venerdì 28 maggio 2021
Quarant’anni di lavori dell’artista che cercava di superare il vincolo del peso e della materia con sculture che fossero attraversabili con lo sguardo e dessero un’idea di fuga nello spazio
Una scultura  di Pietro Consagra, “Controluce n. 2” (1976)

Una scultura di Pietro Consagra, “Controluce n. 2” (1976) - Taormina, "Il colore come materia

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Per Consagra il dialogo con l’ambiente è stato poesia e provocazione. Per un verso egli mirava a sospendere ogni idea di scultura come peso e materia che trasformasse lo spazio col suo assetto duraturo, per l’altro puntava a modificare l’ambiente con un intervento che fosse anche indicazione di una partecipazione attiva dello spettatore. Soprattutto nelle opere degli anni 60 del secolo scorso, sottili e monocrome (bianche, rosa, violette, lilla, blu, carminio, nere...), suggerimenti 'sospesi', potrebbe dirsi, forme attraversabili e quasi smaterializzate, egli non mirava a prolungare il dato naturalistico o a sovrapporsi a esso, ma a creare come un diaframma, tra natura e spettatore, che risultasse, per quest’ultimo, una sorta di attivatore di energia. Era implicita una provocazione: una spinta a guardare la realtà con occhi nuovi. Nello spazio di sensuali fessure l’artista sollecitava fughe all’interno, nella sensibilità e nella immaginazione, ma anche nuovi passaggi e nuove visioni della realtà, ristabilendo una sorta di equilibrio con l’ambiente, stimolando un nuovo e personale senso di responsabilità, umana e sociale.

È con queste prospettive interpretative che si è aperta a Taormina, nel Teatro Antico, una selezione di opere del maestro ("Il colore come materia"; fino al 30 ottobre), realizzate tra il 1964 e il 2003, a cura di Gabriella Di Milia e Paolo Falcone, «intrecciando con le memorie del Teatro e con il paesaggio circostante – scrivono i curatori – un inedito dialogo in un percorso en plein air aniconico e temporale». Strategica è la scelta degli spazi in cui sono collocate le opere, in genere nei luoghi di transito, come i due pàrodoi o i vomitoria, quasi ad accompagnare il visitatore dell’antico sito nel suo riandare al passato, collegando il presente alla storia. Alcune opere attuano una strategia visiva maggiormente legata al segno e ai suoi suggerimenti visivi, come Bianco Macedonia e scaglie di ossidiana, opera del 1977, e Nero del Belgio e diaspro rosso, in cui l’artista crea nella compagine del prezioso marmo un tracciato tra natura e astrazione.

Suggestivi i 'Controluce'. Consagra rifuggiva in genere nelle sue sculture dai giochi di ombre e dai riflessi naturali. Puntava a una evocazione interna, ai controluce, che consentono di leggere l’opera nei suoi contorni ma anche nell’esito molteplice dei suoi possibili attraversamenti, come nell’opera Controluce n.o 2, del 1976. È della serie dei 'Giardini' l’opera Giardino bianco, ancora degli anni 60. La forma si inserisce nello spazio antico assorbendone la suggestione, l’atmosfera. Splendida Oracolo di Tebe, del 1988. Qui il gioco dei segni, letti in trasparenza sul fondo bianco, evoca suggestioni misteriose. Infine Piano sospeso bianco, del 1964, l’opera da cui prende avvio il percorso espositivo. Qui la scultura sembra perdere la sua identità di segno nel gomitolo della sua sagoma, si fa puro e astratto invito percettivo.

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