giovedì 14 luglio 2022
Il titolo dell’edizione di quest’anno riprende la definizione del cristianesimo data da Giussani. Il filosofo Esposito: «È la scoperta di un’ultima irriducibilità di ogni “io”»
Il filosofo Costantino Esposito

Il filosofo Costantino Esposito - archivio

COMMENTA E CONDIVIDI

Costantino Esposito è la persona giusta per parlare del Meeting 2022, che apre i battenti il 20 agosto per approfondire il 'cuore' di una vicenda che, nata 42 anni fa, si segnala come la più longeva e 'sempreverde' fra le opere nate dalla testimonianza di don Luigi Giussani, di cui quest’anno, a Rimini, si celebra il centenario della nascita. La presenza del presidente del Consiglio Mario Draghi, in un momento delicatissimo della vita politica italiana, e quella dell’arcivescovo di Bologna, il cardinale Matteo Zuppi (una delle prime uscite pubbliche dopo la sua nomina a presidente della Cei) collocano anche quest’anno la kermesse al centro del dibattito. Ma certo non starebbe in piedi la 'baracca', non attirebbe ogni anno 3mila volontari pronti a mettersi all’opera , e migliaia di visitatori e relatori da ogni parte del mondo, se non ci fosse qualcosa di più profondo su cui mettersi in gioco dei pur impellenti temi di stretta attualità. Esposito è docente di filosofia all’università di Bari, e all’istituto di studi Filosofici dell’Università della Svizzera italiana di Lugano. Membro della redazione del Meeting, in queste ultime edizioni 'pandemiche' è stata una delle voci più apprezzate dalla platea, anche quella virtuale. Il suo ultimo libro Il nichilismo del nostro tempo. Una cronaca (Carocci editore) è stato tradotto anche in spagnolo e uscirà a breve anche in Brasile e Stati Uniti.

"Una passione per l’uomo", il tema di quest’anno, come antidoto, quindi, al male del millennio, di un uomo sempre più connesso col mondo e sempre più solo, vuoto e prigioniero del "nulla".

"Una passione per l’uomo" era la definizione fulminante del cristianesimo data da don Giussani in un incontro del Meeting nel 1985. Non è per 'fondare una religione', diceva, che è nato il cristianesimo. Questa passione per l’umano è la scoperta di un’ultima irriducibilità di ogni 'io', del suo essere voluto per sé stesso, del suo ostinato, stupefacente desiderio di bellezza e di felicità. Ma è proprio questo che, oltre ad affascinare, inquieta, perché è solo nell’incontro con qualcosa o qualcuno che ci impatta può ridestarsi e non alienarsi nei propri ruoli e nelle proprie prestazioni. Questa è la battaglia culturale più drammatica oggi, in un’epoca contrassegnata da un nichilismo diffuso, anche in coloro che magari credono di esserne indenni: ridare spazio al desiderio che abita l’io e favorire la sua libertà rispetto a ogni riduzione del potere.

Come ha impattato il dramma della guerra sulla riflessione sul tema prescelto e sull’organizzazione ormai in corso della rassegna?

La tragica guerra portata dalla Russia in Ucraina è una di quelle situazioni - dopo quella drammatica della pandemia, non ancora scomparsa - in cui riemerge il bisogno che abbiamo, più del pane, di essere guardati e di guardare con questo sguardo originale sull’esperienza umana. Il criterio emerso nella preparazione di questo Meeting,è che noi oggi siamo chiamati a costruire la pace, non come un appello utopico, ma nell’esperienza personale di ciascuno, come il Papa non si stanca di richiamare. Perché è solo nel cambiamento delle coscienze che la pace diventa reale, effettiva.

Ma le cronache terribili del quotidiano sembrano cancellare del tutto la speranza.

Nei primi tempi di questa guerra un noto e stimato intellettuale intervenne lamentando il fatto che invano cercava nei grandi quotidiani notizie e analisi sulla reale posta in gioco del conflitto (l’espansione della Nato, i rapporti di forza militari, le relazioni economiche dell’Occidente con la Russia ecc.), mentre vi trovava in abbondanza i racconti degli sfollati, dei profughi, delle persone che avevano perduto i loro cari. La storia di una qualsiasi, sconosciuta donna che piangeva la morte del suo bambino sotto le bombe sarebbe solo 'un caso particolare e basta' rispetto alle grandi leve della storia. Invece è vero esattamente il contrario: le guerre scoppiano proprio perché non si è più capaci di cogliere il nesso tra i poteri di questo mondo e il destino di una singola persona. Il singolo diventa niente sotto il rullo compressore dell’ideologia. È in quello scollamento che comincia la guerra; ed è da lì che bisogna ricostruire la pace.

L’incontro con il cardinale Zuppi domenica 21 va proprio al cuore del tema di quest’anno.

Nelle nostre attese rappresenta lo snodo cruciale del Meeting. Ma come sempre può capitare che anche in un incontro dedicato ad àmbiti particolari, senza personalità di grande fama ma magari testimoni da terre e situazioni periferiche sconosciute o gente impegnata nel lavoro educativo, si apra sempre un mondo intero. E nelle storie particolari si può veder brillare un senso e un ideale rivolto a tutti, cioè davvero 'personale'.

Fra le mostre particolarmente attesa è quella dedicata al centenario di don Giussani.

Rappresenta un’occasione unica per ascoltare, anzi per 'vedere' quest’uomo parlare, perché la verità e la persuasività di una proposta risultano non soltanto da 'quello' che viene detto, ma anche e soprattutto da 'come' viene detto. Questo criterio della 'corrispondenza' di Cristo al cuore e alla ragione dell’uomo resterà uno dei contributi più decisivi, e per molti versi ancora da scoprire, del suo carisma. E poi consiglierei, tra le diverse altre, tutte davvero interessanti, la mostra su alcuni protagonisti dell’arte italiana del Novecento (da Arturo Martini a Renato Guttuso), che testimoniano attraverso grandi opere un’attenzione e una commozione inedita di fronte all’irriducibilità dell’umano.

Il suo, atteso, incontro di filosofia martedì sera, come si articolerà?

Sarò con il mio collega e grande amico spagnolo Josep Maria Esquirol, dell’Università di Barcellona. Cercheremo di fare un pezzo di cammino insieme, alla scoperta delle tracce dell’umano che oggi sembrerebbero smarrite o cancellate, ma che tornano invece a farsi sentire con una urgenza esistenziale e una drammatica bellezza. Come capita soprattutto alle persone ferite dalla vita, che non credono di sapere già come mettere a posto le cose, ma si scoprono bisognosi di tutto. Del senso incarnato e della propria libertà.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI