mercoledì 1 febbraio 2023
Il cantante superfavorito al Festival racconta il suo ritorno in gara dopo 10 anni: «Nel 2013 nessuno credeva in me. La vittoria fu la svolta della mia carriera». Ora all’Ariston con "Due vite"
Marco Mengoni sarà in gara al 73mo Festival di Sanremo con "Due vite"

Marco Mengoni sarà in gara al 73mo Festival di Sanremo con "Due vite" - Foto Andrea Bianchera

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«Quando partecipai in gara al Festival nel 2013 molti mi davano per spacciato, finito, o almeno questa era la mia sensazione. Nessuno credeva in me, ero pronto a tornare ai miei studi di Architettura e invece fu il punto di svolta della mia carriera. Oggi torno in gara con maggiore consapevolezza». E fu proprio la vittoria a Sanremo con L’essenziale a lanciare Marco Mengoni nell’empireo delle stelle di prima grandezza della musica italiana.

E’ un Mengoni rilassato, gentile e ironico come sempre, quello che chiacchiera tra i tavolini della Bocciofila della Martesana, un luogo frequentato da pensionati e gente normale del quartiere Turro a Milano. Nonostante tutti gli chiedano cosa si provi a sapere di essere il superfavorirto alla vittoria del 73mo Festival della canzone (tallonato da Ultimo) il cantante di Ronciglione risponde flemmatico che «l’importante è partecipare». E a chi gli chiede se vede bene il suo pezzo in gara a Eurovision replica gattone che «un bel pezzo sta bene dappertutto, un po’ come il nero». Però altissime sono le aspettative all’Ariston per Due vite, scritta da Mengoni con Davide Petrella e Davide Simonetta, una ballad dalla struttura non classica, sia dal punto di vista strumentale, sia di sviluppo e arrangiamento vocale, che parla del rapporto complesso di due persone che si incontrano e si allontanano come due pianeti.

«Essere il favorito può mettere pressione, è scontato dire che vorrei andare a Sanremo per divertirmi e non pensare alla finale di sabato sera - ammette -. Spero però, dopo questi ultimi anni così difficili, di portare un po’ di spettacolo. Se si vince bene, se non si vince siamo assolutamente contenti. Porto qualcosa di molto diverso rispetto a quello che ero dieci anni fa». Ma anche molto diverso da quando nel 2010 fu catapultato direttamente da X Factor al podio, terzo posto, di Sanremo con Credimi ancora (»ero molto giovane e immaturo» aggiunge). Poi la prova del fuoco nel 2013, o la va o la spacca. « Non me l’aspettavo minimamente di vincere - ricorda - Era tutto un po’ strano, il 2012 fu pieno di cambiamenti nella mia vita manageriale, un momento di confusione. Eravamo molto giovani io e la mia manager Marta Donà, e nessuno credeva in noi. Non credevo di poter essere in grado di reggere una carriera di questo tipo, avevo paura di ritornare indietro in un secondo. Ma mi sono sentito di combattere in quel Sanremo contro tutto. E la vittoria al Festival mi ha svegliato da dubbi profondi. Ora come 10 anni fa porto a Sanremo un brano con una riflessione per me importante, e mi piace l’idea di condividerlo con il pubblico da un palco che tanto mi ha dato».

Due vite è infatti il primo tassello dell’ultimo capitolo della trilogia Materia, progetto che ha appena guadagnato il terzo disco di platino, la cui uscita è prevista prima del tour negli stadi di Mengoni che riprende il prossimo 8 luglio da San Siro a Milano. Materia (Epic Records Italy / Sony Music Italy) è un percorso in tre parti - iniziato a dicembre 2021 con Materia (Terra) e proseguito con Materia (Pelle) – che racconta il mondo musicale di Marco Mengoni rendendo il suo stile inconfondibile, ricco di sfumature soul e rhythm and blues come dimostra anche la scelta del duetto di venerdì 10 febbraio. Mengoni intonerà Let it be dei Beatles insieme ai 13 elementi del londinese Kingdom Choir (per la cronaca, lo stesso coro gospel che cantò alla cerimonia nuziale di Harry e Megan). « Let it be è una di quelle canzoni che si fatica anche solo a definire canzoni. È molto di più, sono parole senza tempo, un inno potente. Mi piaceva portare inno ad andare avanti e lasciare scorrere questa vita E sono molto felice di farlo con The Kingdom Choir. Non ho mai cantato con un coro gospel così numeroso: ma occorreva la spiritualità di un gospel vero» precisa. Una passione per la musica afroamericana, quella del cantante appena rientrato da un viaggio in Alabama, nata grazie a sua madre che ha sempre ascoltato quella musica, «che mi rappresenta, mi libera, mi rilassa, mi rende tranquillo e mi fa pensare».

E di pensiero ce n’è anche dietro a Due vite, che definisce «la mia storia infinita». In quale senso, gli chiediamo? «Il viaggio infinito è riferito a un lavoro di analisi che sto facendo con me stesso che è infinito perché non ci si scopre mai fino in fondo. Lo vedo moltissimo nei miei sogni, il mio inconscio mi mostra delle verità che la vita fenomenica non mi dà. Due vite si basa su questo parallelismo, è la vita che vivi tutti i giorni in contrasto con l’onirico. I miei sogni mi fanno riflettere molto». Mengoni rivela che queste riflessioni arrivano da un percorso lungo sette anni con una terapeuta con cui si ritaglia un’ora alla settimana «per dedicarla ai miei pensieri attraverso la respirazione, la maindfullness ed altro. Un lavoro di questo tipo di fa cambiare, ti fa crescere e capire molte cose». Insomma «analizzarsi può far stare tanto bene quanto male, ma io sono una persona abbastanza curiosa. E dall’università dove ho bazzicato in psicologia, ho capito che il vero cambiamento arriva da esperienze di vita forti e importanti. Lì mi sento cambiato, sento di aver dato un peso diverso a quello che mi sarebbe successo. E spero di affrontare con questo spirito anche l’ansia di Sanremo, di normalizzare il tutto».

Perché Marco anche nel brano sanremese parla di schiaffi dati dalla vita, in un Sanremo in cui molti suoi colleghi cantano la depressione e il disagio. «Invece questa canzone la vedo con molta positività, anche se al suo interno c’è una apocalisse lunare che però non è terrestre - spiega per metafore -. Io mi auguro di sbagliare ancora, sono contento di avere sbagliato nella vita e contento di aver capito tante cose e di avere preso tanti schiaffi che mi hanno insegnato tanto. E sono contento di avere capito a quasi 35 anni che anche se credi di avere sprecato del tempo, invece magari hai approfondito dei rapporti o hai sviluppato la tua creatività. Questo brano parla di esistenza e quindi di vita, è una discussione con se stessi. E’ un rilancio continuo, vorrei sempre pormi delle domande ed essere curioso di conoscere qualcosa di me».

E in quest’ottica il progetto Mengoni a Sanremo si allarga e diventa multimediale. Il cantante con l’idea di prendersi il proprio tempo a Sanremo lancia Lido Mengoni: un quartiere generale che farà base al Circolo Canottieri della città dei fiori, «un luogo creativo, un punto di raccolta e di ritrovo dove si possono scambiare idee e fare molte attività, dove incontreremo amici e colleghi» che sarà a disposizione sulle piattaforme social del cantante. Per i giorni del festival sarà accesa tutto 24 ore su 24 Radio Lido Mengoni, web station sull’app Stationhead. E sempre dal Lido, Mengoni si ritaglierà ogni giorno alla mattina una chiacchierata leggera sull’attualità con l’attore Fabio De Luigi che sarà raccolta in un podcast quotidiano Caffè col limone, prodotto da Dog Ear e disponibile quotidianamente e gratuitamente su tutte le piattaforme. Non manca l’impegno ecologico per la sensibilizzazione sulla difficoltà di accessibilità dell’acqua nel mondo grazie alla presenza di un punto Wami che racconta, quanto realizzato in Tanzania grazie al bilanciamento dell’impronta idrica degli spettatori del tour di Marco che ha garantito la donazione di oltre 36 milioni di litri d’acqua ad un acquedotto nel paese africano

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