giovedì 24 agosto 2017
«Imparare sui grandi film aiuterebbe l’allievo a saper scegliere cosa vedere e a sviluppare senso critico. Se ogni istituto avesse una sala di proiezioni sarebbe una vera rivoluzione»
Carlo Verdone nel 2010

Carlo Verdone nel 2010

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Qualche giorno fa è scomparso l’ultimo dei grandi comici del cinema hollywoodiano classico, Jerry Lewis, e di lui serbo un buon ricordo. Mio padre, Mario Verdone portava me e Luca, mio fratello, a vedere i suoi film. Inutile sottolineare che scoprire un padre di una “certa” età – eravamo piccoli e lui ci appariva “grande” –, professore e giornalista, quindi “serio”, ridere alla soluzioni comiche di Jerry ci riempiva di gioia ancor più. Era la prova che la comicità quando è autentica e originale, non solo lega insieme, nel piacere dello spettacolo, caratteri e psicologie diversi ma, soprattutto, generazioni lontane tra loro. Ridevamo tutti, come nella scena finale, ambientata in un cinema, di La Folla (1928) capolavoro di King Vidor.

Jerry Lewis piaceva perché con la sua mimica straordinaria, con quel suo trasformismo facciale era l’anello umano di congiunzione tra l’attore e il cartone animato. Poteva sembrare senz’anima, ma non era vero. In lui la timidezza e la bontà di fondo erano ben evidenti. Il corpo così elastico, il viso che in trenta secondi assumeva cento espressioni ne facevano, quando esordì, l’idolo di una platea vasta di bambini. E infatti lo amavo molto. La sua gestualità era straordinaria, surreale e credo che non ci sarà più nessuno come lui. Che fosse poi un attore completo lo dimostrò interpretando film seri ottenendo molti riconoscimenti. Lewis è uno dei tanti che andrebbero riscoperti e analizzati. Come molti autori sconosciuti alle nuove generazioni.

Ma per fare questo il cinema deve essere materia obbligatoria a scuola. Dovrebbe entrare nelle medie inferiori e superiori attraverso un programma ben strutturato affidato a docenti che hanno studiato il cinema. Credo che almeno 50 film classici, di diverse cinematografie, quindi diverse culture, dovrebbero esser studiati filologicamente in quanto capolavori assoluti, accanto alle opere di letteratura, di filosofia e di arte. Lo studio rigoroso del cinema a scuola aiuterebbe l’allievo a diventare un buon spettatore e, di conseguenza, a saper scegliere cosa andare a vedere. E, non ultimo, a sviluppare un importante senso critico.


Mio padre Mario, per esempio, sostenne sempre la tesi dello studio obbligatorio del cinema e della televisione a scuola; e infatti fu il primo docente universitario in Italia di “Storia e critica del film”. Ci sono alcuni film, è innegabile, che sono arte pura. E aggiungo che la commedia ha raccontato spesso vicende drammatiche molto meglio dei film “seri”. Alcune pellicole di commedia hanno saputo narrare, per esempio, la guerra in modo assai efficace: basti citare La grande guerra di Mario Monicelli con Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Tiberio Murgia e altri grandi attori. Leggo su internet che in Italia ci sono circa novemila tra scuole medie (oggi sono comprese negli Istituti comprensivi ) e superiori, incluse le non statali. Se in ogni scuola avessimo una sala a norma pensate quante possibilità per il cinema! Non solo i ragazzi potrebbero recuperare, didatticamente guidati, un patrimonio cultuale che è “invisibile”, nel senso che è escluso dal loro palinsesto quotidiano, ma anche conoscere tutte quelle opere di autori italiani e stranieri, emarginati dalla dura legge del mercato. Molti giovani stanno abbandonando le sale, ormai il consumo audio video è individuale, fatto di clip mordi e fuggi, cuffie e tablet h24, consumo compulsivo e solitario. I giochi, spesso violenti, hanno preso il sopravvento. Non si parla più. Torniamo al cinema. Anche a scuola. Sarebbe una vera rivoluzione culturale, un nuovo 68.

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