sabato 5 giugno 2010
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La tegola sull’Italia arriva il giorno dopo la figuraccia col Messico: il Mondiale di Andrea Pirlo è a forte rischio. Come fu con Cannavaro a Euro 2008, come anche con Gattuso prima del Mondiale 2006. Due precedenti diversi, soprattutto nell’esito, perchè nel primo caso il capitano azzurro si dovette operare e saltò tutto il torneo continentale, nel secondo il centrocampista partì per la Germania con il dubbio e poi fece un grande Mondiale.La diagnosi di Pirlo, è durissima: distrazione di secondo grado del gemello laterale del polpaccio sinistro. Nella media, vuol dire una ventina di giorni per recuperare. E se fosse davvero così, il regista azzurro, l’uomo che doveva accendere la luce dell’Italia, tornerebbe disponibile solo il 24 giugno, ovvero la data dell’ultima delle tre partite del girone azzurro, contro la Slovacchia. È un rischio che Lippi può correre? C’è tempo per rispondere fino al 13 giugno, data limite per chiedere alla Fifa la sostituzione di un giocatore dalla lista dei 23 per grave infortunio. «Il caso di Pirlo - ha spiegato il medico azzurro, professor Enrico Castellacci - come anche quello di Camoranesi, rientra in questi casi di gravità. Ma preoccupa molto di più».Pirlo l’altra sera a Bruxelles ha avvertito una fitta al polpaccio quando è uscito dal campo, sostituito a 10’ dalla fine da Palombo. Lippi sarà di sicuro costretto a ridisegnare la sua idea di Italia, almeno per la partita più difficile delle prime tre, il 14 giugno contro il Paraguay. Pirlo si unirà al gruppo martedì a Malpensa, per la partenza per il Sudafrica. A questo punto è ancora più sicura la presenza anche del 24° giocatore, Cossu. Da valutare se Lippi metterà in preallarme un’altra riserva, che potrebbe essere Candreva.Ma a preoccupare di più è lo stato generale della squadra, sconfitta (anzi quasi umiliata) nel test contro il Messico: «Siamo imballati fisicamente a causa della preparazione in quota», ha detto Lippi, ammettendo però che pensava di vedere un’Italia migliore. L’alibi merita almeno il beneficio della verifica: solo in Sudafrica si potrà capire se le difficoltà fisiche degli azzurri sono contingenti o se hanno proprio le gomme sgonfie. Resta il fatto che la squadra è ancora un cantiere tattico e la famosa duttilità di uomini e moduli, indicata dal ct come marchio di fabbrica di questa Nazionale, rischia di tradursi sul campo in un ibrido privo di identità. Gli stessi giocatori appaiono disorientati dai ripetuti cambi del sistema di gioco. Basta ascoltare le parole di ieri di Iaquinta: «Io gioco meglio a sinistra. A destra, se devo fare il terzino non sono proprio adatto: ma questo lo sa anche Lippi. Però mi chiede di giocare così e io mi sacrifico», ha detto lo juventino. «Certo non posso andare dal mister e dirgli che voglio giocare in un’altra posizione, se no mi manda via dalla nazionale». Nessuno ha capito se era una battuta. Probabilmente no.
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