lunedì 27 luglio 2015
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​Impossibile da sottovalutare, la lussuria è anche il più sopravvalutato tra i vizi capitali. Si pensa al peccato ed è lì che si va a parare, in quell'abbraccio impuro, come se il de sexto racchiudesse in sé tutti i comandamenti e tutte le trasgressioni. Un'insistenza tanto maniacale, in effetti, fa comodo a molti. A chi da fantasie e pratiche sessuali sempre più sfrenate trae guadagni ragguardevoli (la gamma è inesauribile, va dal sadomaso consolatorio delle Cinquanta sfumature fino ai supermarket del porno attivissimi nei bassifondi del web), ma anche a chi di certi argomenti preferisce non parlare, alternando nel caso eufemismi scandalizzati e generici moralismi. Il punto, però, è che il discorso sul corpo non ammette silenzi e laddove si genera un vuoto - di significato, oltre che di esperienza - è fatale che quel vuoto venga colmato con il primo materiale a disposizione, non importa quanto scadente.In quanto vizio, la lussuria resta condannabile: su questo non si discute. Sarebbe però più onesto smettere di imputare alla lussuria stessa ogni desiderio, ogni trasporto della sessualità. La quale, sino a prova contraria, appartiene alla struttura più intima e autentica dell'essere umano. Non si capirebbe, altrimenti, perché Dante cada «come corpo morto cade» a sentire il racconto della sventurata passione di Paolo e Francesca. Né si apprezzerebbe l'atteggiamento che Gesù stesso tiene nei confronti di chi «ha molto amato». Il giudizio sull'adultera è più clemente di quello riservato ai persecutori della donna, la generosità della peccatrice tradizionalmente identificata nella Maddalena attira più benevolenza della parsimonia di Simone il fariseo. La lussuria può distruggere, è vero. Ma prima che la sua fiamma si consumi resta sempre qualcosa da salvare e, forse, da ammirare.
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