sabato 28 marzo 2020
La cantautrice, prima a fare i concerti sul web, lancia il nuovo album. Il 31 marzo parteciperà all’evento per la Protezione Civile “Musica che unisce”
Francesca Michielin

Francesca Michielin - Roberto Graziano Moro

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«In questo momento, come molti di voi, sono distante da casa ma più che mai ho il cuore nella mia città natale, Bassano del Grappa. Per questo ci tengo a sostenere la Croce Rossa, che in questi giorni sta lavorando duramente per far fronte all’emergenza del virus e perché, come sempre, il loro lavoro è prezioso e non va mai dato per scontato». A scriverlo su Instagram è Francesca Michielin. «Servono materiali e attrezzature fondamentali per far fronte a questa emergenza», aggiunge la cantante 25enne che dalla sua casa di Milano lancia appelli alla collaborazione. Una ragazza impegnata lo è da sempre Francesca, che parteciperà al concerto evento a favore della Protezione Civile Musica che unisce, il 31 marzo a partire dalle 20.30 su Rai 1 e Rai Radio 2, e disponibile su tutte le piattaforme Rai: Rai Play, Youtube e Facebook, con decine di artisti in collegamento via web. Non dimentichiamo che la Michielin, cantautrice e polistrumentista, è stata la primissima a proporre concerti online ai tempi del Coronavirus, in occasione dell’uscita del suo bell’albumFeat (Stato di natura) appena uscito per Sony Music, 11 brani con altrettanti collaborazioni con i nomi più interessanti della scena italiana, da Fabri Fibra a Dardust, Charlie Charles, Coma_Cose, Takagi&Ketra sino a Max Gazzé ed Elisa. Musicalmente variegato, declinato fra rock, gospel (Francesca ha iniziato a cantare nel coro della sua parrocchia), canzone d’autore, ma soprattutto, attualissimo nei temi, nel contrasto fra frenesia cittadina e il ritmo della natura. Aspettando di sentirla suonare dal vivo, quando riprenderanno i concerti, il 20 settembre al Carroponte a Milano, parliamo con lei al telefono.
Francesca, come passa le sue giornate?

Sto accettando questo momento stoicamente , è successa una cosa inedita ed è difficile fare previsioni: dobbiamo lasciare la parola a chi ha la competenza. In questo isolamento produttivo cerco di rendermi conto di quanto accade. Sto agendo con responsabilità sociale: tutti possiamo mostrare altruismo, lo facciamo per i più deboli. Inoltre sto scrivendo luna nuova rubrica sui social, #CineStatodiNatura, in cui seleziono dei film su giovani donne coraggiose, perché abbiamo bisogno, tutti e tutte, di un modello a cui ispirarci e a con cui lottare assieme. Primo titolo consigliato La principessa Mononoke di Miyazaki del 1997.

Anche lei è stata coraggiosa: è stata la primissima a lanciare i concerti in streaming sul web che ora fanno in tanti.

Sono rimasta sorpresa tantissimo dall’affetto da casa, gli eventi sono stati seguitissimi. Abbiamo dovuto fare di necessità virtù, avevamo pensato a tre anteprime live del disco, ma grazie al web abbiamo trovato una modalità che sta dando un messaggio importante: la musica non si ferma. La musica ha un ruolo importante, quello di arricchire e di preservare bellezza comunicazione.

È appena uscito il video di “Stato di natura”, un brano molto forte contro la violenza soprattutto sulle donne che lei canta coi Maneskin.

Stato di natura è il manifesto di un progetto. Un titolo emblematico che si ispira alle teorie del filosofo John Locke, che avevo studiato a scuola. Nello stato di diritto l’uomo si trova davanti a regole stabili, da sempre impresse nel suo cuore e non imposte da nessuno, alle quali si deve attenere. Ora viviamo in un mondo ipertecnologico, iperurbanizzato, dove sembriamo esserci dimenticati il dono dell’umanità e il dono della parola, che ha perso valore. Siamo avvolti da una aggressività verbale che coinvolge tutti, ma che attacca ancor più spesso le donne, dato che la figura femminile è sempre oggetto di dibattiti, mentre invece merita profondo rispetto.
Forse in questo drammatico momento storico si riscoprono all’improvviso certi valori che parevano “antichi”.
Guardi, io sono nata pedemontana, in un’isola felice, un luogo magico, ricco di natura, con una cultura multietnica molto forte, in un ambiente bellissimo con genitori molto aperti. Ho sempre visto la natura come rifugio ed evasione. Il primo impatto con Milano è stato con una città sintetica, caotica, che ti schiaccia, che sentivo super distante. Ma poi ho cercato di riflettere sulla mia natura che è in bilico fra due dimensioni, quella cittadina e quella naturale.

Come mai tutte queste collaborazioni nel suo disco?

È un disco estremamente eterogeneo, una celebrazione della diversità come ricchezza. Incontrarsi è difficile. Risulta sempre più semplice scontrarsi, elencare le differenze, usarle per allontanarsi. Credo, però, non ci sia specchio migliore se non nell’altro. Credo ancora che le differenze siano belle perché non tolgono nulla, anzi, riempiono davvero. E mai come in questi giorni ce ne stiamo accorgendo.

A proposito di confronto e condivisione, lei da sempre è attiva nel volontariato.

Ho avuto la fortuna di nascere di fronte a un centro missionario degli scalabrini a Bassano e da quando avevo 11 anni ho fatto volontariato lì con mio fratello. Il mio doposcuola era composto da bambini italiani di prima generazione, sono sempre stata a contatto con famiglie di varie parti del mondo. Quando sei abituato fin da piccolo, di pregiudizi non ne hai. E in questo momento di fronte alle emergenze diventa chiaro che siamo tutti uguali. Io sono ancora molto attiva nel volontariato che ritengo sia la salvezza per il nostro Paese, specie sul fronte dell’integrazione. E dedico almeno una settimana sul campo d’estate : ma lo faccio in maniera personale senza che ciò venga strumentalizzato dai social.

Chiudiamo parlando di papa Francesco, che ieri ha compiuto uno straordinario gesto in piazza San Pietro per tutti noi. Lei ha suonato per lui per il Giubileo dei giovani nel 2016…

Papa Francesco è una persona straordinaria. Ha la forza riunire le persone al di là del credo. Io ho un bellissimo ricordo dell’incontro con lui. E si ricollega al discorso delle nostre vite come erano diventate prima della pandemia, un momento in cui tutti siamo diventati idoli egoreferenziali. Nel momento in cui gli ho stretto le mani, mi è venuta spontanea una domanda che forse sembrerà essere domanda assurda. «Santità, come si fa diventare santi?» gli ho chiesto. E lui mi ha risposto in modo folgorante: « Bisogna essere autorironici».

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