lunedì 10 febbraio 2014
Storico argento per Innerhofer nella discesa libera; bronzo per Zoeggeler nello slittino. Oggi tocca alle donne nella supercombinata.
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Subito due medaglie sulla neve. Preziose e confortanti per una spedizione azzurra partita per queste Olimpiadi invernali con molte perplessità e il timore di raccogliere poco. Christof Innerhofer, 29 anni di Brunico, invece ha illuminato ieri la pista della discesa libera riportando in azzurro una medaglia che in questa specialità mancava da 38 anni. In passato solo altri due erano riusciti nell'impresa: Zeno Colò nel '52, e fu oro, e Herbert Plank, bronzo a Innsbruck '76. E se la neve fa festa, lo slittino scrive la storia: Armin Zoeggeler a 40 anni, addirittura venti dopo il suo primo bronzo olimpico, si è preso un’altra medaglia, ancora di bronzo, la sesta per lui in altrettante edizione dei Giochi. L’unico, nella storia, ad essere riuscito nell'impresa di salire sempre sul podio in sei edizione consecutive delle Olimpiadi. Una giornata di festa dunque per l'Italia, arrivata a Sochi con non troppi numeri da podio, che ha ricevuto le congratulazioni del capo dello stato, Giorgio Napolitano: «Caro Malagò - ha detto il presidente - complimenti per il buon inizio. Vive congratulazioni personali a Christof Innerhofer e ad Armin Zoeggeler. Conto di telefonarvi al più presto in occasione di altri felici momenti sportivi. Sono vicino a tutti voi». Due storie diverse quelle dei protagonisti delle medaglie azzurre. Dal lavoro in cantiere al podio olimpico e al glamour, è la parabola del ventinovenne Christof Innerhofer. Occhi di ghiaccio, sorriso da copertina, faccia aperta da bravo ragazzo con le stimmate sulla fronte di un brutto incidente in allenamento, "Inner", come ormai lo chiamano tutti, ha conosciuto la fatica del piastrellista prima di incarnare il nuovo mito azzurro dell'uomo jet e di realizzare il suo sogno. «Mi lamentavo quando andavo a sciare sui ghiacciai mentre i miei amici andavano in piscina, ma quando ho lavorato in cantiere ho capito quanto era bella la vita dell'atleta», confida l'altoatesino in un italiano imperfetto a Casa Italia, dove ha festeggiato la sua medaglia stappando una maxi bottiglia di spumante e bevendo a canna. Altro carattere, altra età, altro personaggio Armin Zoeggeler: sulle montagne russe del budello ghiacciato di Krasnaya Poliana non ha sentito gli anni, né il peso di essere sulla soglia della storia. Ha schiacciato un pisolino tra una manche e l'altra, e poi si è lanciato giù con la sua slitta sottile costruendo tra testa e corpo il capolavoro della sua carriera senza fine. Sei medaglie in altrettante edizioni dei Giochi, illuminate dalla doppietta d'oro tra Salt Lake e Torino: mai nessuno è riuscito a salire sul podio olimpico in gare individuali per sei volte di fila. Lui, il Cannibale dello slittino, arrivato ai Giochi da portabandiera («pensavo di stancarmi alla cerimonia e invece sono stati bravi a riportarmi al villaggio in tempo per riposare»), dice semplicemente che «ho cercato sempre di fare il mio dovere». Nessun errore, il tracciato studiato e ripetuto «mille volte in testa, dove migliorare, dove non sbagliare», quasi un’ossessione diventata il segreto della sua longevità sportiva.
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