giovedì 25 ottobre 2012
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«Per me è una grande emozione: Milano è la mia città e la amo». Claudio Abbado torna a Milano. Doveva farlo già a giugno 2010, quando sul leggio aveva messo la Seconda sinfonia Resurrezione di Gustav Mahler. Motivi di salute, all’ultimo minuto, gli avevano imposto un riposo forzato costringendolo a cancellare i molti impegni in agenda, compreso quello milanese. «Tornerò presto» aveva assicurato. Promessa mantenuta. La data fissata è martedì 30 ottobre. Non che non ci passi ogni tanto dalla città in cui è nato il 26 giugno del 1933. Ma ora Abbado ci torna, attesissimo, per fare quello che gli riesce meglio in assoluto e per il quale ha speso la sua vita, dirigere un’orchestra. La "sua" orchestra, la Filarmonica della Scala che ha fondato nel 1982 e alla quale ora affianca un’altra sua creatura, la Mozart di Bologna. Il maestro è già in città da domenica: prova la Sesta sinfonia Tragica di Mahler e il Primo concerto per pianoforte e orchestra di Chopin. Abbado torna anche se Milano non ha esaudito il suo desiderio, non gli ha messo sul tavolo il "cachet verde" che aveva chiesto, quei novantamila alberi che dovevano essere il suo unico compenso per tornare a dirigere al Teatro alla Scala dopo ventisei anni: se ne era andato in polemica nel 1986 lasciando il teatro che guidava dal 1968 nelle mani di Riccardo Muti. Dimenticati i rancori, Abbado si è lasciato convincere a tornare dagli amici Stephane Lissner e Daniel Barenboim, arrivati nel frattempo ai vertici del teatro milanese. E ha dettò sì. In cambio dell’impegno di essere accolto da una Milano un po’ più verde. Ai tempi dell’annuncio, era l’aprile del 2009, tutti, dal sindaco Letizia Moratti al presidente della Provincia Filippo Penati, si erano affrettati a impegnarsi nell’impresa per potersi appuntare il merito di aver riportato in città il maestro. Sembrano tempi lontanissimi. Le amministrazioni sono cambiate. Ai vertici del Comune (primo socio della fondazione lirica) non c’è più il centrodestra, ma la coalizione guidata da Giuliano Pisapia che da statuto è il presidente della Scala e accoglierà Abbado da padrone di casa insieme al sovrintendente. Perché chi ha strappato il sì al direttore d’orchestra è stato proprio Lissner: già l’indomani del suo arrivo a Milano, nel 2005, volò a Berlino per iniziare il suo pressing. Oggi raccoglie i frutti: «La risposta positiva del maestro è stata una delle più belle che ho avuto nella mia vita professionale» ha detto l’indomani del sì di Abbado. Che oggi torna in una serata a favore del Vidas. «Non ho mai inteso il mio lavoro nell’accezione di "carriera". Mi piace parlare di un viaggio a tappe iniziato quando avevo sette anni: ho ascoltato Debussy e ho sentito la magia della musica» ci aveva detto una volta il maestro aggiungendo, con il sorriso, che «da allora ho voluto provare a ricreare in continuazione quella magia». Alla Scala ci proverà insieme a Barenboim. Il teatro, per festeggiare i settant’anni del suo direttore musicale, ha messo in campo un ciclo di tre concerti in cui il musicista argentino vestirà i panni di pianista e si farà dirigere da colleghi come Gustavo Dudamel (stasera con Brahms, Bartok e un brano scritto per l’occasione da Elliott Careter), Daniel Harding (il 7 novembre con Beethoven e Cajkovskij) e, appunto, Abbado: appuntamento ufficiale con biglietti pressoché introvabili martedì, lunedì prova aperta ai giovani e alla città. Attenzione, quella al territorio, che Abbado ha sempre avuto sin dai tempi in cui portava la musica classica in fabbrica e nelle periferie perché, ricorda oggi, «ho sempre cercato di conoscere i problemi della città in cui mi trovavo e ho tentato di risolverli attraverso la musica».
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