sabato 11 febbraio 2017
Mentre i figli dei talent o dei social scivolano via senza lasciare traccia, a dominare all’Ariston sono gli artisti che portano sul palco un vero vissuto
Mannoia & Co., esperienza e umiltà
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Sulla spiaggia di Sanremo al tramonto passeggiano coppiette di teneri pensionati innamorati, interrogati sul Festival non hanno dubbi: «C’è solo una canzone che può vincere, quella della Mannoia… E poi Al Bano è sempre Al Bano». Spostandoci nella centrale piazza Colombo, come la marea si abbassa rapida l’età media: i trentenni puntano tutto su Ermal Meta. Mannoia e Meta, il vecchio e il nuovo (o quasi) sono nomi che non spettinano affatto i pensieri degli adepti della generazione selfie, loro hanno occhi e orecchie solo per i giovani, Comello e Lele, Elodie, Bravi o Guasti. Aggettivi quest’ultimi, da reucci della canzone per una notte; ma da domani quei nomi potrebbero diventare dei sassi che il mare delle canzonette avrà già consumato. La corrente impetuosa del pop infatti riporta a galla quei nomi scolpiti nella memoria nazionalpopolare che, nel bene o nel male, hanno fatto la storia della musica nostrana degli ultimi trent’anni. La regina è la 62enne Fiorella Mannoia. La migliore interprete italiana (in attesa che piccole donne di cover crescano, dai Elodie!) si è presentata al Festival con l’umiltà della debuttante e in un lido semideserto come quello di Sanremo 2017, comunque vada ha fatto la figura di Aretha Franklin invitata in una sagra di strapaese. Non era facile tornare dopo 29 anni. «Ci vuole coraggio a stare qua», conferma un veterano non in concorso, un ultimo classificato di successo come Zucchero Fornaciari. «Io e il mio amico Vasco Rossi evitiamo alla grande di venire a Sanremo, semplicemente perché abbiamo paura di perdere… Oh qua se mi presento con Partigiano reggiano c’è rischio che mi prendano a schiaffi».

Ma forse, se Zucchero e Vasco, e gli ultimi mostri sacri del nostro cantautorato, osassero, gli esiti non sarebbero così traumatici. Sanremo è un Paese per vecchi. Anche qui il tempo e il mondo non si è fermato mai un momento, eppure nulla è cambiato, «persino il bar dell’Ariston è rimasto uguale», dice ridendo Zucchero. Per questo con la Mannoia, al cospetto delle voci anonime del talentificio artificiale giganteggia come fosse appena sbarcata sul pianeta sanremese la rediviva e fresca Paola Turci. La Paola pasionaria di Bambini non se ne era mai andata, ma un libro, Mi amerò lo stesso (Mondadori) e uno spettacolo teatrale in cui fare i conti con le sue cicatrici – anche interiori – di cinquantenne l’ha resa più accattivante. Invitando la donna a Fatti bella per te a Sanremo 2017 la Turci si è fatta bellissima per tutti, anche per il pubblico giovane. I riflettori dell’Ariston sparano una luce nuova anche su un ex disperato come Marco Masini. E non è vero che non si è Spostato di un secondo. La barba dell’ex ragazzo di Prato simboleggia saggezza e un equilibrio artistico raggiunto: la cover di Signor tenente di Giorgio Faletti insegna che in Masini il mestiere c’è sempre stato, ma ora, con quasi trent’anni di carriera alle spalle, si vede di più. Così come la creatività e la passione di capitani di lungo corso come Gigi D’Alessio, Michele Zarrillo, Ron e Al Bano (per lui a 73 anni è il 15° Festival in carriera) andrebbe studiata nelle scuole di musica.

Qualche giovane personaggio in cerca d’autore, invece di finire prigioniero nelle gabbie televisive dei talent show farebbe bene a bussare alla scuola di questi vecchi maestri (Ron insegna a Garlasco e Voghera, Mogol al Cet di Toscolano, Terni). Sono solo parole? Magari domani il televoto e il regime rottamatore dei social, come libeccio spazzerà via anche Fiorella e tutti i suoi vecchi fratelli. D’altronde, «i giovani che televotano eliminerebbero anche i Beatles», avverte il maestro Vince Tempera. Che sia benedetta la musica che resiste, al tempo

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