antica Pompei fosse vittima di un’eruzione, ma non sono la lava, i lapilli, la cenere a sommergerla bensì le polemiche, il degrado, l’incuria. Che si fanno più prepotenti e violenti nei giorni d’estate quando il numero di visitatori è più alto e può raggiungere anche le 20mila presenze in un giorno facendo emergere con più forza i problemi che da decenni, anzi da secoli, probabilmente sin dalla sua scoperta nel diciottesimo secolo, tengono imbrigliato il sito archeologico più visitato al mondo. Ed anche il più grande benché oggi siano accessibili solo tre delle 73 domus pompeiane emerse: Casa Menandro, la Casa degli Amorini dorati e la Casa del Fauno. «Il problema è che nessuno dei turisti si accontenta di camminare solo nelle strade, tutti vogliono vedere l’interno delle case – spiega Santiago Faraone, una delle guide negli scavi –. I turisti toccano gli affreschi, camminano sui mosaici, salgono sui muretti. E la stessa cosa succede nelle Terme del Foro e nelle Terme di Stabia. Di questo passo – profetizza – tra qualche anno non resterà più nulla di questo immenso museo a cielo aperto». Affermazioni dal vero che toccano uno degli argomenti d’accusa più frequenti: la mancanza cronica di custodi. Solo uno all’ingresso della Domus del Menandro, quella più affollata perché sull’itinerario maggiormente frequentato. «Dobbiamo fare noi da guardiani – spiega Barbara Giambattista, dell’Associazione guide campane –. I turisti, a migliaia, girano in questo patrimonio archeologico come mandrie in libertà. Dove non trovano limitazioni sono capaci di fare qualsiasi cosa. Non fanno distinzione tra un parco giochi e un patrimonio dell’umanità. Agli scavi di Ercolano portavano via addirittura tasselli di mosaici come souvenir».Non avendo autorità e competenza per decidere interventi radicali di recupero e di restauro, Santiago Faraone suggerisce il controllo dei flussi turistici e piccoli interventi, di poco conto a quanto pare, ma secondo lui efficaci: «Che ci vuole a mettere un tettuccio sulla Casa del Fauno per riparare gli affreschi dalle intemperie? O anche un tappetino sui pavimenti a mosaico... Non dico il pavimento trasparente come è stato fatto ad Aquileia, almeno un tappetino». I crolli verificatisi negli ultimi anni nel sito archeologico, e che continuano con pericolosa periodicità, hanno allarmato opinione pubblica ed esperti, i quali sostengono che l’antica città romana è pericolosamente esposta agli elementi oltre a soffrire dell’assenza di pianificazione strategica e ad avere una gestione manageriale problematica.Da quando è crollata la casa dei Gladiatori nel novembre del 2010 sono stati assunti solo nove archeologi, ma in tutto il Meridione. Mentre si fa sempre più concreto il rischio che l’Unesco inserisca il sito di Pompei nell’elenco dei “patrimoni in pericolo”. Un ultimatum arrivato dopo una relazione molto dura, che mette in luce le varie criticità dell’antico sito romano. Un giudizio che l’organizzazione che tutela i patrimoni storici e artistici mondiali ha sospeso per i prossimi 48 mesi. Antonio Irlando, presidente dell’Osservatorio Patrimonio Culturale, accusatore e difensore al tempo stesso ribadisce: «Per la tutela e la valorizzazione dell’immenso patrimonio degli scavi archeologici di Pompei servono sicuramente i grandi progetti, i grandi interventi e tanti fondi, ma anche le piccole cose e i piccoli gesti quotidiani di manutenzione delle strade e delle domus, compresa la rimozione delle erbacce – annota –. Sono anche questi piccoli particolari che danno il segno che quello per salvaguardare Pompei è un impegno diffuso e di tutti».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: