domenica 19 giugno 2022
L’allestimento di “Sindoni” a Roma nel Battistero lateranense, in occasione dell'Incontro mondiale delle Famiglie. L’opera dell’artista ci insegna che le ferite sono destinate a essere rimarginate
Sidival Fila, "Sindoni". Roma, Battistero Lateranense. Fino al 30 giugno

Sidival Fila, "Sindoni". Roma, Battistero Lateranense. Fino al 30 giugno - Istituto Giovanni Paolo II

COMMENTA E CONDIVIDI

Si chiama “Sindoni” la mostra organizzata in occasione dell’Incontro mondiale delle famiglie a Roma dal Pontificio istituto teologico Giovanni Paolo II e la Fondazione Sidival Fila. L’installazione site specific nel Battistero di San Giovanni in Laterano, raccoglie otto tele sospese lungo il perimetro della vasca battesimale realizzate da fra Sidival Fila utilizzando fodere di dalmatiche, tessuti ed elementi floreali risalenti a vari periodi. Potrà essere visitata fino al 30 giugno ed è stata inaugurata venerdì nel corso di una serata con interventi del preside dell’Istituto Giovanni Paolo II, Philippe Bordeyne, del teologo Pierangelo Sequeri, direttore della Cattedra Gaudium et Spes (della quale pubblichiamo qui una sintesi), e di Alessandro Beltrami, giornalista di “Avvenire”.

Nel racconto della creazione del mondo e degli inizi della storia degli umani, si trova un particolare che comunica uno struggimento e un intenerimento senza confronto. «Il Signore fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelle e li vestì» (Gn 3,21). Mi è sempre parso che nei commenti biblici – e anche nell’iconografia – la potenza di questo versetto sia trascurata. L’uomo e la donna hanno trasgredito, stanno per essere estromessi dal giardino, perché vadano a lavorare e si guadagnino la vita, ricevuta in dono e non adeguatamente apprezzata. E Dio si preoccupa di “rivestirli”, cucendo Egli stesso due “tuniche”!

Sidival Fila percorre l’intera storia di questo versetto, fino a noi. Quella tunica, memoria dell’originaria tenerezza di Dio, non va buttata, non va sostituita, non va semplicemente aggiustata. Quella tunica va sempre di nuovo ritessuta. Essa è la trama sulla quale si scrive tutta la nostra storia con Dio. Su di essa deve ogni volta essere ricomposto l’ordito della nostra responsorialità: dobbiamo imparare a rivestirci l’un l’altro, decifrando senza sosta i fili adatti alla tessitura della tunica di Dio; ricreando ogni volta l’ordito che porta la traccia della nostra volontà di trovare il filo, ricucire, riallacciare, intrecciare le vite e metterle al riparo di una veste che non si lascia disfare. Riceviamo quella veste al nostro ingresso nel mondo, quando ancora non sappiamo fare niente. Riceviamo quella veste nel battesimo, quando siamo affidati a una tenerezza che non cederà su niente.

Il secondo motivo della ricerca di Sidival è l’intreccio della tunica di Dio, con la quale entriamo nel mondo e nella vita, con la Sindone del Crocifisso, che conserva – per sempre – l’impronta della vita donata e del mondo amato. Della Sindone che custodiamo, nella memoria credente di questo ultimo passaggio attraverso la veste che il Signore ha lasciato per noi nel sepolcro, si sa, ogni più piccolo filamento è infinitamente prezioso. Ogni volta che ci avviciniamo ad essa per scrutarne l’enigma e interrogare il mistero, preleviamo la porzione più piccola possibile della trama e dell’ordito.

Il Signore aveva una veste senza cuciture e senza toppe. Il Crocifisso ha certamente lasciato il segno delle sue ferite nella sua ultima tunica: le stesse ferite che sono rimaste nel suo Corpo, a futura memoria della sua reale esposizione alla sofferenza e alla morte, in nostro favore. Seguire le tracce, filo per filo, nodo per nodo, ferita per ferita, del telo del Signore lasciando il segno delicato delle nostre carezze, è la poetica dei fili sospesi che sono onnipresenti sulla scena della trama e dell’ordito della veste che Sidival incessantemente continua a tessere.

Sono come le corde di un’arpa invisibile, che ci restituisce il canto della tunica di Dio e le vibrazioni dell’amore che riapre il giardino. Nella tunica di Dio venimmo al mondo della vita in cui dovevamo dare prova della nostra responsabilità nei confronti della benedizione di Dio. E nessuno viene al mondo privo dell’offerta di quel vestito. Nella Sindone del Crocifisso, sempre di nuovo impariamo che le ferite sono destinate ad essere rimarginate. E nessuno, per quante ferite mostri, è semplicemente da buttare.

Sidival Fila tesse fra noi la segreta corrispondenza della tunica di Dio e della sindone di Gesù. La tendenza a “usare e gettare”, che sembra la cifra della nostra epoca, dove il godimento e la distruzione cercano alleanze sempre più audaci, rende ogni giorno più difficile aver riguardo della veste di Dio che avvolge gli umani bambini, e del telo di Gesù, che abbraccia amorevolmente anche il nostro congedo.

La pazienza di tessere e ritessere le vite che ci sono affidate e la memoria di quelle che vestirono noi, sta diventando merce rara. La rozzezza delle toppe, che assecondano la nostra pigrizia e la nostra indifferenza, è vergognosa: ma è considerata persino “economica”. Impariamo la lezione dell’artista- tessitore. E prestiamole la musica dell’arpa alla quale essa ci invita, affinché l’incanto del tessitore arrivi fino al cuore della generazione che viene: perché non pensi di poter fare tutto senza fili.

Sidival Fila, 'Sindoni'. Roma, Battistero Lateranense. Fino al 30 giugno

Sidival Fila, "Sindoni". Roma, Battistero Lateranense. Fino al 30 giugno - Istituto Giovanni Paolo II

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: