sabato 6 febbraio 2021
A trent’anni dalla morte della filosofa spagnola una riflessione del curatore delle sue opere in Italia sull’attualità del suo pensiero
Maria Zambrano e la forza disvelatrice del cuore
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L’opera di María Zambrano (22 aprile 1904 6 febbraio 1991) può essere considerata una filosofia in tempo di crisi, come si evince dal suo stile da cui emerge l’esigenza di unità tra vita e pensiero. A trent’anni dalla sua morte, avvenuta dopo un esilio di quasi cinquant’anni ( L’esilio come patria, Morcelliana 2016) per essere stata la 'passionaria' dell’anti-franchismo, è opportuno ripercorrere la sua originale traiettoria intellettuale, il cui nucleo è contrassegnato dalla teoria della ragione poetica. María Zambrano sottolinea che come è impossibile una poesia non intrisa di pensiero, neppure è plausibile, al contrario, una ragione senza poesia. Solo la sintesi di entrambe è in grado di indicarci il vero cammino. Se la filosofia e la poesia nascono dalla meraviglia, occorre indagare le cause della biforcazione delle rispettive vie. Attuando il principio di autonomia, la filosofia inizia con un drammatico strappo per lanciarsi verso qualcosa da cercare e perseguire, perché non ci fa dono della sua presenza. La filosofia, a differenza del maestro Ortega y Gasset, non è conoscenza sistematica della realtà della vita; da questo lato è votata all’insuccesso, in quanto non può cogliere quelle zone di penombra dell’irrazionale. Essa è piuttosto il risultato dell’insuccesso di un’estasi. La filosofia è il risultato del tradimento del pensiero che distanziandosi dalla «meraviglia » subì lo «strappo» del pensiero violento.

Zambrano affronta il celebre tema della condanna platonica (nella Repubblica) della poesia. Contrariamente a Platone, che ha una totale fiducia nella coincidenza del pensiero con la realtà stessa, il poeta non pretende definire la realtà, ma si lascia possedere dalle sue luci e soprattutto dalle sue ombre senza disfarsene. Il poeta non si affida all’intelletto per adeguarsi alla realtà; al contrario, ogni suo essere è un essere in altro. Il poeta coglie la vera realtà non mediante la pura razionalità, bensì affidandosi alla memoria per poter ricevere la rivelazione del reale. La poesia, che svela le tracce di un altro tempo e di un’altra vita, non arretra di fronte all’eterogeneità e molteplicità delle cose. Zambrano apre una nuova via per fuggire dalle oscurità della caverna senza esporsi alla piena luce ma privilegiando la penombra. Allontanandosi progressivamente dal «sentire originario», la filosofia non esplorerà più la dimensione ermetica del cuore per decifrarne i momenti di sofferenza il cui orizzonte è la rivelazione dell’assenza. È a questo livello pre-logico del sentire originario che è possibile comprendere come «la realtà rivoluzionaria abbia una definizione poetica e non dottrinale. La rivoluzione sarebbe un atto di fede, che si dà all’interno di ciascuno e che miracolosamente si spera che un giorno si produca in tutti» ( Luoghi della poesia, Bompiani 2011). La valenza strutturalmente sociale della poesia rompe l’ermetismo della realtà mediante una parola in grado di esprimere l’ineffabile e attraverso una voce che, essendo suono inarticolato, non si lascia catturare dal logos per essere comunicabile. La voce del poeta, che risuona in fondo a ogni espressione, è, secondo Zambrano, quella «solitudine sonora», quella «musica silenziosa », di cui parla san Giovanni della Croce.

La vita umana si rivela nel dispiegarsi di un logos matematico- musicale, come emerge dalla tradizione orfico-pitagorica, che era stata ingiustamente esclusa dal logos della filosofia (specialmente da Aristotele) e che Zambrano tenta di reintegrare all’interno di un sapere più ampio. Con il logos-numero non si scopre soltanto l’armonia dei contrari, ma anche quell’ombra infinita e atemporale che vive nelle profondità del cuore dell’uomo: l’anima. La discontinuità della musica permette di pervenire a un’unità non dell’essere, ma della vita nel suo fluire temporale, proprio in virtù di quel logos-armonia che cerca di rendere ragione dell’esperienza umana che il pensiero sistematico non è in grado di oggettivare. Nel pitagorismo, infatti, la parola, che è figlia del numero e del ritmo, non del-l’essere, scaturisce da un movimento musicale. Mentre l’universo del logos (parola) costituirà la sostanza unica di un principio regolatore del reale, l’universo del numero è, invece, un’unità molteplice, fondata sulla discontinuità che dà origine al sapere molte cose (polimatìa). Il logos filosofico totalizzante e totalitario ha progressivamente annullato quanto la vita umana offriva nelle sue rivelazioni rinunciando a quell’intuizione originaria radicata nel sentire. Con la nascita della filosofia s’inaugura un tipo di sapere che chiede ragione delle cose, che domanda senza più porsi in ascolto; con la poesia, invece, la scoperta dell’essere avviene in seguito a una risposta. «L’idea dell’essere in quanto tale prima di essere domanda fu risposta» ( L’uomo e il divino, 2001).

La filosofia, esigendo di cogliere il vero essere delle cose mediante il domandare, ha finito col perdere quella dimensione del senso che la risposta implicava. A causa dell’assolutizzazione della ragione discorsiva, la filosofia, è divenuta sempre più impassibile verso qualsiasi rivelazione. Invece, la risposta poetica che precede la domanda filosofica, implica non tanto la sfera visiva, come avviene nella filosofia, quanto l’ascolto, il cui centro è il cuore, non l’intelletto. Mentre la filosofia avanza nel tempo e nella storia, la poesia «disfa la storia», si distanzia dagli eventi alla ricerca del sentire originario al di là del tempo e della stessa angoscia. Il poeta non si rassegna a perdere la «patria originaria» che tuttavia non può incontrare nel solipsismo bensì in comunione con gli altri essendo la sua missione e vocazione quelle di un mediatore. Zambrano non si rassegna alla dicotomia tra filosofia e poesia poiché confida che esse ritornino, come erano originariamente, a fondersi in un logos in grado di apprendere una «verità rivelata e indecifrabile», al di là dell’essere. Il metodo della ragione poetica non è altro che un rincorrere indietro nel tempo ma fuori del tempo quel sogno originario dove filosofia e poesia erano unite per svelarne la presenza nei momenti di contemplazione estatica. Proprio a questo è dedicato tutto il pensiero di Zambrano mediante l’originale teoria della ragione poetica, che ha aperto in tal modo una via nuova nell’ambito del pensiero post-moderno.

(Il video: una biografia di Maria Zambrano ad uso didattico di Luigi Gaudio da YouTube)

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