mercoledì 20 gennaio 2021
A colloquio col teologo nigeriano su come dal Continente nero possa diffondersi, secondo lo spirito delle encicliche “Laudato si’” e “Fratelli tutti”, una rigenerazione umana
Agbonkhianmeghe Orobator, teologo e gesuita nigeriano

Agbonkhianmeghe Orobator, teologo e gesuita nigeriano - -

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L’Africa come «serbatoio di spiritualità » per un Occidente intrappolato nella scissione tra salute personale e benessere cosmico. Con Agbonkhianmeghe Orobator, teologo e gesuita nigeriano, voce ascoltata dell’Africa - fu lui a predicare gli esercizi spirituali per i leader del Sud Sudan, convocati in Vaticano da papa Francesco per un percorso di riconciliazione -, affrontiamo la parola «spiritualità» nelle sue varie dimensioni che possono orientarci in questo nuovo decennio.

Nel libro Confessioni di un animista lei parla di un «rinnovamento spirituale » che la religiosità africana può offrire al mondo intero, in particolare a quell’Occidente nel quale il progresso tecno-scientifico e la globalizzazione hanno reso più debole la spiritualità. In che modo può avvenire questo rinnovamento?

Credo che questo stia già accadendo. Guardiamo alla forza della globalizzazione e della tecnologia comunicativa. Sia via internet sia tramite i social si può vedere uno scambio di informazioni e condivisioni delle pratiche religiose e culturali dall’Africa verso l’Occidente. La continua emigrazione di africani verso Europa e Nordamerica ha anche creato il fenomeno di africani che costituiscono comunità di culto nella diaspora. Quando la gente emigra, non abbandona le pratiche o i valori religiosi; li porta con sé e vorrebbe cercare di replicarli, come un sistema di aiuto in una nuova terra. In alcune circostanze, queste comunità della diaspora sono capaci di mescolarsi con altre comunità così da creare gruppi con una fede ibrida e fervente. Ho visto personalmente diversi esempi di questo fenomeno sia negli Stati Uniti sia in Europa, dove comunità di fede che stavano tramontando sono state ravvivate dai migranti.

La spiritualità africana sostiene che esiste una connessione che unisce creato e umanità, come afferma la Laudato si’. La filosofia occidentale (da Cartesio in poi), ha spiegato la realtà in maniera binaria: spirito e materia, corpo e anima. Ma secondo la Bibbia l’uomo è un essere trinitario: corpo, anima e spirito. Quale può essere il contributo dell’Africa per una nuova antropologia nell’era dell’Antropocene?

Guardiamo la questione dal punto di vista della salute e del benessere. Il significato dell’approccio africano allo stare bene lega un’armoniosa relazione interpersonale e un’integrazione cosmica con un’umanità sana. La salute non è definita unicamente come un benessere psicosomatico dell’io. Molto opportunamente, lo star bene è in funzione di un far star bene, una dimensione che abbia un afflato esistenziale universale. Questa comprensione della salute è simile a quella prevista in Laudato si’. Francesco sostiene che la terra è come un arazzo formato dai filamenti che sono la vita umana, la biodiversità della flora e della fauna e l’ecosistema. Secondo Francesco «siamo tutti in relazione, ogni cosa nel mondo è collegata». Ciascuno dipende dall’altro, siamo una «famiglia universale». Così, lo sconvolgimento di questa intima relazione causa conseguenze per il benessere e la sopravvivenza dell’umanità. In tal senso, la salute e il benessere personale non sono questioni meramente individuali. Esiste un «premio sociale» che riguarda la salute. L’armonia interiore si intreccia con le relazioni armoniose che abbiamo con gli altri, con la natura e con Dio. Questo legame, inteso antropologicamente ed ecologicamente, costituisce il luogo vitale per la salute e il benessere dell’individuo, delle comunità e del globo. Per tale motivo, piuttosto che sfruttare la natura per interessi che provocano conse- guenze nefaste (vedi i cambiamenti climatici), dobbiamo prendercene cura per garantire la nostra sopravvivenza collettiva, quella dell’intera umanità e della nostra casa comune.

«La religione africana ha qualcosa da dire al mondo e alla Chiesa». Secondo questa sua affermazione, quali aspetti della spiritualità del suo Continente possono dire qualcosa di nuovo all’Occidente?

Non voglio idealizzare la religione africana. Credo però che essa serva come proposta critica contro i tentativi estremisti di ridurre il valore e l’essenza della religione a un’ideologia settaria e rivaleggiante, come talvolta accade in Occidente. Di fronte alla costante tensione tra religioni (ad esempio islam e cristianesimo), la religione africana è un deposito vitale di umanità che può sostenere il credo in un futuro del mondo e aiuta a istruire i propri adepti nell’arte della tolleranza, della coesistenza pacifica e del rispetto per la dignità umana. Una forma abbreviata di sintesi della religione africana è la nozione di Ubuntu.

La tradizione filosofica propugnata da Julius Nyerere, il presidente della Tanzania morto in odore di santità…

Esatto. In sintesi, si tratta dell’idea che privilegia l’inclusività sull’esclusività, la comunità rispetto alla competizione, l’ospitalità sull’ostilità, il dialogo rispetto al confronto e il rispetto a fronte della dominazione. L’Ubuntu riguarda il dialogo come centro di quello che significa essere pienamente umani senza escludere nessuno. È un dono della religione africana al mondo intero. Questo apporto non consiste nella hybris del settarismo e dell’estremismo, ma risiede nelle sue profonde sorgenti di umanizzazione. Non è una religione che cerca di dominare o fare proseliti: ci insegna molto su come vivere una vita morale in una comunità di valori condivisi.

In un recente articolo sull’Osservatore Romano, lei argomenta la comunanza di visione tra la sopra citata filosofia africana dell’Ubuntu e l’opzione francescana di Fratelli tutti.

La filosofia Ubuntu e papa Francesco in Fratelli tutti concordano sul punto chiave che l’umanità non è semplicemente un atto sociale che deve essere analizzato oppure osservato. L’umanità è una rete composta da relazioni, connessioni e incontri. Queste dimensioni messe insieme rendono l’umanità un popolo piuttosto che una collettività logica. Quando incontriamo l’altro come un popolo, quando dialoghiamo come una comunità, quando dimostriamo empatia, solidarietà e compassione gli uni verso gli altri, allora l’umanità fiorisce in pienezza e la gloria di Dio brilla pienamente in ogni essere umano. Questo messaggio unisce l’Ubuntu e Fratelli tutti.

Karl Ranher scrisse che «l’uomo del XX secolo o sarà un mistico o non sarà». La pandemia, la tecnologia e la globalizzazione hanno cambiato questa profezia?

Contrariamente alle pretese di Auguste Comte e Karl Marx, ovvero che la religione (così come l’avevano mal compresa loro) sarebbe stata destinata a sparire, la persona umana continua a trovare conforto e linfa per un’esistenza degna nella ferma credenza in una Realtà Ultima. Certo, la religione è stata strumentalizzata per sfruttare le persone in diverse circostanze. Sicuramente, nonostante i successi della tecnologia, la fede, la credenza, la religione e la spiritualità stanno continuando a offrirci risorse vitali per la realizzazione umana. Infatti, la fede e la spiritualità sono le forze capaci di portare alla luce le manifestazioni più belle dello spirito umano sotto forma di amore, giustizia, compassione e solidarietà. Questo è un misticismo pratico non limitato solo a quanti praticano una religione, ma è esemplificato da quanti Papa Francesco ha definito «i santi della porta accanto».

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