venerdì 30 agosto 2019
Il regista presenta "Il sindaco del Rione Sanità", in concorso alla Mostra del Cinema, con gli attori del Nest, teatro nato dalla periferia di Napoli
Mario Martone: «Eduardo ci invita alla responsabilità individuale»
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“Il vero problema è l’abbassamento vertiginoso dell’età della criminalità nei nostri territori. Glielo dico da uno che vive in un quartiere difficile, San Giovanni a Teduccio che sono orgoglioso di portare qui a Venezia”. Appassionato e travolgente, l’attore Francesco Di Leva è colui che ha convinto il regista Mario Martone a fare del “sindaco del Rione Sanità” (disegnato come un 75enne da Eduardo De Filippo) un boss 40enne rude e palestrato circondato da ragazzetti dalla pistola facile. Un successo prima a teatro, con la produzione dello Stabile di Torino, e che ora si trasferisce sul grande schermo questo “Il sindaco del Rione Sanità” firmato da Mario Martone, unico italiano in concorso alla 76ma Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Martone è rimasto fedele al testo di Eduardo, e ha portato al cinema (da stasera in tutta Italia) la maggior parte dei giovani attori di teatro del Nest, importante realtà teatrale nata come progetto sociale proprio grazie a Francesco Leva in una palestra dismessa di San Giovanni a Teduccio, oggi diventato un teatro da 100 posti e punt di riferimento della comunità. Leva interpreta appunto un graffiante Antonio Barracano, un “uomo d’onore” che con la sua carismatica presenza e l’aiuto dell’amico medico amministra la giustizia a modo suo, al di sopra delle parti e al di fuori dello stato. Quando tenterà di risolvere la lite tra un facoltoso fornaio (Massimiliano Gallo) e suo figlio, sceglierà di sacrificarsi pur di interrompere un ciclo di sanguinose vendette che potrebbero coinvolgere i suoi figli.

“Il problema più grande è che qui stiamo parlando della paranza dei bambini, le cosiddette baby gang, e più si va avanti più la cosa è terrificante – aggiunge Francesco Di Leva, che si occupa tutti i giorni di ragazzi a rischio -. L’idea di abbassare l’età del boss Antonio Barracano da 75 anni a 38 anni è che il 38enne di adesso preferisce passare la sua pena in galera, scontare il 41 bis fine pena mai, non vedere più i suoi figli oppure morire. Non c’è un solo esempio nella criminalità organizzata a Napoli che ha superato i 40 anni e vive dei beni conquistati dalle mafie. Il popolo può restarne affascinato, invece sono dei perdenti”. Se Martone quindi usa ambientazioni e personaggi alla “Gomorra” per ambientare il lavoro di Eduardo ai giorni nostri, non fatevi ingannare, perché i toni e il cuore del progetto sono l’opposto.

“Eduardo, che è un grandissimo, sa che cos’è fondamentale, cioè l’assunzione di una responsabilità individuale ­– aggiunge Mario Martone -. L’unico cambiamento effettuato, è stato togliere il monologo finale del dottore che, dopo il gesto estremo di Barracano, dice “comunque tutti questi si sparassero fra di loro, crepassero tutti quanti”. Io ho fatto questo spettacolo al Nest a San Giovanni a Teduccio nella periferia di Naoli e io ai cittadini di San Giovanni a Teduccio questo non gliele potevo sbattere in faccia. Possono cambiare le cose? E’ difficile immaginare un mondo migliore. Faccio riferimento al mio amato Leopardi, nessuno era più pessimista di lui, osservatore profondo e reale delle cose umane. Eppure non c’è parola che in Leopardi non ti inviti all’impegno, alla responsabilità civile. Esiste, e in tempi come questi più che mai, l’esigenza di sentirsi responsabilizzati come persona”.

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