giovedì 10 ottobre 2013
​Il riconoscimento dell'accademia svedese è andato all'82enne autrice di narrativa. Famosa per i suoi racconti brevi, carichi di studio psicologico. All'ora della proclamazione la scrittrice dormiva: il messaggio lasciato in segreteria telefonica.
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Quest’anno, nell’assegnazione del Premio Nobel per letteratura, l’Accademia di Svezia sembra non aver anteposto, come era successo in molti casi negli anni scorsi, la valenza anche politica nella scelta del nome del designato. Così in Canada la notizia è arrivata in piena notte, al punto che gli Accademici hanno dovuto lasciare un messaggio nella segreteria della grande scrittrice Alice Munro, perché irraggiungibile al telefono. È la tredicesima donna a ricevere l’importante riconoscimento, assegnatole in quanto «maestra della "short story" contemporanea e il premio serve anche a mettere in luce le potenzialità del "racconto», genere che spesso viene guardato con sospetto dagli editori, ma che può diventare, come nel caso della Munro, una cifra stilistica. Come lo era anche per le scrittrici americane che hanno maggiormente influenzato la sua formazione. La scrittrice ricorda: «Quando i bambini erano piccoli ho letto come una disperata, tutto, ma non sono mai stata influenzata dai classici del ventesimo secolo come Proust, Mann, la letteratura nobile, perché non capivo quel tipo di società. Gli autori che mi hanno spinta a scrivere sono Flannery O’ Connor, Carson McCullers, Eudora Welthy, scrittrici che raccontano le piccole città, la povera gente. Il mio territorio. Perché non solo ho avuto la fortuna di nascere povera, ma di vivere in un paese che tratta i poveri con dignità». A questi modelli è sempre stata fedele, reinventando il tema della memoria e dell’affondo nel silenzio delle anime e delle loro sofferenze nel suo territorio, quello delle città del Canada rurale del Midwest, mettendo in rilievo i flussi di coscienza, la possibilità di percepire il mondo nella sua bellezza e al contempo nel suo dramma più profondo. In questo senso la sua ultima raccolta di racconti, tradotta in Italia, due anni fa, da Einaudi, è assai indicativa e risulta uno dei suoi libri più tesi e maggiormente interroganti. Si intitola Troppa felicità e affronta la natura del male in modo assolutamente antitetico, rispetto all’esibizionismo cui il tessuto culturale contemporaneo ci ha abituato. La grandezza della scrittura della Munro sta nello sguardo con cui approccia il dramma: l’evento crudele, il male, resta come in sottofondo nei suoi racconti per far emergere silente, ma ancor più incisiva e straordinaria, la devastazione dell’anima, il nodo interno ai suoi personaggi che attraversano, cercando di ricostruire, le realtà devastate dei loro interni familiari. Con sempre una speranza da coltivare, come ha scritto, Eraldo Affinati: «Nonostante tutto, le ragazze fragili e intelligenti che hanno visto svanire i propri talenti, le signore cariche d’esperienze acuminate come lance mortali, sulle quali Alice Munro concentra l’attenzione, vogliono continuare a vivere. Questo ce le fa amare. La bellezza dei loro mondi interiori, ne siamo certi, è un fuoco che non smetterà mai di ardere e prosperare».Del resto la scrittrice ha detto: «Credo che la gente legga le mie storie per le stesse ragioni per cui io le scrivo. Perché non cerco il lieto fine, perché scrivo per un momento di choc, di stupore, di rivelazione - ciò che rende la vita appassionante per me. E se riesco a suscitare negli altri questo effetto, è meraviglioso. Lo so, parlo di cose difficili, di sofferenza, di come si sopravvive alla sofferenza». Nata il 10 luglio del 1931 a Wingham, in Ontario, in una famiglia di allevatori e agricoltori, la Munro ha iniziato a scrivere da adolescente e ha pubblicato la sua prima novella, The Dimensions of a Shadow, mentre era studentessa all’University of Western Ontario nel 1950. La sua prima raccolta di racconti, La danza delle ombre felici esce nel 1968 e riscuote ampi consensi di critica. Nel corso degli anni Ottanta e Novanta la Munro ha regolarmente pubblicato una raccolta di racconti ogni quattro anni, ad eccezione di un romanzo pubblicato nel 1971, dal titolo Lives of gilrs and woman in Italia non ancora tradotto. Le sue opere nel nostro Paese sono edite da Einaudi, mentre Mondadori lo scorso giugno ha pubblicato, in un Meridiano, curato da Marisa Caramella, una scelta dei suoi migliori racconti, in un percorso che segue tutta la sua produzione, coprendo oltre quattro decenni (dal 1968 a oggi) per un totale di cinquantacinque racconti, alcuni inediti in Italia, un prezioso strumento per attraversare la sua opera che si muove, indagando, come dice la scrittrice «la complessità delle cose: niente è facile, niente è semplice». Il riconoscimento del Nobel arriva per Alice Munro a poca distanza dal suo annuncio di non voler più scrivere. Lo aveva annunciato qualche mese fa, parlando della «stanchezza per la solitudine» richiesta dal lavoro di scrittore.
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