martedì 2 marzo 2021
Una città dal tessuto economico in ginocchio ma grazie alla kermesse canora sta lentamente rialzando la testa
Sanremo, nessuno fermerà la musica. Stasera si parte
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E' giunta mezzanotte, le luci di corso Matteotti non si spengono e neppure quelle del Teatro Ariston, dove speranzoso inneggia lo slogan: «La Musica non si ferma mai». Solo va qualche uomo non in frac e qualche donna più sola del proprio cane che porta a guinzaglio su un lungomare tristemente isolato. Qui dove il mare luccica, nell’arco appena di una stagione siamo passati dall’Immensità, al Cosa resterà di questi anni ’20? Anni vuoti come i posti in sala nella platea e la galleria dell’Ariston, reso fantasmagorico solamente dagli effetti speciali delle coreografie del maestro Gaetano Castelli.

Il patron del Teatro più famoso d’Italia, Walter Vacchino, non si affaccia fuori dall’Ariston, «per scaramanzia parlo sempre solo dopo la prima». Stasera la prima. Sul palco si prova, si canta e si recita a soggetto ma solamente per pochi addetti ai lavori. Parola magica, il lavoro. Negli ultimi mesi un’utopia, «ma da ieri hanno riaperto tutti i nostri alberghi», dice con orgoglio il sindaco Alberto Biancheri. Il sindaco rieletto al primo turno con la lista civica Sanremo al Centro e pronto alla sfida del suo settimo Festival da primo cittadino.

L’uomo che coltiva i più bei ranuncoli d’Europa sognava una primavera un po’ meno maledetta di questa che si affaccia dalla bolla sanremese. «Sarà un Festival in sicurezza con un protocollo sanitario severissimo e un controllo capillare, in città e nel territorio, da parte delle forze dell’ordine», annuncia. L’adrenalina della vigilia del Festival con i suoi allegorici carri trainati delle truppe cammellate delle televisioni, le auto blu di politici e dei vipponi scortati da fan in delirio, ha lasciato il posto alla paura di aver forzato la mano.

Al di là del vicino confine francese, il Festival di Cannes ha fatto slittare da maggio a luglio la maggiore kermesse europea del cinema. Qui no: «Non fare il Festival sarebbe stata la scelta più facile. Ma non farlo sarebbe stata una sconfitta per tutti, non solo per noi e la Rai. Il Festival per la città e il territorio è una promozione enorme – continua il sindaco –. Sanremo vive di turismo».

L’estate appena trascorsa non aveva lasciato gli operatori in braghe di tela. Un fisiologico calo di presenze appena sotto il 20%, ma dal 24 ottobre, secondo atto del lockdown, il piatto ha cominciato a piangere, dai ristoranti fino a quello posto sul tavolo verde del Casinò. Negli anni ’60 il mercato fioristico sanremese era tra i più importanti del Vecchio Continente e con i suoi 4mila esercenti, ora ridotti a 500, aveva arricchito la città e tutta la provincia di Imperia. E terza risorsa locale, ma non in ordine di Pil, dal 1905 come ricorda la scritta scolpita sul marmo bianco della facciata principale del Casinò, è la fabbrica dei «sogni ludici ma controllati. I nostri ispettori sono formati per fermare in tempo il ludopatico compulsivo», sottolinea il presidente del Casinò Adriano Battistotti. Il gioco qui vale davvero la candela.

Un anno di chiusura forzata per Covid, «190 giorni di attività su 365», ha fatto perdere all’azienda municipale 21 milioni di euro e costretto a mettere in cassa integrazione i 231 dipendenti, «ora scesi a 190 con i prepensionamenti per un indotto che comunque dà lavoro a circa 300 persone – spiega il Battistotti –. E stiamo parlando di un’attività che negli ultimi anni ha sempre ridato indietro alle casse comunali 7 milioni di euro derivati dai nostri incassi».

Nella sala delle slot, un tempo quella delle Feste e del Festival e dove negli anni ’30 Luigi Pirandello fondò il primo Teatro Stabile e Pietro Mascagni dirigeva l’Orchestra Sinfonica di Sanremo, «sono stati spesi 200-300mila euro per mettere in sicurezza le postazioni di gioco. Allora, se i teatri e i cinema riapriranno a fine marzo, come ha detto il ministro Franceschini, non vedo perché il nostro Casinò non debba riaprire i battenti», conclude Battistotti. I sanremaschi amanti del Festival pensano già all’edizione del 2022, quella con l’Ariston a porte aperte e la città invasa dai fan club e da quel circo barnum fatto anche di nani, ballerine, artisti di strada e sosia di Dalla e Pavarotti.

«Ma ci sono anche i sanremaschi integralisti, per fortuna la minoranza, che vivono il Festival come un impiccio per la città e che gli avrebbe fatto piacere vederlo traslocare a Roma», dice Pietro Zampedroni cronista di 'Sanremo News', il giornale online diretto da Carlo Alessi e che quest’anno festeggia i vent’anni dalla sua fondazione. E il rischio del 'ratto romano' non è mai stato forte come questa stagione in emergenza. La convenzione tra la Rai e Sanremo – triennale da 5milioni di euro – è scaduta nel 2020 e questa edizione 2021 vede il contratto in proroga in attesa di essere ridiscusso. Parole, parole, parole... le uniche che risuonano nella città che, comunque vada, rimane quella dei sorrisi e delle canzoni. RIPRODUZIONE RISERVATA / Ansa/Ettore Ferrari

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