mercoledì 15 febbraio 2017
Un infarto, tre anni e mezzo fa, ha cambiato la visione della vita al cantautore, all'Ariston con "Mani nelle mani". Dopo 5 anni pubblica il nuovo album. "Aiutato dai miei figli".
Michele Zarrillo ha pubblicato l'album "Vivere e rinascere"

Michele Zarrillo ha pubblicato l'album "Vivere e rinascere"

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Vivere e rinascere non è semplicemente il titolo del suo nuovo album, uscito nei giorni del Festival. Per Michele Zarrillo, arrivato
undicesimo con l’appassionata Mani nelle mani, questo è stato il Sanremo numero 12. Esattamente a 30 anni dalla vittoria fra i Giovani con La notte dei pensieri, uno dei tanti suoi successi lanciati dall’Ariston. Un risultato più che soddisfacente, tenendo conto che altri colleghi blasonati come Al Bano, Gigi D’Alessio e Ron sono stati eliminati per strada, senza poter accedere alla Finale e che Fiorella Mannoia si è vista “scippare” il podio dall’outsider Francesco Gabbani. “Rottamazione? No, a Sanremo si vince se si ha una bella canzone. A noi artisti più grandicelli serve Sanremo e noi serviamo a Sanremo –racconta il cantante e compositore romano - Ai giovani auguro di vivere almeno la metà di quello che abbiamo vissuto noi. Su 11 Sanremo sono 9 le canzoni che sono rimaste nel tempo, lo vedo dai tabulati Siae. Un traguardo che hanno in pochi». Strade di Roma, L’elefante e la farfalla, L’acrobata, Cinque giorni e, sopra tutte, Una rosa blu «che ha raggiunto livelli stratosferici» svela numeri alla mano. «Qual è il segreto? Non piacere ai critici» ride con una punta di ironia. «I mie dischi vendevano e i concerti erano sempre pieni –aggiunge –. C’è un pubblico che, a dispetto dei canali di comunicazione, mi segue”. Ma il cantante e autore romano, maestro del romanticismo a tutto tondo, alla vigilia dei 60 anni ha già vinto la gara più importante, quella con la vita. «Tre anni e mezzo fa sono stato colpito da un infarto – racconta sereno –. Io sono stato graziato, mentre qualche altro caro collega non c’è più. Ho pagato a caro prezzo la vita sregolata di chi fa questo mestiere, le troppe sigarette, gli orari sballati, i viaggi faticosi. È stato un momento di grande riflessione, di grande presa di coscienza, e mi sono riappropriato di una vita privata che avevo trascurato». A dargli la forza i due bimbi piccoli, Alice e Luca che oggi hanno 4 e 6 anni, oltre alla figlia 35enne Valentina. «Lo spavento mi ha fatto pensare molto a loro, alla voglia di goderseli e di crescerli. Il sapere che potevano rimanere senza papà mi ha dato la forza anche

di smettere di fumare, causa principale dell’infarto». Lo stop forzato che lo ha tenuto lontano dalle scene, ha partorito oggi dopo 5 anni l’album appunto Vivere e rinascere. «Mi son preso due anni sabbatici dove mi sono occupato soprattutto di giocare con paletta e secchielli sulla spiaggia coi miei figli – sorride Zarrillo –. Poi in un anno ho composto un disco di canzoni d’amore, di storie che finiscono e nascono. La nostra vita è piena di interruzioni, momenti in cui si va a fondo e poi si risale, ma nell’uomo c’è la voglia di rinascere vivendo. L’amore è speranza, è base e partenza per un futuro di rinascita e di fiducia nel prossimo». E il ravvivarsi di un sentimento ricordando «quanti sono i giorni belli di un amore», sta al centro del brano sanremese, che ha tutte le carte in regola per aggiungersi ai suoi classici. Ma attenzione, non è tutto miele quello cantato da un autore cresciuto negli anni 70 in una band di rock progressive. Fra i nuovi brani La ragazza corre racconta l’illusione di una giovane immigrata in cerca di una vita migliore che invece finisce sfruttata sulla strada. Riflette invece sul desiderio dell’anima di trovare pace Vivo nel mondo, mentre Mille latitudini spiega come «la vita vada vissuta da mille prospettive, mentre invece siamo convinti che l’unico punto di vista sia il nostro». Il risultato èun insieme di brani ben scritti e ricchi di positività. «Il mio intento è fare compagnia serena con la musica – conclude –. Ragiono da compositore e per me tutto sta nella melodia e nell’armonia che esprimono sentimenti che non hanno linguaggio».

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